Domenica 4 marzo

Filo conduttore delle tre letture di questa VIII domenica del tempo ordinario è la relazione fraterna nutrita e coltivata con sapienza da chi custodirà il proprio cuore nella verità e nella Luce del Signore
risorto. È un invito a costruire relazioni basate sulla comprensione e sull’accoglienza piuttosto che sul giudizio. Attraverso la prima lettura, il Libro del Siracide ci richiama in modo efficace alla fonte
delle nostre parole, cioè al nostro cuore perché le parole che pronunciamo e che creano le nostre relazioni, nascono dal cuore e lo rivelano; il cuore dunque rivela ciò di cui è pieno. Se sovrabbondiamo di grazia perché abbiamo incontrato la grazia, allora saremo capaci di pronunciare parole che rivelano grazia.
Ancora più chiaro nell’illuminarci sulle nostre relazioni è il Vangelo che, in questa domenica, prosegue il “discorso della pianura” cioè il primo lungo insegnamento di Gesù in Luca.
Come potrò guidare il mio fratello se il mio cuore e i miei occhi restano nell’oscurità; entrambi cadremmo nel fosso delle nostre fragilità. O ancora, come posso avere la presunzione di giudicare il mio fratello non utilizzando quello stesso parametro di misericordia infinita che Dio ha usato nei miei confronti e che ho visto testimoniato nella vita di Gesù? L’unico vero maestro è Lui, Gesù che ci comunica la luce per essere veri discepoli, capaci di accompagnare i fratelli confidando solo
sulla sua grazia; come dice il Salmo 35 “alla tua luce Signore vediamo la Luce”.
Infine la breve parabola dell’albero buono e cattivo che ci conferma quanto detto nel libro del Siracide: i frutti sono il riflesso, il riverbero di ciò che c’è nel cuore,
L’ultimo versetto suggerisce un’attenzione speciale al tesoro che abbiamo nel cuore infatti, come scrive papa Francesco nella enciclica Dilexit Nos (DS n. 5, 14): Il cuore è il luogo della sincerità,
dove non si può ingannare né dissimulare. Di solito indica le vere intenzioni, ciò che si pensa, si crede e si vuole realmente, i “segreti” che non si dicono a nessuno, insomma la propria nuda verità. Si potrebbe dire che, in ultima analisi, io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi
distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone; quella comunione che non prevede il giudizio sugli altri, bensì la misericordia.
Dunque ogni nostra relazione con i fratelli nascerà, crescerà e porterà frutti buoni di comunione, nella misura in cui sapremo ascoltare e custodire nel cuore la Parola di Dio per poter attingere ad essa come al tesoro più prezioso.

Carlo Caselli

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