Rigoletto ritorna ancora a La Fenice di Venezia

La celeberrima opera del maestro Verdi, prima della cosiddetta Trilogia popolare (con Il Trovatore e La Traviata), esordì con successo al teatro La Fenice l’11 marzo 1851.

Già inserita nella stagione di lirica 2021-2022, la si ripropone anche per la corrente con la medesima regia di Damiano Michieletto, le scene di Paolo Fantin e la direzione del maestro Daniele Callegari. Riconfermati anche alcuni dei cantanti, fra i quali il tenore Ivan Ayòn Rivas nella parte del duca di Mantova e il baritono Luca Salsi nella parte di Rigoletto; a loro si è aggiunta la bella voce della soprano Maria Grazia Schiavo nella parte di Gilda, l’amatissima figlia di Rigoletto.

Bravi i cantanti, che oltre alle belle voci hanno regalato un’apprezzabile interpretazione e presenza scenica di livello, calandosi profondamente nei personaggi, rendendo al pubblico l’autenticità del dramma narrato.

Meritati i numerosi applausi per Luca Salsi, mentre da parte del pubblico poteva starci l’esternazione di un maggiore apprezzamento per Maria Grazia Schiavone e Ivan Ayòn Rivas, anche se il tenore ha mostrato qualche insicurezza all’inizio del primo atto.

Il personaggio di Rigoletto, buffone e provocatore, ma nello stesso tempo afflitto e triste, ben si presta a una lettura introspettiva e psicologica che, nelle intenzioni di Damiano Michieletto, diventa regia: “Al centro di questo progetto sta il rapporto tra un padre e una figlia, la tragedia di un padre ossessivo che scopre di essere responsabile della morte della sua amata Gilda” (dall’intervista di Leonardo Mello a Damiano Michieletto).
In questa edizione, tutta la vicenda si sviluppa a partire dal senso di colpa di cui Rigoletto non riesce a liberarsi, che lo opprime provocando il lui la follia.

La scena si apre in una clinica psichiatrica dove il protagonista, impazzito dal dolore per la perdita della figlia, ripercorre ossessivamente tutta la vicenda: tecnicamente è un flashback.

Pubblico diviso, raccogliendo qualche commento durante l’intervallo: non sempre le scelte del regista sono di immediata lettura e contestualizzazione; certo Damiano Michieletto crea dibattito, confronto, riflessione, e forse proprio per questo riesce nel suo intento.

scheda opera

Mario Colletti

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