A Sanremo vince e perde Giorgia

Prima è stata celeste, poi canaglia e ora balorda…. È la nostalgia che vince a Sanremo 2025.

E forse era prevedibile in un festival all’insegna della tradizione e della sobrietà, definito da alcuni come quello della Restaurazione dopo gli anni trash di Amadeus.

Il Conti quater ha riportato sul palco eleganza, puntualità e un certo equilibrio a cominciare dall’ironia dei co-conduttori succedutisi al fianco del presentatore toscano. Mai una parola fuori posto, satira appena accennata e fortunatamente si è fatto a meno dei monologhi che hanno “impreziosito” le edizioni degli anni passati.

Tutta l’Italia…

Si è sempre detto che l’Ariston riflette usi e costumi del nostro paese e non poteva essere diversamente se si pensa al vento conservatore che spira in questo scorcio della nostra storia con la nostalgia per certe idee evocata da una classe politica e al tempo stesso grande spauracchio per la parte opposta. Già la sigla (vero tormentone festivaliero firmato da Gabri Ponte) richiamava un certo senso patriottico con quel “Tutta l’Italia tutta l’Italia…”

Battute e ironia a parte ancora una volta Sanremo ha monopolizzato per una settimana i discorsi, dibattiti e l’attenzione di tutti gli italiani. Con buona pace dei “distaccati” o di quelli che si vogliono smarcare ad ogni costo, ma è questo fenomeno che rende la gara canora tipicamente italiana e unica al mondo. E teniamocelo stretto in un periodo in cui si tende a svendere ogni eccellenza made in Italy.

Un Festival educato

Alla fine, come è stato questo Festival? Sciapo per chi si aspettava uno spettacolo televisivo. Interessante per chi ama la musica perché ci sono state canzoni davvero niente male.

Sicuramente è stato un festival molto educato e composto: dagli outfit dei cantanti e delle cantanti in gara ai testi delle canzoni sembrava di essere (a proposito di nostalgia) a un Sanremo di baudiana memoria. Più rito che spettacolo. Ma alla fine è piaciuto, anche e soprattutto ai giovani.

Politicamente parlando, perché se non ci mettiamo un riferimento politico o calcistico non saremmo italiani, si potrebbe dire che è stato un festival di destra? No, per il semplice motivo che quest’anno Sanremo ha demolito il macismo, tanto caro alla cultura destrorsa.

Fragilità al maschile

Quest’anno è stata cantata tutta la fragilità maschile nell’essere figlio, padre, uomo sofferente per amore o per motivi di salute. E chissà che, proprio come succedeva agli albori del festival, da Sanremo non parta proprio una nuova cultura basata sul rispetto e sulla consapevolezza di avere bisogno sempre di qualcuno accanto.

Conti l’ha sempre detto che sarebbe stata un’edizione all’insegna dell’amicizia, dello stare insieme e del fare le cose insieme. Unico neo è che tra i primi cinque non figuri nemmeno una donna. A proposito sarebbe curioso capire una volta per tutte se a Sanremo vince il cantante più bravo, il testo più impegnato, la melodia più bella o la performance più riuscita.

Festival democristiano

In conclusione, a proposito di nostalgia, è stato un festival… democristiano… la nostalgia più grande che ogni italiano ha anche se non lo ammetterà mai. Non a caso, altra cosa tipicamente all’italiana, abbiamo avuto una vincitrice morale, Giorgia, un podio che ha soddisfatto i giovani con Olly primo, le famiglie con Brunori Sas terzo, gli intenditori di musica con Lucio Corsi al posto d’onore. Cristicchi quarto ha soddisfatto i bravi ragazzi e il quinto posto di Fedez è stato un po’ come la riabilitazione per Federico dopo le tante vicende private.

Io ho votato Giorgia… la cantante intendo. Di questi tempi meglio specificarlo. E ammetto che Sanremo mi manca già. Balorda nostalgia…

Una risposta su “A Sanremo vince e perde Giorgia”

Penso sia giusto il sesto posto di Giorgia.
Lei brava,ma la canzone era scarsa.
Vedrete che fra due tre settimane uscirà fuori dalle classifiche di vendita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *