Presentato a Sassuolo un libro di fotografie a cura degli Amici dell’Oratorio
Nel libro, a partire dalla prima di copertina, con i ragazzi intenti a trasportare sassi tolti da quello che sarebbe diventato il campo da calcio, la storia del “Don Bosco” si srotola dal bianco e nero al colore, ridando vita alle persone, alla fucina di eventi, di associazioni e gruppi sportivi, agli impensabili numeri di ragazzi, giovani e adulti coinvolti…
Come ricordano il cardinale Camillo (la cui vocazione nacque con il primo direttore don Dino Carretti) e il vescovo Luciano (la cui vocazione nacque con don Ercole) in Oratorio fervevano vita e preparazione alla vita, umana e di fede. Con un sacerdote sempre dedicato, a volte con anche un coadiutore, si viveva un laboratorio del fare e del darsi da fare, dello stare con quelli più grandi e con quelli più piccoli; del condividere e, se occorreva, del consolare.
Gesù modello a cui riferirci
“Un luogo dove al centro – come dice don Corrado Botti (parroco moderatore delle unità pastorali di Sassuolo) – ci sia la proposta di un ‘modello’ bello e riuscito di uomo/donna al quale riferirci e questo modello pienamente riuscito, per noi, è Gesù”.
Un luogo che, come ricorda il sindaco Matteo Mesini, ha guidato e formato generazioni di sassolesi in un laboratorio di vita civica; che ha “forgiato” persone con un forte senso civico e morale.
Il Comitato di Redazione, i “Caparbi per il futuro”, che il libro ha pensato e realizzato, dichiara apertamente di averlo fatto perché questo “fare Oratorio” non resti un ricordo, ma si faccia Memoria e il libro sia “seme” gettato perché produca continuità della testimonianza, a nome di tutti gli Oratoriani; compresi, naturalmente, quelli di tutte le “ore” successive alla nostra.
Quanto alla scelta di ospitare solo gli scritti di “grande valore”, lasciando alle foto l’incombenza di proiettare il cuore e l’immaginazione di chi guarda verso il futuro, vi affido alla prefazione dell’Oratoriano Doc don Luciano, nelle cui parole il cardinal Camillo ha detto di riconoscersi perfettamente.

Prefazione del libro
“L’equivoco nasce dall’identificazione dell’autenticità con la spontaneità: «vivi quello che ti senti, da’ spazio ai tuoi impulsi istintivi, sii te stesso!» si sente ripetere. In realtà diventare persone mature è tutt’altra cosa.
È una impresa che richiede anzitutto un’attenzione leale alla realtà esterna e interna (al proprio mondo interiore); poi richiede la formazione di un’intelligenza creativa e flessibile; poi una riflessione onesta e critica; infine una scelta etica per il bene proprio e degli altri, con un forte senso di responsabilità. Solo così si può diventare persone umane «autentiche». Ma chi insegna ai giovani un’arte come questa?”
“Per noi, l’Oratorio è stato, negli anni della formazione, un luogo di vita in cui imparavamo in presa diretta a stare in mezzo agli altri, a fare esperienza di relazioni umane, ma anche di autocontrollo, di lavoro, di servizio.

Oratorio oggi
L’Oratorio di oggi non può più essere tutto questo: gli ambienti reali o virtuali in cui i ragazzi si muovono sono immensamente vari e non può essere diversamente. Bisogna, però, che i ragazzi siano messi in grado di vivere in questi ambienti non come relitti trascinati dalla corrente, ma come animali pensanti, anzi figli di Dio fatti a sua immagine e somiglianza, capaci di conoscere e scegliere il bene, di conoscere ed evitare il male.
La scuola non riesce a fare questo perché è caduta nel tranello della neutralità: per non privilegiare una visione della vita ha scelto di rinunciare ad educare e di limitarsi a trasmettere competenze. Ai genitori vengono chieste competenze complesse senza che nessuno li abbia equipaggiati per queste competenze. Il catechismo non è certo sufficiente per introdurre ad una vita di fede matura”.
“La Comunità cristiana non può rinunciare ad educare seriamente i suoi giovani all’umanità e alla fede. Ci si potrà interrogare sulle diverse forme di intervento ma, se vogliamo che l’Oratorio abbia un senso, deve diventare un luogo educativo in senso forte. Non può più riempire tempo libero, come ai nostri bei tempi, ma può diventare il luogo di incontri, eventi, conferenze, corsi di apprendimento, esperienze guidate di musica, di sport, di gioco, di cultura, di tutto ciò che può rendere ricca e significativa un’esistenza umana e cristiana. Con programmi flessibili sia nella quantità (è difficile pensare che vi sia una ressa per partecipare a questi eventi), sia nella qualità (è ancora più difficile pensare che ci sia un desiderio diffuso di maturità umana), con il coinvolgimento di competenze diverse. Nel vocabolario di Fromm bisogna imparare a privilegiare l’essere rispetto all’avere; nel vocabolario paolino si tratta di vivere secondo lo Spirito e non secondo la carne; nel vocabolario giovanneo bisogna aprire l’esistenza nel mondo alla rivelazione del Verbo di Dio. In tutti i casi un’esistenza umana e cristiana esce solo attraverso una lotta quotidiana difficile e mai superata del tutto”.
Parola di Vescovo
“È bello rivedere, in un libro come questo, le tracce dei nostri anni giovanili quando la speranza era praticamente senza misura; è giusto nutrire una riconoscenza sincera per chi ci ha accompagnato in quegli anni come educatore, catechista, delegato… Ma è necessario ricordare che ogni dono umano ricevuto fonda una responsabilità. Ogni generazione nuova che entra nella storia, è stato detto, costituisce un’invasione di barbari che hanno bisogno di essere introdotti nell’esperienza ricchissima della civiltà umana; nello stesso modo ogni generazione nuova di credenti ha bisogno di essere introdotta in modo consapevole nella visione di fede e nell’esperienza di Chiesa.
È la sfida di ogni comunità cristiana, della comunità cristiana di oggi”. Parola di Vescovo.
Così don Corrado
Sono ancora le parole di don Corrado Botti che ascoltiamo, per la conferma del fatto che la Comunità ecclesiale cittadina è impegnata a raccogliere la sfida di cui si parla.
“Oratorio perché? Oratorio per chi? Vorrei iniziare dalla seconda domanda. Mi sembra prioritaria perché credo si debba partire dalle persone prima che dalle strutture che devono rimanere sempre a servizio di quest’ultime e non contenitori da riempire a tutti i costi. Allora chi? Penso a quell’icona molto bella e significativa che troviamo nei Vangeli; Gesù al centro e i discepoli tutti attorno per ascoltarlo e riferire ogni opera a Lui. La centralità di Gesù nella nostra vita personale, di comunità, di Chiesa.
Poi i ragazzi e i giovani che non sono «oggetto» ma «soggetto» di ogni possibile progetto che non va pensato ‘su’ di loro ma ‘con’ loro protagonisti attivi. Famiglie e adulti, perché è una ‘comunità’ che educa e il primo modo per educare è vivere la comunione, camminare insieme. Bambini e nonni, perché una comunità, una famiglia, senza i primi e gli ultimi, non è vera.
È Gesù il chi e il perché dell’Ora torio… sarà lui a prenderci per mano e a fare di noi vere comunità dove si vivono relazioni significative. Ecco l’Oratorio, solo così anche oggi l’oratorio trova il suo senso, e l’avrà anche domani”. Parola di parroco.
A san Giovanni Bosco, padre e maestro dei giovani, affidiamo gli Oratori che sono e che saranno!
(Il libro, edito da Incontri con il patrocinio del Comune di Sassuolo, è già in ristampa; costo 25 euro)
Pellegrina Pinelli