Se un campo viene seminato bene è cosa naturale che i frutti siano abbondanti e sempre migliori. Sembra che a San Martino in Rio sia successo proprio così, forse perché il terreno era buono o forse erano buoni solo i seminatori. L’inizio si perde nella notte dei tempi, con i primi anni del 1600 e l’arrivo in paese dei Frati Cappuccini per volere del marchese Carlo Filiberto I d’Este, che a sue spese aveva fatto costruire nel frattempo un convento per ospitarli. Il fatto rimase ben presente nella memoria dei sanmartinesi tanto che alla sua morte vollero tumularlo nella cappella degli Este all’interno della chiesa parrocchiale dedicata a San Martino vescovo di Tours e a San Venerio martire.
La presenza dei Cappuccini tuttavia è stata piuttosto travagliata se si considerano le tre soppressioni del convento – sarebbe meglio dire spoliazione e cacciata dei frati – lungo il corso dei secoli, ma si sa che la perseveranza è una caratteristica dell’Ordine e i lunghi sai marroni, con il cordone bianco cinto al fianco, hanno sempre ricominciato da zero.
L’occasione per valutare se i frutti siano ancora presenti e abbondanti è stata la Messa celebrata da monsignor Giacomo Morandi domenica 26 gennaio, in una chiesa stracolma di gente, dove si faceva fatica a trovare un posto a sedere perfino nel coro dietro all’altare. Il saluto di padre Paolo Mai, modenese di 53 anni, ha accolto l’Arcivescovo presentando in breve quale sia oggi la presenza dei Cappuccini a San Martino in Rio dopo l’uscita dei frati e con il passaggio del testimone ai secolari francescani, che da anni hanno sempre accompagnato il loro lavoro.
Aperto… per professioni
Siamo andati a trovarli qualche giorno dopo a San Martino, per raccontare meglio questa transizione, per alcuni difficile e dolorosa, scoprendo che in realtà non è proprio così: “Da quando – racconta padre Paolo – sono entrato dell’Ordine, un po’ prima del Duemila, in Emilia Romagna hanno chiuso una dozzina di conventi e questo poteva essere uno dei tanti. In genere si cerca un’altra Congregazione che possa subentrare o altre soluzioni come l’accoglienza di migranti, la realizzazione di un convitto o, in extrema ratio, anche la vendita delle strutture. Nel nostro caso abbiamo iniziato ad interrogarci, già prima della pandemia, insieme ai tanti secolari attivi da diversi anni, se ci fosse una soluzione alternativa. Pian piano è emersa la possibilità di una presenza non stabile di noi frati, affidando tutta la, chiamiamola gestione ordinaria, del convento alla fraternità secolare. Non è stato quindi un ritiro, ma una scommessa per tentare qualcosa di nuovo.”
Davide Sgarbi, 58 anni e la moglie Angela Donnini, 57, sposi modenesi con una vita condita dalle gioie di cinque figli e otto nipoti, da anni trovano anche tanto tempo da dedicare al convento: “Ha ragione padre Paolo – interviene Davide, ministro dell’OFS di San Martino in Rio – è stata una scommessa, ma dovrei aggiungere vinta, anche se non tocca a noi dirlo. Oggi le nostre file contano 25 professi, fra donne e uomini, più una ventina di novizi e le attività invece di scemare si sono moltiplicate. Oltre alla logistica, che prevede la necessaria cura e manutenzione degli ambienti, abbiamo attive o abbiamo fatto partire da zero diverse iniziative. Accogliamo gruppi per incontri e ritiri, mettendo a disposizione i locali, con circa 50 posti letto, cercando di offrire anche una testimonianza dell’esperienza di comunione che si cerca di vivere in questo contesto. Continuiamo l’esperienza Essere coppia e essere fraternità, attiva da 28 anni, che coinvolge coppie di fidanzati con incontri mensili da ottobre a maggio, oltre a un weekend all’anno da passare insieme; in questo siamo aiutati anche da coppie di volontari esterni alla Fraternità. Sempre per sempre al contrario è partita lo scorso ottobre ed è aperta a giovani sposi entro i primi dieci anni di matrimonio. Oggi vede la frequenza di 30 coppie con appuntamenti mensili che prendono spunto dall’Amoris Laetitia”.
Nuove iniziative
Il racconto continua, ma passa nelle mani della moglie Angela: “Lo scorso anno è partita un’altra iniziativa: Il sogno di Francesco, che si propone di approfondire la figura del santo di Assisi attraverso i suoi scritti. Ha funzionato e oggi si sta allargando anche alle fraternità limitrofe. La GiFra, gioventù francescana, coinvolge giovani dai 16 ai 30 anni che vogliono prepararsi alle scelte importanti della vita seguendo l’esempio di san Francesco. Ci impegniamo ad animare le liturgie domenicali, organizziamo lectio divine in Avvento e Quaresima. Sono momenti di particolare comunione anche con la comunità locale, che mostra una partecipazione sempre numerosa”.
È la volta di Eugenio Burani, 66 anni di San Maurizio: “Non dimentichiamo che, anche se non residenti, i frati ci accompagnano sempre, soprattutto con le messe festive e le confessioni tre volte alla settimana”. Bussano alla porta per avvertire di un problema all’impianto elettrico e Eugenio subito si alza per cercare un soluzione; in genere poi la trova sempre perché è lui uno dei responsabili della logistica di tutto il convento.
Patrizia D’Errico, 56 anni di Campogalliano, si occupa del Centro che aiuta le missioni Francescane in Turchia, Etiopia e Romania: “Il mercatino esiste da 60 anni, ma il Centro missionario organizza anche campi estivi per giovani e non che vogliano vivere un’esperienza per toccare con mano le difficoltà che devono affrontare tante persone che vivono in quelle zone.”
Il cammino “Essere Coppia Essere Fraternità” visto da frate Valentino
Non posso fare a meno di rivolgere a loro una domanda che il vescovo Giacomo ha fatto all’assemblea il 26 gennaio: “Dove tenete in casa la Bibbia?”
Mi rispondono subito: Angela ce l’ha sul comodino, Davide sul telefono, Eugenio la legge, con a fianco la moglie, tutte le mattine a colazione, Patrizia sulla scrivania dell’ufficio. Resta padre Paolo: “Io ce l’ho nella testa e nel cuore, oltre che a fianco del letto”, risponde con una serena risata.
È stato un incontro bello e sereno; mi alzo e nella testa ho due pensieri: il primo dalla lettera di Paolo agli Efesini: “Rallegratevi nel Signore, sempre ve lo ripeto ancora, rallegratevi”; il secondo dalla lettera ai Romani: “Gareggiate nello stimarvi a vicenda:” Ed è proprio quello che mi è apparso ascoltando il racconto dei secolari francescani di San Martino in Rio.