Clima semplice e raccolto, come la cripta della Cattedrale riesce a favorire, per la Messa vespertina che il 23 gennaio monsignor Morandi ha presieduto in occasione del Giubileo diocesano del mondo della comunicazione nella festa anticipata di san Francesco di Sales.
Proprio la lettura agiografica del patrono dei giornalisti ha aperto la celebrazione, accompagnata all’organo da don Matteo Bondavalli e promossa da La Libertà, Centro diocesano Comunicazioni sociali e Assostampa reggiana.
L’Arcivescovo ha anzitutto proposto ai presenti la figura di san Paolo, basandosi sulla prima lettura (Ef 3,8-12) e sul brano evangelico (Gv 15,9-17): l’apostolo delle genti è stato per grazia un trasmettitore della Buona Notizia attraverso la predicazione, con la scrittura di lettere e con la condivisione della vita con le comunità che ha visitato e accompagnato a leggere la storia alla luce della propria esperienza di fede.

Il vescovo Giacomo ha quindi preso in prestito dal magistero di Papa Francesco con i comunicatori alcuni importanti suggerimenti, a cominciare dall’affermazione secondo cui al giornalismo si arriva non tanto scegliendo un mestiere, quanto lanciandosi in una missione, un po’ come il medico che studia e lavora perché nel mondo il male sia curato. Proseguendo il parallelismo con la cura medica, ecco che il giornalista è chiamato a spiegare il mondo per renderlo meno oscuro e far sì che chi vi abita ne abbia meno paura e guardi gli altri con maggior consapevolezza e anche con più fiducia.

Si tratta di una missione non facile, anche perché richiede di fermarsi per raccogliere le idee e cercare di capire i contesti precedenti una notizia. Quanto alla cronaca – ha commentato il pastore – è molto importante che sia fedele alla verità dei fatti, tanto più in questo tempo di “fake news” in cui l’intelligenza artificiale può condizionare la nostra comprensione della realtà; questo servizio è reso alla verità e all’aiuto alla comprensione di chi legge, ascolta, guarda i mezzi di comunicazione.

Dal pensiero del Santo Padre monsignor Morandi ha mutuato poi tre verbi fondamentali nell’esercizio della responsabilità di informare. Ascoltare: il buon giornalista ha bisogno di tempo per immergersi nella realtà e cercare di coglierne quegli aspetti che a un ascolto frettoloso possono sfuggire. Approfondire: si tratta del contributo più grande, per cercare di capire in modo non superficiale ciò di cui si è testimoni. Raccontare: lasciarsi colpire dalle storie che incontriamo, non da spettatori neutrali o privi di affetto, ma sapendo coinvolgere se stessi e il pubblico.
“In questo Anno Santo – ha detto l’Arcivescovo – dovremmo fare il proposito di essere prima di tutto persone che sanno raccontare il tanto bene che c’è e che sembra non fare notizia”.
Per motivare tale paradosso il presule ha citato lo scrittore britannico Gilbert Keith Chesterton, secondo il quale i giornalisti rischiano di essere sempre parziali nel loro racconto perché comunicano le eccezioni alla normalità.
Di qui il proposito che Morandi ha invitato i comunicatori reggiani a fare proprio, quello di “incentivare in questo Anno Santo le notizie buone di cui veniamo a conoscenza”, con l’intercessione di san Francesco di Sales, che “ci aiuti nel servizio alla verità e alla realtà, attraversata da un grande bene che abbiamo il compito di scoprire e aiutare i nostri contemporanei ad approfondire”.