Superbonus, una riflessione

Una nota all’articolo “Superbonus: salato per lo Stato e le tasche” (degli italiani), del 15 ottobre 2024 nella rubrica “Informazioni Fnp Cisl”, in cui si cita la “cifra di 123 miliardi al 31 agosto del 2024”.

A prescindere da ogni valutazione politica e di visione partitica, si limita l’esame a quella parte del superbonus relativa al “sismabonus” ovvero a quegli interventi finalizzati ad abbassare il livello di vulnerabilità sismica degli edifici.

La motivazione iniziale, studiata a livello di ingegneria sismica da esperti del settore, si può così sintetizzare: in Italia periodicamente sismi di intensità medio alta provocano danni che richiedono l’intervento economico dello Stato per la ricostruzione; visto il patrimonio edilizio esistente, di cui una parte minore (dal 2009) è antisismica per progetto, una parte rilevante costruita dopo il DM. del 1937 ha discrete caratteristiche di resistenza, salvo carenze anche gravi dovute agli effetti della “speculazione edilizia”, una parte rilevante, centri storici e non solo, costituita da edifici particolarmente vulnerabili.

Pertanto si è stimato che interventi di miglioramento sismico, anche di entità limitata, ma molto diffusi sul territorio, comportassero una spesa totale per lo Stato inferiore agli interventi di ricostruzione post-sisma.

È ovvio che tale valutazione dovrebbe essere analizzata in un arco di tempo opportuno. Negli ultimi 50 anni: Friuli, Irpinia, Umbria, San Giuliano di Puglia, L’Aquila, Emilia, Abruzzo-Marche.

Trasferendosi il problema dall’ambito tecnico a quello politico, la cui miope visione sul futuro si arresta alla data delle prossime elezioni, non certo ai futuri 50 anni, non stupiscono le conclusioni con giudizio negativo senza mezzi termini sul “superbonus”.

Nella gestione del provvedimento innegabilmente la politica ha contribuito pesantemente in modo negativo, su interventi di elevata vulnerabilità il 110% poteva essere stimolo giustificabile, rispetto ad altri con minore necessità d’intervento, così come era intuibile la necessità di differenziare le “seconde case”.

In Sicilia dovevano essere favoriti solo interventi antisismici, in Valle d’Aosta solo di isolamento termico.
Come riporta l’articolo citato, il risultato è che in Sicilia solo il 2,2% degli edifici è stato interessato: a parte il sisma di Messina del 1908, il sisma probabilmente di intensità maggiore in Italia, in epoca storica, si ebbe in Sicilia sud orientale, nel 1693, che con la ricostruzione ci ha donato il celebre barocco siciliano, ma a prezzo di 93.000 vittime.

La salvaguardia della vita umana è una delle finalità, non secondaria, degli interventi antisismici, ma alla politica, orientata essenzialmente a criteri macroeconomici, questa non sembra interessare.

Si legge che la spesa totale per il cenone dell’ultimo capodanno, ovvero per il pasto di mezza giornata, è stata di 3,2 miliardi; anche questa spesa è “per le tasche degli italiani”, ma nessuno pare si sia scandalizzato per tale cifra.

G.S.

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