Addio Giorgio Ferrari, una vita tra l’atomo e la fede

Nella notte tra il giorno di Natale e quello dedicato al martire santo Stefano, l’ingegnere Giorgio Ferrari ha chiuso gli occhi per aprirli nella Verità; quella che in tutta la vita ha cercato e ha aiutato a ricercare.
È nato a Reggio Emilia il 26 agosto 1929, conseguendo la maturità scientifica al Liceo “Lazzaro Spallanzani”, nel 1948, con professori del calibro di Ezio Comparoni, Anita Jona, Valentino Morini, Fabio Pentassuglia, Giulio Sbrighi e Alcide Spaggiari. Periodo che ha argutamente raccontato nel libro Alle sorgenti della nostra Storia.

Profili di insegnanti reggiani, uscito l’anno scorso, occupandosi della professoressa Anita Jona.
Si è laureato in Ingegneria Meccanica, nel 1955, al Politecnico di Milano con la Lode e… la medaglia d’oro per la tesi migliore dell’anno accademico.

Inizia la sua lunga e brillantissima carriera nel campo dell’utilizzo dell’energia nucleare, prodotta dalla fissione dell’atomo dell’uranio-235 e del plutonio-239, per produrre energia termica ed elettrica.

Ha iniziato così ad essere un cittadino e un lavoratore dell’Europa (e del Mondo) partendo con la United Kingdom Athomic Energy Authority (Autorità per l’Energia Atomica del Regno Unito) e diventando, in seguito, funzionario dell’Euratom (Comunità Europea dell’Energia Atomica). Nel 1967 diventa dirigente della Sezione Nucleare dell’Ansaldo di Genova, per poi divenire direttore responsabile della progettazione delle centrali nucleari di Caorso e di Montalto di Castro.

Nel gennaio 1980 Ferrari ritorna come funzionario della Comunità Europea, lavorando nella Divisione “Ricerca e Energia” per essere tra gli esperti che si sono occupati dell’inchiesta sul famoso “incidente” o “disastro” di Chernobyl, nel 1986.

Dal 1987 al 2001 Giorgio Ferrari è stato direttore del Consorzio Ansaldo – Fiat per la ricerca sulla Fusione nucleare diventando così una delle persone più esperte e di riferimento, in materia nucleare.

È stato chiamato dalle Università di Genova, Modena e Reggio e Parma a tenere cicli di conferenze. E poi, con il raggiungimento della “pensione”, dopo aver vissuto all’estero e in Italia, Giorgio è ritornato alla sua Reggio, mai dimenticata e di cui si informava sempre.

Qui è chiamato a scrivere saggi, a tenere conferenze, seminari e lezioni, dove condivide il suo background in licei, scuole superiori reggiane e al Lyons Club di Rubiera.

L’ingegner Giorgio Ferrari non è solo lo scienziato razionale; scrive anche poesie e novelle, che sono pubblicate nell’Antologia di Poesia e Prosa Reggiana “Un poco di Noi”, compone una raccolta di racconti, scrive articoli su La Libertà e sulla Strenna del Pio Istituto Artigianelli, recensendo libri o affrontando tematiche e problematiche attuali.

Per 17 anni, dal 1998 al 2015, riveste un ruolo pubblico, quale vice presidente del Gruppo di studio dei rapporti fede-cultura nella società contemporanea Christifideles laici, partecipando alla fondazione con Sandro Spreafico ed altri; contribuisce con il suo approccio scientifico, critico e arguto alle numerose iniziative proposte e realizzate dal Gruppo.

Anche le pubblicazioni promosse dal Gruppo stesso contengono dei suoi saggi, che sono conservati, insieme a tutto il materiale prodotto in quegli anni, nell’Archivio Diocesano.

È in quest’ambito che ho avuto la “fortuna” di incontarlo, conoscerlo e avere molti momenti di confronto con lui. Come quello durante il viaggio verso il Monastero di Chiaravalle della Colomba, dove ci trovammo d’accordo nel ruolo importante che diede il “Programma Strategic Defense Initiative”, conosciuto anche come il “Progetto scudo spaziale” o di “guerre stellari” (annunciato da Ronald Reagan nel 1983), che generò le difficoltà economiche dell’URSS e che contribuirono alla sua dissoluzione.

Oppure mi parlava della dislocazione dei depositi di scorie nucleari in Italia e della loro gestione, oppure ancora mi rendeva comprensibili le notizie sulla “fusione fredda” o gli esperimenti di “fusione nucleare” di cui i mezzi di comunicazione di massa davano notizie, fino a fornire il suo contributo a mia figlia, in un compito di Educazione Tecnica, sull’energia nucleare.

L’ingegner Giorgio Ferrari era conosciuto dai reggiani ma non da tantissimi. La sua eredità come persona critica, di ricerca, generosa ed arguta (che parlava anche in dialetto reggiano) deve essere raccolta e portata avanti, soprattutto in questo tempo.

Cristian Ruozzi

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