Domenica 17 e lunedì 18 novembre 2024 i cittadini dell’Emilia – Romagna sono invitati a votare per scegliere il presidente o la presidente della Regione e rinnovare l’Assemblea legislativa.
I seggi saranno aperti la domenica dalle ore 7 alle ore 23 e il lunedì dalle ore 7 alle ore 15.
Per l’incarico di Presidente i candidati sono: Michele de Pascale, candidato del centrosinistra; Elena Ugolini, candidata di centrodestra; Luca Teodori, lista “Lealtà, coerenza, verità” e Federico Serra, candidato di sinistra.
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Tutti i candidati all’Assemblea legislativa
I settimanali diocesani della Regione hanno intervistato Michele de Pascale e Elena Ugolini.
A tu per tu con il candidato dei democratici. «Sanità vicina al collasso. Cau da ripensare»
Famiglia, “il tema dei temi”
Non è certo una campagna elettorale dai toni sfumati. Il riferimento è alle regionali del 17 e 18 novembre. Ma in questa intervista ai settimanali cattolici dell’Emilia-Romagna, Michele de Pascale, candidato del centrosinistra, mette sul tavolo un lembo di bandiera di pace. «La prima legge bipartisan della prossima assemblea regionale potrebbe essere sulla famiglia. Le differenze non sono incolmabili». Se sarà eletto, va da sé. L’ipotesi è quella di studiare un Isee Emilia-Romagna, uno strumento fiscale «più avanzato – spiega – capace di leggere meglio la società e dare valore alla famiglia». Su sanità, fine vita e alluvione, invece, de Pascale la pensa molto diversamente dalla sua avversaria Elena Ugolini. L’attualità entra a gamba tesa nell’ufficio del sindaco di Ravenna che risponde alle nostre domande tra un collegamento e l’altro con la Prefettura per l’ennesima allerta meteo, che poi produrrà un altro allagamento a Traversara.
Sindaco de Pascale, l’alluvione. C’è chi punta il dito solo sul climate change, chi lo nega e chi dice che è tutta questione di manutenzione degli argini. Si poteva fare meglio?
Anche papa Francesco parla del cambiamento climatico. In questo caso, scienza e fede sono concordi nel dirci che gli effetti delle azioni dell’uomo sull’ambiente stanno producendo un disastro. Un’alluvione della portata di quella del 2023 l’avevamo avuta solo nel 1939. È cambiato lo scenario. Se di norma credo che non essere onesti in politica sia sbagliato, in questo caso penso sia proprio pericoloso, immorale. Anzitutto la Regione deve dire che il livello di manutenzione degli argini dei fiumi nel maggio 2023 era insufficiente. Anche il ministro Musumeci deve ammettere che 10 milioni l’anno per la manutenzione dei fiumi sono troppo pochi. Servono nuove casse di espansione e argini puliti. In ogni caso siamo di fronte a eventi superiori a ciò per cui la rete idrica del territorio è costruita.
Cosa altro servirebbe?
Quello che non si è fatto è prevedere da subito opere in grado di invasare acqua. Non possiamo aspettare il mega studio per iniziare a proteggere il territorio. Mi sembra che su questo tema sia mancato lo spirito repubblicano: dal primo giorno questa emergenza è stata segnata dalla polemica politica. Capisco la piazza di Faenza che dà una carriola di fango per ciascuno: al Comune, alla Provincia, alla Regione, allo Stato. Vorrei, se verrò eletto presidente di Regione, la responsabilità di realizzare le opere necessarie, da commissario straordinario. Non posso pensare di non assumermi questa responsabilità, anche per superare lo scontro politico e lo scaricabarile.
Parliamo di sanità. “Non siamo lontani dal collasso”, lei ha detto, e si è preso anche qualche responsabilità per la sua parte politica. Cosa intende fare?
La Regione si occupa di tanti temi importanti, ma la difesa del Servizio sanitario nazionale per noi sarà la priorità assoluta. Chi dice che non è una questione di soldi mente. Occorre dire che il Servizio sanitario nazionale è sottofinanziato. Dopo due anni la situazione è peggiorata e le risorse sono in costante calo. Sotto il 6 per cento del Pil salta l’universalità dei servizi. Tra un po’ si arriverà a parlare di assicurazioni private. Occorre fare una battaglia per aumentare le risorse. Il sistema sanitario dell’Emilia-Romagna è tra i più forti d’Italia. Non mi rassegno a una statistica che ci fa passare dai migliori ai meno peggio. Serve una grande riforma su politiche di prevenzione, un nuovo patto per la medicina territoriale e la valorizzazione di tutti i professionisti della sanità, non solo medici, ma anche infermieri, ostetriche, oss.
I Cau sembravano la soluzione. Cosa non funziona?
I Cau sono stati una soluzione per concentrare i professionisti dell’emergenza-urgenza nei Pronto soccorso che rischiavano di collassare. Questo va difeso. Occorre mantenere i Cau come presidio sul territorio, mentre in ospedale dobbiamo concentrare le risorse per salvare vite. Riformerei la parte che si sovrappone all’assistenza del medico di medicina generale. L’idea è ampliare la copertura oraria degli studi medici e integrarli con i Cau, così come le Case della salute.
Cosa pensa delle delibere sul fine vita introdotte dalla giunta Bonaccini?
Credo siano temi così delicati che necessitano di una legislazione nazionale. Principi e norme non passano per decreti. Credo sia un tema da discutere in Conferenza Stato-Regione. Soffro quando vedo brandire questi temi come clave. Lo sviluppo della medicina in questo campo ci sfiderà sempre di più. Per quel che mi riguarda, vedo ragazzi di 16 anni, sani, ricchi, con tante possibilità che ritengono di non aver più voglia di vivere. E poi vedo un consigliere comunale della mia maggioranza, malato di Sla, che vota con uno sguardo. Credo che ci si debba occupare delle persone che perdono la voglia di vivere e supportare chi invece vuole fare scelte straordinarie come quella del mio consigliere. Credo sia un tema di valutazione personale. Non può decidere lo Stato.
Cosa pensa della presenza silenziosa di chi manifesta contro l’aborto all’esterno degli ospedali?
Sono per il diritto di manifestare tutte le opinioni. Sono convinto ci sono luoghi più adatti e altri meno. Sarebbe meglio scegliere luoghi che non interferiscono con le fragilità, qualsiasi siano le scelte.
E della presenza delle associazioni pro-life nei consultori?
Mi pare che un modello sia quello di Forlì, dove qualche anno fa si è avviata una sperimentazione che vede accanto ai professionisti della sanità pubblica gli assistenti sociali che possono indirizzare le donne ad associazioni di volontariato. Il volontariato è una grande risorsa, ma in questo caso il passaggio dev’essere con una figura come l’assistenza sociale.
E sulle cure palliative?
Sono da potenziare tantissimo. Qui a Ravenna abbiamo fatto un investimento sull’hospice. Ci siamo battuti tanto come Comune e credo sia la strada giusta. Da potenziare è anche la filiera della terapia del dolore.
In cosa consiste il suo piano casa? Quali leve fiscali si possono realizzare per le famiglie?
Il tema casa viene affrontato o con l’edilizia Erp, che ha numeri piuttosto piccoli e turn over lentissimi, o con incentivi per l’acquisto della casa. Lo Stato qualcosa fa, ma chi è in affitto è abbandonato a sé stesso, anche se ha un reddito medio. La soluzione è l’edilizia vincolata all’affitto. Servono investimenti ad hoc. L’hanno fatto a Piacenza: 140 alloggi destinati all’affitto per 25 anni. Questa è la strada. Sulla famiglia si potrebbe scrivere la prima legge bipartisan della nuova legislatura. Le mie idee e quelle di Elena Ugolini non sono così distanti. Ho in mente un Isee-Er, uno strumento fiscale che possa tenere conto non solo del reddito, ma anche di una serie di altri fattori come la presenza o meno di reti familiari attorno alle coppie con figli. Possiamo rivedere rette e tariffe sulla base di questo. Poi c’è anche una questione educativa e di servizi. Dobbiamo consentire a tutte le famiglie di avere il numero di figli che desiderano. Su questo vorremmo investire senza pari sulla fascia 0-6 anni, e vorremmo ragionare sul calendario scolastico, magari con l’apertura delle scuole al pomeriggio. Dare supporto alle famiglie come comunità: è il tema dei temi.
Trasporti e infrastrutture: quali sono i nodi principali in regione?
Le città più penalizzate sono quelle che si trovano fuori dall’asse della via Emilia. Credo sia necessario investire di più sul ferro (merci e passeggeri) e su porti e aeroporti. Tra i miei obiettivi c’è quello di creare una rete di scali aeroportuali in regione.
Economia e innovazione: come favorire i distretti?
L’Emilia-Romagna ha performance di innovazione che non hanno pari. Occorre puntare sulla formazione, sia quella universitaria che quella tecnica. Ma, da questo punto di vista, vorrei sottolineare un altro aspetto.
Quale?
Sull’immigrazione abbiamo visto che né buonismo né cattivismo hanno funzionato. I flussi vanno gestiti con umanità e organizzazione. Se verrò eletto voglio ripristinare i corsi di lingua e di formazione professionale per chi arriva nel nostro Paese: chiameremo a raccolta il mondo del Terzo settore. Se l’Emilia-Romagna è la terra delle opportunità deve esserlo per tutti.
Daniela Verlicchi
Francesco Zanotti
In Regione, persona al centro
“Al cuore della democrazia c’è la persona”. Elena Ugolini non nasconde la sua fonte di ispirazione, le parole risuonate alla Settimana Sociale dei cattolici di Trieste lo scorso luglio sono diventate lo slogan con cui si sta presentando ai cittadini emiliano-romagnoli nella sfida per la presidenza della Regione con Michele De Pascale: “la persona al centro”. Abbiamo incontrato Elena Ugolini a Bologna, in un bar dove inizia la salita verso la basilica di san Luca. In tanti la riconoscono e la salutano. È la prima volta di una candidata “civica” di fronte al blocco politico della sinistra. Nella Ugolini la determinazione non manca anche perché, ribadisce, “l’ho fatto per i miei figli e per le nuove generazioni. Ragioniamo insieme, dico, con più aderenza ai bisogni”. La sua proposta ha trovato nei partiti di centrodestra l’incoraggiamento ad andare avanti.
Bello slogan ‘la persona al centro’ ma come si declina nella sua visione amministrativa?
Tutte le politiche della Regione devono essere conseguenti a questo principio: mettere al centro le persone e utilizzare il metodo sussidiario che valorizzi quello che le persone sono, fanno, intraprendono, cercando di aiutarle a educare, curare, custodire, lavorare, fare volontariato, stabilire relazioni. Invece abbiamo una continuità di governo, un intreccio tra economia e politica. È tutto già deciso e nei tavoli di co-progettazione si ascoltano pareri su cose già decise. So di andare contro una montagna, ma ci provo.
La sanità, oltre a essere la voce più rilevante del bilancio regionale, è motivo di forte preoccupazione per la tenuta del sistema sanitario nazionale.
Il nostro Servizio sanitario regionale (Ssr) mette veramente al centro la persona del malato e la persona che lo cura? Abbiamo un Ssr che valorizza i professionisti che se ne devono occupare? La mia risposta è no. È un Servizio disegnato su una popolazione che non c’è più. Abbiamo un numero altissimo di anziani, di persone sole, di malati cronici, persone con problemi psichiatrici e psicologici. In una situazione così dobbiamo potenziare tutta la medicina territoriale. Occorre realizzare, ad esempio, una vera presa in carico di ogni paziente cronico per far sì che abbia sul territorio dei riferimenti certi senza dover vagare da uno sportello all’altro.
L’introduzione dei Cau (Centri assistenza e urgenza) non è una risposta che va in questa direzione?
No. I Cau sono stati una toppa nuova su un vestito vecchio. Nascono perché non si è attivata la medicina territoriale per rispondere a problemi di salute minori. I Cau hanno richiesto un investimento economico, hanno sottratto medici che sarebbero stati più utili nei Pronto Soccorso e si potevano avere più risorse da utilizzare per rafforzare l’assistenza domiciliare, l’aiuto e l’appropriatezza della cura attraverso la farmacia dei servizi, una nuova organizzazione dei medici di famiglia. La nostra idea è molto semplice: cominciamo ad ascoltare i professionisti che si sentono esclusi.
Eppure la sanità in Emilia-Romagna è considerata tra le migliori a livello nazionale, insieme a Veneto, Toscana, Lombardia…
Si tratta di parametri di tipo quantitativo non qualitativo che nascondo due evidenze. La prima è che c’è molta differenza tra i territori, se vivi a Bologna o a Ravenna, o se vivi a Casteldeci, in montagna o in un’altra zona della stessa regione. Poi ci sono dei tempi di attesa variabili tra le Asl per visite specialistiche, esami, interventi chirurgici.
Sono in fase di progettazione, più o meno avanzata, tre nuovi ospedali a Piacenza, Cesena e Carpi. Lei conferma l’impegno della Regione?
Non possiamo continuare ad avere degli ospedali come erano 30, 40 o 100 anni fa. Quindi dobbiamo avere anche in questo ambito una politica che guarda al futuro.
Sul fine vita, l’Emilia-Romagna è intervenuta per via amministrativa. È questa la via da percorrere?
Occorre investire su cure palliative e assistenza domiciliare. Spesso le persone sono disperate perché non hanno nessuno. C’è un confronto impietoso sulla copertura con l’assistenza domiciliare degli anziani non autosufficienti: il 31 per cento per l’Emilia-Romagna contro il 48 del Veneto. Bisogna aiutare chi è solo in casa e dobbiamo garantire cure palliative a tutti, evitando corsie preferenziali per chi arriva alla disperazione.
Ma le risorse ci sono?
Le risorse vanno trovate. Usare bene i soldi della sanità, essere più efficienti ed efficaci nei risultati, perché in questi anni l’Emilia-Romagna ha sottratto soldi al sociale e alla scuola per finanziare la sanità. È in arrivo il 18 ottobre il giudizio di conformità della Corte dei Conti sul bilancio del 2023 e probabilmente ci saranno delle sorprese. Già il 2022 si era chiuso con un passivo di 82 milioni. Stiamo spendendo molto di più di quello che abbiamo. Il Veneto nel 2022 ha avuto un attivo di 140 milioni, risorse che poi sono state investite negli ospedali.
L’aborto continua a far discutere, tra le proteste dei pro-vita davanti agli ospedali e il mancato coinvolgimento del personale dei Centri di aiuto alla vita nei consultori. Cosa ne pensa?
Direi ai cattolici di votare de Pascale così continueranno a esserci delle politiche che non aiutano le persone che alla fine decidono di interrompere la gravidanza perché non hanno trovato nessuno che le ha aiutate. C’è una legge nazionale, la 194, che stabilisce la possibilità a chi chiede l’interruzione di gravidanza di poter avere delle strade alternative magari anche con degli aiuti e di norma questo non viene fatto. A Forlì c’è un progetto bellissimo con un protocollo di collaborazione. In pochi anni sono stati salvati 200 bambini.
Da qui all’annosa questione delle politiche familiari e di sostegno alla natalità il passo è breve. Come incidere a livello regionale?
Come Regione dovremmo fare delle politiche familiari vere, aiutare chi ha dei figli, chi ha anziani in casa. L’esempio potrebbe venire da quanto è stato fatto in Veneto. Qui abbiamo delle politiche assistenziali, verso le famiglie a basso reddito, ma ci sono famiglie di reddito medio che entrano in povertà e non arrivano a fine mese quando arriva il primo o il secondo figlio. Servono politiche familiari diffuse investendo in modo sostenuto su chi deve tirar su figli, accudire anziani o crescere un figlio disabile.
Altro fattore che limita i progetti dei giovani che vogliono mettere su famiglia è la casa.
È nel nostro programma una politica della casa che aiuti in modo sistematico chi vuole fare famiglia o vuole venire a lavorare in Emilia Romagna. Stiamo facendo un piano, in accordo con il Governo, perché dagli anni ’60 non si fa una politica strutturata sia per l’acquisto che per l’affitto. Interessante la proposta del Forum delle famiglie: per riuscire a contrastare l’inverno demografico occorre aiutare chi vuole avere figli a crescerli, sul modello francese.
Nonostante l’Emilia-Romagna sia ritenuta attrattiva, riscontriamo anche qui la “fuga dei cervelli”. Quali soluzioni per il rientro?
È giusto che i giovani abbiano la possibilità di studiare, di lavorare, di fare esperienza anche all’estero. Ma a un certo punto dobbiamo offrire loro le stesse opportunità che trovano fuori. Un giovane deve poter scegliere.
Siamo ancora in una situazione di emergenza per alcuni territori a causa dell’alluvione.
È stata abbandonata la natura a sé stessa. L’ideologia ambientalista ha fatto il suo perché ha convinto che era meglio lasciar scorrere i fiumi senza manutenzioni. Siamo andati sott’acqua tre volte, l’ultima dopo una pioggia di 12 ore, rivelando fiumi di portata ridotta, argini deboli, tronchi che ostruivano i ponti. La manutenzione ordinaria, fatta bene: questo è il tema rilevante e poi le opere strutturali canali, invasi, dighe che dovevano essere fatte già dal 2009 in base al progetto per la rete idrica.
Tutto il territorio della regione ha mostrato le sue fragilità.
In Appennino dobbiamo evitare di commettere l’errore di trattare tutti allo stesso modo. Bisogna ascoltare i territori e le loro esigenze. Evitare lo spopolamento, mantenere i servizi essenziali come le farmacie rurali. È di questi giorni una notizia importante: il Governo ha istituito le Zone logistiche semplificate per l’Emilia Romagna con le quali si avrà accesso a procedure più semplici.
Cosa serve a questa regione?
Serve puntare sullo sviluppo. Bisogna pensare a quanto potrà accadere da qui a 10 anni. Ci vogliono tanta buona volontà, competenza, dedizione e visione.
Luigi Lamma
Francesco Zanotti