Tutto il popolo di Dio impegnato nella missione

Arcivescovo Giacomo Morandi

Il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi.”

Dall’esegesi sul capitolo 10 del Vangelo di Luca, l’arcivescovo Giacomo ha preso spunto per affrontare il tema della “missione”, cioè dell’andare alla ricerca di chi attende l’annuncio della Parola di Dio.

E queste persone – la messe – sono tantissime, alla luce anche di indagini sociologiche sulla frequenza alla Messa e alla vita di parrocchia, mentre gli operai sono sempre meno. Mons. Morandi ha tenuto a precisare che il compito dell’annuncio del Vangelo non è prerogativa di addetti ai lavori, ma appartiene ad ogni battezzato; il popolo di Dio nella sua interezza è investito di questa missione.

La convocazione dell’incontro di mercoledì 6 novembre nella chiesa del Sacro Cuore con l’arcivescovo era rivolto al Vicariato Urbano per approfondire la riflessione sulla lettera pastorale “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore”.

Questo andare alla ricerca, incontro alle sorelle e ai fratelli non è tanto dettato dal desiderio di recuperare egemonia, ma dalla preoccupazione “di rendere ragione della speranza che è in noi e della fede che ci è stata donata”.

Questo per evitare la tragica possibilità che il dono ricevuto della fede si perda e con essa il fondamento della vita delle comunità: i drammatici fatti di cronaca confermano lo smarrimento che attraversa il mondo e soprattutto le famiglie.

Non serve tanto fare commissioni di studio con esperti per esaminare le cause di tanta lontananza; bisogna invece intraprendere la strada della missione, percorrere le strade come i 72 discepoli.

Ecco allora le indicazioni date da mons. Morandi: importanza della preghiera – la comunità cristiana è il luogo dove si impara a pregare; consapevolezza che la missione è “pericolosa” – come ha attestato San Paolo al cap. 11 della seconda lettera ai Corinzi; non preoccuparsi anche dell’indispensabile; non lasciarsi sgomentare.

Richiamando la lettera pastorale, l’arcivescovo Giacomo ha sottolineato la necessità di rinnovare nella comunità cristiana il desiderio, la passione per l’annuncio del Vangelo; occorre essere una Chiesa che esce in ricerca, che vuole vedere i volti.

Quindi serve un cambio di prospettiva: liberarsi dalla psicologia della tomba; uscire, cercare, bussare alle porte! Una rivoluzione che deve vedere impegnate le Unità Pastorali in iniziative innovative come la preghiera nelle case a piccoli gruppi, la preparazione ai sacramenti, la catechesi in famiglia; bisogna dunque riprendere il gusto della missione e resistere all’accidia paralizzante.

Progetti che devono essere fatti adeguatamente conoscere alla diocesi. Mettere in atto segni di cambiamento e non lamentarsi.

Lo stesso Papa Francesco nel paragrafo 81 dell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” scrive: Quando abbiamo più bisogno di un dinamismo missionario che porti sale e luce al mondo, molti laici temono che qualcuno li inviti a realizzare qualche compito apostolico, e cercano di fuggire da qualsiasi impegno che possa togliere loro il tempo libero.

L’incontro ha visto dopo la relazione di mons. Morandi gli interventi e le testimonianza di sacerdoti, diaconi e laici di una fascia d’età medio-alta, mentre sarebbero stati auspicabili e utili gli interventi di giovani portatori di proposte innovative.

Infine l’Arcivescovo Giacomo ha concluso la serata con un invito perentorio e appassionato: Andiamo alla ricerca, andiamo!

Giuseppe Adriano Rossi

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