Il nuovo romanzo di Rita Coruzzi

L'Arcivescovo Giacomo Morandi con Rita Coruzzi

L’ultima opera di Rita Coruzzi, dedicata alla vita della dottoressa Luisa Guidotti Mistrali, la cui esperienza missionaria nella Rhodesia, ora Zimbawe, la portò a spendersi con dedizione incondizionata per gli ammalati che curava quotidianamente nel suo amato ospedale di All Souls, riesce ancora una volta di più a sorprenderci e riempirci di meraviglia per la storia e la scrittura.

Si tratta di una biografia romanzata o di un romanzo (auto)biografico, narrato in prima persona con un’intensità memoriale e un’essenzialità di stile che solo le grandi opere racchiudono e riescono a trasmettere al lettore.

La storia straordinaria di questa missionaria, che fino alla fine e fino all’estremo sacrificio di sé ha messo a disposizione il proprio essere e le proprie energie ai più bisognosi che popolavano il paese africano, sembra quasi “farsi da sé nella pagina” per usare le parole di Verga, tanto è immediata la testimonianza e tanto evocativa la narrazione.

Il racconto di cui è protagonista Luisa inizia il 27 giugno 1976, quando si trova rinchiusa in carcere con un’accusa pesantissima; quella di di aver soccorso, curato e salvato un guerrigliero che la autorità locali consideravano un “terrorista”.

Copertina del libro "Luisa e la sua Africa" di Rita Coruzzi
Copertina del libro “Luisa e la sua Africa” di Rita Coruzzi

Un’accusa che prevedeva la morte o l’ergastolo. Da questo luogo di detenzione, in cui Luisa si trova rinchiusa, sola con solo tre libri, il Vangelo, il Breviario e il Libro delle preghiere, lei inizia a raccontare se stessa, attraverso un uso sapiente dei flash back. E così scopriamo che sognava l’Africa fin da piccola e che la sua vocazione era di diventare missionaria.

Dopo la laurea in medicina a Modena nel 1960, Luisa, nativa di Parma, fa il suo ingresso nell’Associazione Femminile medico-missionaria, fondata da Adele Pignatelli e sostenuta dal futuro Papa Paolo VI.

L’amore per i più fragili e i malati le scaturiva da una fortissima fede in Dio che la portava a non scegliere chi curare o soccorrere, ma a donarsi con profondo amore cristiano e fiducia nel Signore senza mai risparmiarsi. “Un missionario a parte la propria comunità non ha nulla se non Dio con sé, e tutto questo deve bastare” (citazione da pagina 82).

Non era un’impresa facile, per l’autrice Rita Coruzzi, riuscire a dare concretezza e plasticità ad una vocazione missionaria tanto forte quanto ineffabile e che ardeva fin dalla giovinezza nell’animo di Luisa. Non era semplice vivificare le azioni, i pensieri con parole adeguate ad una vita spesa nelle cure dei più umili, senza cadere nell’agiografia o nella narrazione mistica.

L'Osepdale All Soul MIssion
L’Osepdale All Soul MIssion

Ma L’autrice riesce, con una prosa essenziale, lineare e pacata, ancorata ai fatti, alle testimonianze e ai dialoghi, a ricostruire i momenti più belli della vita di Luisa, come anche quelli più difficili, faticosi e pericolosi. Affrontati da lei sempre con una dedizione ed una volontà di sacrificio enormi.

Nel corso di un incontro con Luisa, anche il vescovo monsignor Chapaika pensa che “…non aveva dubbi sul fatto che Luisa era sulla strada della santità ma che questa poteva anche includere il martirio… Quella donna era una santa in terra, almeno per lui, e se ne convinceva sempre di più soprattutto per il fatto che lei non lo credeva e non voleva esserlo. Il primo passo per diventare santa era proprio pensare di non meritare la santità!” (citazione dalle pagine 135-136).

Il presentimento del martirio diventa via via più forte in Luisa a mano a mano che la guerra civile in Rhodesia infuria e la situazione si fa sempre più difficile e pericolosa. Un presagio che l’accompagna sempre più ogni giorno degli ultimi mesi di vita, quando resta sola a curare i malati e rifiuta caparbiamente di andarsene come tutti, compreso il vescovo, le consigliavano.

L'autrice Rita Coruzzi
Rita Coruzzi

In questa consapevolezza di andare incontro al sacrificio di sé, eppure di volerlo e sceglierlo senza scorciatoie, sta la grandezza di Luisa che offre se stessa al martirio, per testimoniare l’amore di Gesù e il bene in una terra martoriata.

Una morte annunciata, presagita e temuta, cui Luisa aveva spesso pensato e che diventa alla fine una sua scelta, la sua forma di abbandono totale a Dio e al suo abbraccio infinito. Il 6 luglio 1979, mentre torna da sola, dopo aver accompagnato una partoriente a un ospedale vicino, Luisa viene uccisa sull’ambulanza ad un posto di blocco.

Si compie così il suo ricongiungimento con Dio, in virtù del bene che ogni giorno aveva testimoniato in terra, con il suo impegno per gli altri. Nel dicembre 2022 Papa Francesco ha reso omaggio all’eroismo caritatevole di questa Serva di Dio e l’ha dichiarata venerabile.

Epilogo: “Alla fine era morta come voleva, pur avendone paura: era morta arsa d’amore” (Rita Coruzzi, citazione da pagina 212).

Notazione storica della curatrice
Nel 1980 avviene la nascita del nuovo stato dello Zimbawe con la Dichiarazione di Indipendenza dello stato dalla Gran Bretagna. Nel 1983 il Presidente Mugabe ha reso onore a Luisa, intitolando un ospedale alla sua memoria, con l’epigrafe, in tre lingue “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

Lorena Mussini

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