Scuole cristiane sono in prima linea per contrastare il terrorismo e la guerra

Dépliant di Aiuto alla Chiesa che Soffre

Nelle zone di guerra, i primi a pagare le conseguenze del conflitto sono i più indifesi. Tra questi ci sono gli studenti, soprattutto quelli più piccoli.

Interrompere l’istruzione nei primi anni di vita rischia di alimentare la spirale di violenza. Indipendentemente dal Paese in cui si combatte, in tutti i conflitti l’istruzione, che insegna a confrontarsi civilmente, è una delle vittime principali, perché rappresenta un serio ostacolo per chi vuole alimentare la violenza.

La questione è quasi sempre ignorata dai media, come conseguenza dello scarso interesse che suscita.

Gli studenti, e quelli cristiani in particolare, sono limitati duramente nel loro diritto allo studio a causa dei conflitti in Africa e in Medio Oriente.

Tra i Paesi africani più colpiti dal terrorismo e dalla persecuzione dei cristiani c’è il Burkina Faso, nel Sahel, attualmente la regione africana più colpita dal terrorismo islamico.

Per avere un’idea dell’efferatezza di questi attacchi basta ricordare che lo scorso agosto sono state uccise 400 persone nella cittadina di Barsalogho, nell’est del Paese, e lo scorso ottobre 150 nella diocesi occidentale di Nouna.
Non deve pertanto stupire che il numero di sfollati interni sia di ben 2 milioni di persone.

Tra questi ci sono molti bambini, i quali nei campi profughi smettono di ricevere un’educazione adeguata. Diventa pertanto urgente intervenire al più presto perché questi ragazzi possano riprendere il loro percorso di studi.

Proprio per questo la Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) questo Natale ha deciso di finanziare un progetto di integrazione scolastica per 200 bambini sfollati proprio nella diocesi di Nouna, nel cui territorio negli ultimi mesi hanno trovato rifugio circa 5.000 persone.

I fondi raccolti serviranno per coprire tutti i costi scolastici, dalle tasse di iscrizione ai materiali per lo studio.

Portare nuovamente i bambini sui banchi non significa solo dare loro un futuro, ma anche agire nel breve periodo affinché le loro vite tornino nuovamente alla normalità, superando così i traumi che hanno subìto.
Se dal Burkina Faso ci spostiamo in Libano, troviamo un altro conflitto, che sta avendo pesanti ripercussioni sulle scuole e sulle loro normali attività didattiche.

Suor Maguy Adabashy delle Suore Missionarie del Santissimo Sacramento, visita una famiglia cristiana a Beit Habbak, in Libano

Quando sono iniziati i bombardamenti, i cristiani che vivevano nel sud hanno dovuto trovare rifugio in altre zone del Paese, come testimoniato dalla responsabile progetti di ACS Internazionale in Libano, Marielle Boutros: nel sud del Libano “vivono molte famiglie cristiane. Alcune di loro hanno perso le loro case e dal sud si sono trasferiti verso altre città come Beirut o il Monte Libano nel Nord”.

Le istituzioni cristiane come parrocchie e scuole, in questo momento, stanno rivestendo un ruolo cruciale in Libano: sono il luogo di rifugio per chiunque fugga dalle zone di conflitto, un nuovo compito che si aggiunge alla loro già importantissima attività sul territorio. Le scuole in particolare fanno enormi sacrifici per portare avanti la loro attività nonostante la guerra, che si è sovrapposta alla già preesistente crisi economica che da anni affiggeva il Libano.

La combinazione tra conflitto armato e precedente crisi economica ha reso l’accesso all’istruzione molto complicato per molti giovani, perché sfollati oppure perché il reddito delle loro famiglie è drasticamente diminuito.

Il progetto che quest’anno ACS vuole finanziare riguarda una scuola di una diocesi nel Nord del Paese, a Beit Hebbak, nei pressi della città di Jbeil, dove le Suore Missionarie del Santissimo Sacramento gestiscono una scuola in cui studiano 1.400 ragazzi.

Tra questi ci sono quanti sono fuggiti dalla guerra e i figli delle famiglie in difficoltà economica. I fondi raccolti consentiranno alle Suore Missionarie di proseguire nelle loro attività scolastiche, umanitarie e di sostegno alle famiglie in difficoltà.

Anche con le iniziative di questo Natale, l’obiettivo che ACS vuole raggiungere e al quale tutti possiamo contribuire è non cedere ai drammatici effetti dei conflitti, bensì affrontarli con le pacifiche armi della carità.

Cosimo Graziani

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