“Vi erano là sei giare di pietra
per la purificazione dei Giudei,
contenenti ciascuna due o tre barili” (Gv 2,6)
Forse questo versetto del brano biblico delle “Nozze di Cana” non basta a raccontare cosa sia la preparazione al matrimonio e quindi il cammino delle “Giare di Cana”. Non possiamo pretendere che sia così. Certo però ci dice qualcosa di interessante e profondo, nascosto fra quelli che sembrano dettagli minori, qualcosa che abbiamo scoperto in questi anni accompagnando diverse coppie al sacramento del Matrimonio e, al tempo stesso, approfondendo di più l’amicizia tra di noi e con Gesù.
Partiamo dal materiale: giare di pietra? Perché non di terracotta? Quanto impegno devono avere richiesto questi contenitori per essere preparati. Non si è trattato di un lavoro sottile, caloroso e delicato come modellare l’argilla. Deve essere stato un duro e faticoso scavare, una sudata pazzesca! Alle “Giare di Cana” scopriamo che nella vita insieme c’è un po’ di pietra da smuovere. Uno dei lavori più duri è quello su sé stessi e sulla coppia, alla scoperta di come possa essere modellato meglio il nostro cuore di pietra (in attesa che qualcUno ci dia anche un cuore di carne).
Incontro dopo incontro, aiutati dalle famiglie dell’équipe e dagli strumenti che ci consegna la tradizione della Chiesa, sappiamo di potercela fare. Del resto il Signore ha scritto la Legge sulle tavole di pietra. Questi anni di “Giare di Cana” ci confermano che è ancora possibile affrontare questa fatica, preparandosi al matrimonio cristiano, in questa epoca che propone alternative molto più comode.
Poi quel numero così preciso, “sei”, non pare essere casuale. Nel racconto biblico, dalla creazione fino alla Passione e Morte, impariamo che “sette” è il numero di Dio, il numero del compimento, della completezza. Le giare delle nozze di Cana ci ricordano che la pienezza non possiamo darcela da soli, ma va ricercata e domandata. Abbiamo già tanto di quello che ci serve per iniziare: abbiamo il nostro lui/la nostra lei, abbiamo progetti di vita grandi, abbiamo buona volontà e tanto amore. Ma il matrimonio, se basato solo sulle forze dei novelli sposi, non è destinato a compiersi. Alle “Giare di Cana” siamo alla ricerca della settima giara, Gesù. Solo in Lui le nostre domande, i nostri dubbi, i desideri e le attese nella preparazione alla vita insieme (e non solo) trovano compimento e soddisfazione.
Non basta davvero questo solo versetto per descrivere appieno le “Giare di Cana”. Un cammino ricco, fatto di decisi passi in avanti, soste rigeneranti e divertenti, a volte anche piccoli inciampi e passi falsi. Un cammino che ci vede tutti protagonisti, coppie sposate e coppie di fidanzati, in una compagnia fraterna che ha come obiettivo quello di incontrare e testimoniarci a vicenda la bellezza della vita con Gesù, con una chiamata: diventare a nostra volta “giare”, contenitori che portano nel mondo, a partire dagli ambiti più prossimi, la notizia che Gesù cerca e desidera amare ogni uomo e ogni donna (a fianco la locandina con il primo incontro del 5 ottobre e i recapiti).
équipe Giare di Cana
Jacopo ha partecipato al percorso delle Giare di Cana lo scorso anno, insieme alla fidanzata Giorgia. Ora racconta soddisfatto l’esperienza vissuta.
Non è semplice fare una sintesi dopo un percorso come questo, sapete? Eppure vorrei provarci lo stesso: in primis perché sento di avere gratuitamente ricevuto, e quindi gratuitamente voglio dare, e poi perché sono convinto che la nostra esperienza possa mettere in luce la bellezza di un cammino di coppia che, forse, non ha la visibilità che meriterebbe. Attraverso queste righe vorrei che vi arrivasse anche solo una scintilla di quello che le Giare di Cana hanno rappresentato per me e Giorgia, che da due anni ricopre il non facile ruolo di fidanzata del sottoscritto. Che poi, in realtà, io ’ste Giare non volevo nemmeno farle. Le altre quattro coppie che hanno camminato con noi lo sanno già, era un aneddoto ricorrente che ci ha strappato più di un sorriso: prima ancora dell’incontro introduttivo, quando due nostri amici ci hanno parlato di questa proposta, non era qualcosa in cui avessi molta voglia di mettermi in gioco.
Poi lo scorso ottobre c’è stato l’incontro di presentazione, al quale ho accettato di partecipare soltanto perché la mia ragazza me lo ha chiesto con tono languido e sbattendo le ciglia un numero sufficiente di volte. Una volta arrivati però, non ci ho messo molto a capire che quel giorno dovevamo essere lì. A quanto pare, il Signore aveva già preparato tutto per noi. La scelta di una location in cui sentirsi accolti, lontani dal caos cittadino, e la cura particolare riservata al momento della cena “a lume di candela”. L’entusiasmo contagioso di Anna, la prima ad accogliere me e Giorgia, e delle altre famiglie dell’équipe (figli compresi) che si sono fin da subito mostrate ai nostri occhi in tutta la loro straordinaria “normalità” e disponibilità di cuore. Le parole di Francesca, penetranti almeno tanto quanto i suoi occhi azzurro ghiaccio, così radicali e vere che ci è stato impossibile non rimanerne affascinati.
Le altre coppie di innamorati, provvidenzialmente poche, ciascuna con la sua storia unica e personale, incuriosite come noi e come noi in cammino. Mi si scalda il cuore a pensarci, ma in effetti, come la vita non smette mai di ripetermi, “nell’inizio c’è già tutto”. Le grazie ricevute in questi mesi sono state innumerevoli, ma (a proposito di sintesi) mi preme sottolinearne soprattutto tre, che a me sono sembrate quelle più significative.
Il percorso si compone di una serie di incontri mensili a cadenza regolare, in tutto saranno stati meno di dieci. Qualcuno potrebbe pensare che sia “poco”, ma credo sia in questa pochezza che le Giare possano dare il meglio di loro. Le occasioni di ritrovo così centellinate costringono ad andare dritti al cuore delle questioni, senza fronzoli. Le lacrime che hanno bagnato gli occhi di tanti di noi parlavano chiaro: siamo stati obbligati a tirare fuori tutto quello che avevamo dentro, a metterci in gioco abbassando la maschera e a fare spazio solo a ciò che era davvero essenziale. Penso che il primo dei doni che questo percorso ci ha fatto, sia stato quello di non farci perdere tempo e di spingerci a entrare in modo profondo e radicale nella bellezza misteriosa dell’amore che ci lega.
La seconda grazia è stata farci capire che questo amore fosse realmente possibile. Attraverso la testimonianza viva di famiglie e sacerdoti, abbiamo potuto fare esperienza di quello che accade quando permettiamo a Dio di cambiare la nostra acqua nel Suo vino. Per quanto dagli occhi del mondo, e a volte forse pure dai nostri, il matrimonio cristiano sia visto come un’utopia, una meta irraggiungibile o peggio, una gabbia da cui fuggire, il cammino di questi mesi ci ha ampiamente dimostrato il contrario.
La terza grazia sono le persone. Ho cominciato le Giare con una convinzione molto stupida: quella che io e Giorgia non avessimo poi così bisogno di altre relazioni di coppia, visto che già avevamo la fortuna di averne moltissime. Arrivato alla fine però, dopo aver conosciuto i miei compagni di viaggio, mi sono reso conto di quanto io fossi sciocco, con i miei calcoli e i miei orizzonti ristretti, a credere di poter limitare la creatività di Dio. Sono giunto alla conclusione di volere una vita di coppia con un giardino immenso, circondato non da muri ma da recinzioni basse e cancelli aperti, attraverso i quali poter vedere e accogliere tutte le persone che il Signore ci farà incontrare. La presenza degli educatori e dei loro figli, quella della nostra “famiglia-angelo” e delle altre coppie in cammino, è stata il dono più grande. Come citava Chiara, il nostro sergente di ferro dal cuore tenero: “C’è un uomo che vuole la vita e desidera giorni felici?”.
Giunti all’ultimo incontro, avvenuto il 18 di maggio, mi è sembrato che la risposta dipinta sui nostri volti fosse abbastanza evidente. In quell’occasione i frutti di cui parlavo in apertura si sono manifestati tutti. Qualcuno ha cominciato a parlare per la prima volta di matrimonio, qualcun altro di castità. Una delle famiglie accompagnatrici ha deciso di lasciare l’equipe dopo tanti anni di onorato servizio. Due innamorati hanno annunciato che l’anno prossimo si sposeranno. Altri due, che lo avevano già detto da tempo, hanno celebrato con gioia le nozze il sabato successivo. Una coppia invece si è sciolta, alla ricerca di un bene più grande.
Infine due nuove, piccole vite hanno trovato un nido nella pancia morbida delle loro mamme.
Spero con tutto il cuore che queste parole abbiano reso giustizia al dono immenso che abbiamo ricevuto, e ho la certezza che tutte le coppie che sceglieranno di partecipare alle Giare future, troveranno in questo percorso esattamente ciò che Dio Padre vuole fargli trovare: compagni di viaggio e parole autentiche, affinché il vino buono, nella loro futura vita da sposi e spose, non venga mai a mancare.
Jacopo Azzimondi