Che mondo sarebbe senza etichette?

Serata su sport e disabilità il 20 settembre a Guastalla. Da sinistra: Eugenia Marè, Adill Zarid, Matteo Daolio, Veronica Martini, Caterina Rocca, Michela Compiani e Mirco Cani. (foto Franzosi)

Dalla serata su sport e disabilità una provocazione per il futuro

Normalità. Da questa parola si deve partire per rendicontare l’incontro su sport e disabilità tenutosi lo scorso 20 settembre a Guastalla.

Da questa premessa si riesce a concepire quanto la pratica sportiva possa rappresentare un esempio, anzi forse l’esempio più eclatante, di come certe barriere, distanze e perplessità possano essere cancellate di fronte alla disabilità.

Molto spesso prefissi come la parola “para” davanti a olimpiadi o etichette come “diversamente abili” o peggio ancora “persone speciali” servono di più a coloro che si sentono “normali” per vincere il loro imbarazzo o la loro inadeguatezza di fronte a chi certe disabilità non se le è affatto scelte ma se le è trovate.

IL MONDO CHE VORREI

Nel famoso “mondo che vorrei” sarebbe fantastico se un giorno, elencando le caratteristiche di una persona, anche le disabilità diventassero semplici aggettivi e non etichette da stampare sulla schiena degli individui.

Così magari insieme a biondo, moro, magro, alto, basso troveremo anche ipovedente o cieco o disabile, non più intese come etichette pietistiche o peggio discriminatorie, ma piuttosto come aggettivi che non qualificano una persona ma semplicemente la descrivono.

Forse un desiderio troppo coraggioso in un mondo sempre più politcally correct che, anziché includere come dovrebbe, tende piuttosto a ghettizzare e creare “riserve protette”, con il risultato di scongiurare e rifiutare certe idee invece di aiutare chi veramente ha solo bisogno di normalità.

Quante volte scambiamo la normalità per la continua ricerca della perfezione che impera nei nostri tempi?

CAMPIONI DI ENTUSIASMO

Questa è la riflessione che nasce dopo aver ascoltato le testimonianze di Adill Zarid e Veronica Martini, rispettivamente campione di para pole dance e campionessa paralimpica di spada, innamorati dello sport.

Dal loro racconto sono emersi passione, entusiasmo e una carica eccezionale per lo sport inteso non solo come opportunità per gettare il cuore oltre l’ostacolo ma anche e soprattutto come stile di vita per crescere e misurarsi con se stessi e gli altri dando sempre il meglio di sé.

Alla domanda se nelle loro condizioni (Adill è ipovedente e Veronica sulla carrozzina) si sentono degli esempi, la loro laconica risposta è stata un “no” che sapeva di umiltà e soprattutto di normalità. Perché per ragazzi della loro età, la cosa più normale è fare sport. Poco importa in che condizioni, perché l’importante è praticare la disciplina preferita.

Serata su sport e disabilità il 20 settembre a Guastalla. Adill Zarid e Veronica Martini intervistati da Matteo Daolio (foto Franzosi)
MULTISPORT E DISABILITÀ

Ed è proprio in questa ottica che la società sportiva Us Saturno di Guastalla in collaborazione con All Inclusive sport e Anffas propone il progetto “Multisport e disabilità” aperto a tutti i bambini e ragazzi che vogliono divertirsi e imparare a praticare una disciplina sportiva.

L’ardimentoso obiettivo è di iniziare a far provare calcio, basket, volley e ginnastica artistica guardando a “un futuro in cui introdurre i ragazzi nelle squadre ufficiali della società sportiva, così che possano divertirsi insieme a tutti i coetanei”, come detto da Mirco Cani, responsabile sportivo del progetto.

Ad assistere i ragazzi sulla scelta di fare sport c’è la figura del terapista occupazionale della medicina dello sport che, come ha sottolineato Michela Compiani che lo fa di mestiere, ha il grande ruolo di mettersi in ascolto e intercettare le loro inclinazioni e le preferenze per sostenerli nel loro cammino.

Sull’importanza sociale del progetto ha invece risposto Eugenia Marè, coordinatrice di All Inclusive Sport, che ha sottolineato come, in un periodo in cui “si abusa facilmente della parola inclusione, questa iniziativa sia effettivamente inclusiva per tutti i ragazzi sotto ogni aspetto. Con l’auspicio che in futuro si arrivi a smettere di parlare di inclusione perché la normalità sarà quella di fare tutto e tutti insieme”.

Della stessa opinione è stata anche Caterina Rocca di Anffas che si occupa della parte amministrativa e di tenere i contatti con le famiglie dei ragazzi coinvolti e che a proposito di etichette ha sottolineato “quanto queste servono per difenderci e prendere le distanze dalle differenze che spaventano”.

Chissà se davvero in futuro quelle che oggi definiamo differenze non saranno altro che peculiarità che caratterizzano un individuo, perché, come lo sport insegna, ciò che conta è sempre la persona.

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