Stefano Mascetti, Coordinatore didattico della Fondazione Beato Carlo Acutis per la scuola cattolica, riflette sulle sfide degli adulti all’inizio del nuovo anno scolastico.
Una sera dell’anno scorso suonano alla mia porta. Era un mio ex alunno, che aveva fatto la maturità due anni prima e che non rivedevo da allora.
Tatuato, tatuatore, una montagna di muscoli dipinti e due occhi belli e tristi. Era in attesa di processo per aver aggredito la sua ex, ed era stato abbandonato da tutti gli amici, così aveva pensato di scrivermi e passare a casa mia.
L’ho invitato a cena e abbiamo passato la serata insieme, a tavola, con mia moglie e i miei figli, e lui sembrava stranamente impacciato, grande e grosso com’era, in mezzo a tre bambini che chiacchieravano con lui.
Dopo cena siamo usciti a bere una birra sul gradino del marciapiede, davanti a casa, e lui mi dice: “Ecco: io desidero questo. Mi ricordo quando a lezione ci parlava della sua famiglia, del suo matrimonio, e pensavo che anche io volevo la stessa cosa. Adesso ho una nuova ragazza. Gliela voglio presentare”.
“Non so perché l’ho fatto”
Quella sera mi è tornata in mente in questi giorni, in cui abbiamo letto, sgomenti, dei fatti di cronaca che hanno riempito le pagine dei giornali. Tutti siamo rimasti sconvolti dalla mancanza di segnali, di moventi, di un disagio, di una qualunque spiegazione che ci potesse rendere meno scandalosa e inspiegabile una tale esplosione di male.
E quello che ci lascia più a disagio è l’apparente incapacità di questi ragazzi di riconoscere il male come tale. “Non so perché l’ho fatto”, è la magra spiegazione che Riccardo offriva al suo gesto.
In questi giorni abbiamo riaperto le porte delle nostre scuole a tanti ragazzi, tantissimi, ognuno con il suo abisso di mistero, con i suoi drammi segreti e con le sue speranze inespresse. I prof. sono pronti, dietro le cattedre, ad accoglierli, ad accompagnarli di nuovo, attraverso un nuovo anno della loro vita.
Ma quest’anno non riesco a non pensare che Riccardo potrebbe essere uno di loro. Uno qualsiasi. Normale, “felice”.
Come aiutare i ragazzi?
Come stare di fronte a tanto bisogno? Come accorgersi di quello che i nostri ragazzi stanno vivendo e che nessuno vede? Come insegnare loro a riconoscere il male? Queste domande mi accompagnano in quest’inizio d’anno.
Non abbiamo forse il compito, come scuola, di fare prevenzione? Ma come prevenire qualcosa che accade senza nessun motivo? Da dove iniziare se la vita profonda dei ragazzi ci rimane così nascosta?
Abituarsi al male?
Lo psichiatra Mencacci scriveva qualche giorno fa sul Corriere che i giovani, attraverso l’esposizione continua alla rete, si stanno “abituando al male”.
È quando l’ho letto che mi è tornato in mente il mio alunno. Lui al male non si era abituato. Ma non perché qualcuno gli avesse spiegato che era sbagliato. È che aveva visto qualcosa di bello, che desiderava, e si era accorto della differenza tra ciò che viveva e la possibilità di quel bene. Fino a venire una sera a suonare alla mia porta.
Scuola come luogo del bene
Che bello se la scuola diventasse il luogo del bene, del bello, di una vita che può essere bella e grande, appassionante e desiderabile! Che bello se i ragazzi potessero incontrare degli adulti da cui poter tornare, quando il male sembra vincere.
Ecco, in questo inizio d’anno scolastico mi auguro questo: che noi adulti ci ricordiamo del nostro compito, che non è spiegare ai ragazzi cosa non devono fare, o affannarci a prevenire un male che non sappiamo prevedere. Credo che il nostro compito sia, nel tempo che passiamo con loro, di abituare i ragazzi al bene.
Stefano Mascetti
Coordinatore didattico della Fondazione
Beato Carlo Acutis per la scuola cattolica
3 risposte su “Inizio d’anno scolastico: educare al bene”
Educare al bene è un impegno e una priorità per tutti. Grazie, buon inizio anno scolastico.
Articolo vero e profondo.condivido.buon inizio anno scolastico.
Caro Stefano che piacere leggere il tuo scritto, quanta verità sull’abituare i ragazzi al bello e al buono, ho sempre detto anche a mio figlio che la gentilezza apre le porte del mondo…
Ti mando un grande abbraccio a te e alla tua famiglia
Saluti cari Sibylle