Le date per la seconda sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sono fissate da mesi: da mercoledì 2 ottobre a domenica 27 ottobre 2024 proseguiranno i lavori del Sinodo sulla Sinodalità sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. Nel luglio scorso è stato pubblicato l’Instrumentum laboris in preparazione: scopo del documento – si legge – è “andare oltre” la prima sessione, celebrata un anno fa, per rispondere alla domanda su “come essere Chiesa sinodale in missione”, con alcune precisazioni sul futuro prossimo: anzitutto che “su altre questioni emerse durante il cammino il lavoro sta proseguendo con altre modalità, a livello delle Chiese locali così come nei dieci Gruppi di studio” istituiti da Papa Francesco il 22 febbraio scorso; inoltre che le due sessioni fanno parte di un processo più ampio che non terminerà alla fine di ottobre.
L’Instrumentum laboris si apre con una sezione dedicata ai Fondamenti della comprensione della sinodalità, frutto del lavoro della prima sessione. Seguono tre parti – relazioni, percorsi, luoghi – ciascuna delle quali sarà oggetto del lavoro in assemblea che confluirà in un documento finale, relativo a tutto il processo finora compiuto, da offrire al Papa. “Dare un riconoscimento più pieno ai carismi, alla vocazione e al ruolo delle donne in tutti gli ambiti della vita della Chiesa come passo indispensabile per promuovere questa reciprocità relazionale”: si tratta di una delle istanze emerse con maggior forza nella prima sessione del Sinodo dei vescovi e confermate dall’Instrumentum laboris della seconda sessione, in cui però si precisa che tale tema non sarà oggetto dei lavori ma del Gruppo di studio numero 5.
“Reciprocità” tra uomini e donne si coglie come la parola d’ordine per cambiare la mentalità e favorire “una più ampia partecipazione delle donne nei processi di discernimento ecclesiale e a tutte le fasi dei processi decisionali, un più ampio accesso a posizioni di responsabilità nelle diocesi e nelle istituzioni ecclesiastiche, un maggiore riconoscimento e un più deciso sostegno alla vita e ai carismi delle consacrate e il loro impiego in posizioni di responsabilità, l’accesso delle donne a posizioni di responsabilità nei seminari, negli Istituti e nelle Facoltà teologiche, l’aumento del numero delle donne che svolgono il ruolo di giudice nei processi canonici”.
I vari carismi e ministeri sono espressione di una “corresponsabilità differenziata di tutti per la missione”, si legge nell’Instrumentum laboris, in cui si auspica di continuare a riflettere su come si possa dare “forma più stabile” ai “ministeri battesimali” dei laici.
Tra le proposte, quella di istituire “un ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento”.
Dal processo sinodale, si fa notare nel testo, “sono emersi dati contrastanti riguardo all’esercizio del ministero ordinato all’interno del popolo di Dio”: “Da un lato è sottolineata la gioia, l’impegno e la dedizione dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi nello svolgere il proprio servizio; dall’altro essi hanno manifestato una certa fatica, legata soprattutto a un senso di isolamento, di solitudine, di essere tagliati fuori da relazioni sane e sostenibili, e di essere sopraffatti dalla richiesta di fornire risposte a ogni necessità. Può essere uno degli effetti tossici del clericalismo”.
Di qui la necessità di una “conversione” verso “un nuovo modo di pensare e organizzare l’azione pastorale, che tenga conto della partecipazione di tutti i battezzati, uomini e donne, alla missione della Chiesa, puntando in particolare a far emergere, riconoscere e animare i diversi carismi e ministeri battesimali”.
Una priorità è considerata la formazione permanente per tutti, non in astratto, ma “tenendo conto dei contesti, delle culture e delle tradizioni dei diversi luoghi”.
Nell’ultima parte l’Instrumentum laboris si sofferma sul tema dell’esercizio dell’autorità: “In una Chiesa sinodale, la competenza decisionale del vescovo, del Collegio episcopale e del Romano Pontefice è inalienabile, tuttavia non è incondizionata”. No, allora, alla contrapposizione tra consultazione e deliberazione: “Nella Chiesa la deliberazione avviene con l’aiuto di tutti, mai senza l’autorità pastorale che decide in virtù del suo ufficio”. Per questa ragione la formula di “voto solamente consultivo” sminuisce il valore della consultazione e va corretta.