Micro aggressioni, quando una parola fa male

Nella foto tre ragazze. Micro aggressioni verbali, come affrontarle?

Il tema è diventato cruciale. Fa parte dei contenuti di movimenti sociali e politici. Diventa oggetto di accuse incrociate, da chi lo usa per fare la caccia alle streghe a chi imprudentemente o provocatoriamente utilizza espressioni “senza peli sulla lingua” a chi invece si oppone perché così facendo si finisce con l’impedire di dire quel che si vede.

Una specie di autocensura che imbavaglia i pensieri; lo vedo ma non posso dirlo, perché la persona cui è rivolto si potrebbe offendere. Mentre dall’altro lato si arriva ad aggredire per difendersi, dicono, da chi ha ferito.
Se sei obeso, lo vedo ma non lo posso dire; ti potresti offendere. Così se sei…

DUE GENERI DI PENSIERO

Insomma nelle polarizzazioni dell’epoca che viviamo si sono formati due “partiti”: quelli che pretendono di correggere parole e azioni dette o fatte non solo nel presente, ma addirittura nei secoli che ci precedono; dall’altro lato si schierano quelli che dicono quel che pensano e vedono senza troppi veli: se ti senti offeso pazienza, è un problema tuo, pensano.

Tutti e due i “partiti” ne fanno un problema di libertà.
I primi vogliono la libertà di essere quel che si è, l’orgoglio di esserlo, senza sentire addosso il pregiudizio, lo stigma degli altri, della società.
I secondi difendono la libertà di dire quel che pensano e vedono anche se quel che dicono dà definizioni dell’altro.

Ma come si fa a parlare senza dare giudizi, per bonari che essi siano, su sé e sugli altri? Personalmente provo a capire le buone ragioni degli uni e degli altri cercando nel mio piccolo di fare coesione laddove invece il mondo attuale fa divisione, polarizzazione. È un argomento che merita più di un articolo.

LIMITE A TUTTO

C’è un limite su cui sarebbe bene che si riflettesse tutti assieme. Dovremmo imparare a riconoscere quelle parole, quelle frasi e giudizi che suscitano nell’altro una ferita psicologica che finisce per rendere più pesante il vivere.

A volte parole mal dette danneggiano lo sviluppo, altre volte attivano sentimenti di inadeguatezza e vere e proprie depressioni. Nel congresso di APA, la più grande società professionale della salute mentale, del 2024, nei giorni 6-8 agosto, il tema delle discriminazioni e dei traumi che esse lasciano è stato parte importante dei lavori.

C’è morte di mille tagli: metafora evocativa cinese del 900 d.C. – tipo di pena riservata a chi aveva commesso un grave crimine e prevedeva una fine lenta e dolorosa. Così Maya Angelou – poetessa, scrittrice attivista per i diritti civili – definisce le esperienze quotidiane di micro stigma e invisibile discriminazione quelle di cui non ci accorgiamo perché sono così scontate da passare inosservate.

MICROSTIGMA

Il concetto di microstigma della vita comune prende corpo negli anni ’70 per voce dello psichiatra Chester Pierce. Da decenni è impiegato da Dewald Wing Sue, professore di psicologia alla Columbus University di New York (Wing Sue, Le microaggressioni, Raffaello Cortina, 2022).

Il volume di Wing Sue darà sollievo a chi per colore della pelle, genere, identità di genere, orientamento sessuale, forma del corpo e mille altre caratteristiche personali inevitabilmente costitutive dell’identità si sente quotidianamente tagliuzzato dalla disattenzione del parlare altrui.

MICRO AGGRESSIONI

Si considerano infatti micro aggressioni quelle piccole azioni verbali e/o comportamentali spesso non intenzionali e consapevoli che veicolano messaggi valutativi offensivi nei confronti di soggetti o gruppi definiti in base a etnia, religione, genere, orientamento sessuale, peso, forma del corpo o di sue parti.

Le micro aggressioni possono avere carattere esplicito o implicito. Spesso sono inconsapevoli e involontarie, talvolta possono perfino suonare come complimenti.
Insomma non sono necessariamente battute sarcastiche o domande fatte apposta per ferire.

Per esempio: come mai (alla tua età) non sei ancora sposata? Oppure, non pensavo che in Cina conosceste Beethoven? O ancora, sai che non si vede proprio che sei un gay?

Questi giudizi si basano su preconcetti difficili da cogliere al volo nel loro manifestarsi ma che possono insinuarsi nel sentimento di sé e in qualche modo condizionare l’immagine che abbiamo e diamo di noi stessi.

STUDIARE LE MICRO AGGRESSIONI

Studiare le micro aggressioni fa compiere un viaggio nel mondo delle discriminazioni verbali e non-verbali sottili ma potenzialmente micro traumatiche per le persone cui sono rivolte. Possono essere interazioni impreviste, spesso decostruibili con una battuta, che mettono comunque a disagio.

Il concetto di micro aggressioni è sfuggente e va preservato sia dal rischio della sottovalutazione – “Ma cosa vuoi che sia mai!

Adesso bisogna addirittura stare attenti a come si parla” – sia da quello della sopravvalutazione, che finisce per sterilizzare le interazioni personali e sociali esasperandone la suscettibilità. Serve formazione per muoversi e crescere facendoci rispettare e rispettando, amandosi per quello che si è, senza cedere alle scorciatoie narcisistiche del piagnisteo vittimistico.

Un linguaggio attento a non calpestare i confini del rispetto.

Come ci ricorda Montaigne: la parola è metà di chi parla e metà di chi la ascolta.

Umberto Nizzoli

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