A nessuno piace perdere. E su questo siamo tutti d’accordo. Così come nessuno partecipa a una competizione per vincere la cosiddetta medaglia di legno, quella del quarto posto, che più che il sapore della vittoria ha quello della beffa.
E, come spesso succede, quando si sfiora il podio, a maggior ragione quello olimpico, per consolarsi della quarta piazza ci si appella sempre al padre delle Olimpiadi moderne, Pierre de Coubertin, e al suo celebre motto “L’importante non è vincere ma è partecipare”.
Nulla di nuovo sotto il sole della cultura sportiva italiana, sempre fedele a se stessa e sempre fondata sul risultato. Ergo: se non vinci, non sei nessuno.
BENEDETTA PILATO, ESEMPIO PER TUTTI
Tutto regolare fino al 29 luglio scorso, quando la nuotatrice azzurra Benedetta Pilato, quarta nella finale dei 100 rana alle Olimpiadi di Parigi, è scoppiata in lacrime alla fine della sua prestazione. Lacrime di… gioia! E non di disperazione.
Ma come?! Arrivi quarta e sei felice!? Apriti cielo! E apriti dibattito! Così per tutte le spiagge della penisola il can-can su questa gioia inspiegabile ha tenuto banco al punto che certe testate giornalistiche hanno iniziato a stilare la classifica del medagliere olimpico conteggiando proprio i quarti posti e manco a dirlo l’Italia è prima per distacco…
“IL GIORNO PIÙ BELLO DELLA MIA VITA”
Purtroppo, a non interessare nei discorsi sotto l’ombrellone sono state le belle parole della diciannovenne nuotatrice italiana intervistata subito dopo la gara: «Ci ho provato fino alla fine, mi dispiace. Però sono lacrime di gioia. Sono troppo contenta, è stato il giorno più bello della mia vita».
OLTRE IL RISULTATO
Un virgolettato da mettere su tutti i muri di scuole, palestre, asili, oratori… perché in poche parole è concentrato tutto il senso dello sport e, mi si perdoni, anche della vita.
Perché l’importante, caro Pierre, non è partecipare, ma dare tutto se stessi. Senza risparmiarsi, senza mai darsi per sconfitti in partenza, ma provando sempre e comunque a giocarsela fino in fondo. E quando si è in pace con la propria coscienza, quando si sa di aver dato tutto quello che si poteva dare, allora sì che si può davvero piangere di gioia perché si è vinto contro i propri limiti.
Solo chi sa veramente di sport sa cosa ci sia dietro la preparazione di una gara, di una partita, di un’Olimpiade. Non è solo uno stress fisico. Ma è anche e soprattutto stress emotivo che schiaccia un atleta, preso tra la pressione per dare il massimo e la consapevolezza di avere gli occhi del mondo addosso.
A intuire tutto questo è stato, come al solito, il nostro presidente Sergio Mattarella, che per le cerimonie in onore degli atleti azzurri che hanno partecipato alle Olimpiadi parigine non ha voluto solo i medagliati ma anche tutti coloro che si sono piazzati al quarto posto.
“Se non avessi mai perso, non saprei cos’è la sfida” recita una canzone. Da qui nascono le più belle vittorie.