Dall’Indonesia lezioni di pluralismo: incontro con il saveriano padre Otello Pancani

Padre Otello Pancani nell'intervista del 6 settembre 2008 su La Libertà

Il nostro settimanale ha intervistato padre Otello Pancani, scomparso il 6 agosto 2024 all’età di 86 anni, nel settembre del 2008. Qui sotto l’articolo di Edoardo Tincani

Nel cortile della parrocchia di Barco si lavora anche il dì di festa: alcuni volontari smistano oggetti e masserizie per i bisognosi prima della celebrazione delle 11. Tra i volti nuovi di questa domenica di fine agosto, venuto per presiedere l’Eucaristia, c’è padre Otello Pancani, che incontriamo in canonica.

Una vita spesa con il Vangelo in mano e tanta fiducia apostolica. Originario di Castelvecchio (Modena), padre Otello è stato ordinato sacerdote nel 1962, nella stessa classe di don Alcide Mariotti. Prima di entrare nella famiglia saveriana nel 1966 è stato cappellano a San Quirino di Correggio. Poi, nel 1967, partì alla volta dell’Indonesia, con le sue 17.000 isole e i suoi 230 milioni di abitanti.

Destinazione: Sumatra occidentale, città di Padang. Nel 1972 si è trasferito a Giacarta per 25 anni, dove è tornato dopo un biennio “vissuto pericolosamente” in mezzo ai dayak (tagliatori di teste). Nel gennaio 1983 l’arcivescovo di Giacarta, il gesuita mons. Leo Sukoto, figlio di un capovillaggio musulmano, gli affidò l’incarico di fondare la missione cattolica di San Matteo Evangelista a Bintaro, nel sud di Giacarta, che fu inaugurata nel 1994 completa di chiesa da 900 posti e di opere parrocchiali, incluso un centro per la formazione dei laici in grado di servire 13.000 persone l’anno.

Padre Otello, lei ha costruito una missione cattolica in una zona ad alta densità di musulmani. Come c’è riuscito?

Con l’aiuto dei cristiani laici, che in Indonesia hanno un dialogo realmente aperto con l’islam. Per prima cosa ci demmo da fare per trovare i terreni, che occorreva acquistare da proprietari musulmani. Al momento giusto, certo, per esempio quando avevano bisogno di denaro per il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca. Abbiamo cominciato dal gradino fondamentale: l’istruzione. E ci presentavamo ai potenziali venditori con una lettera molto esplicita sulla destinazione del fondo – una scuola cattolica – e sul prezzo che offrivamo. Oggi quella scuola accoglie 15.000 studenti, dall’asilo al liceo.

La pagina de La Libertà del 6 settembre 2008 con l’intervista a padre Otello Pancani

Dunque un’esperienza positiva di dialogo interreligioso…

L’Indonesia, il più vasto paese musulmano del mondo (87% della popolazione), afferma la libertà delle sue sei grandi religioni: Islam, Induismo, Buddismo, Confucianesimo, Protestantesimo e Cattolicesimo. Vari sacerdoti e alcuni vescovi provengono dalla religione musulmana o da altre religioni. Gesù ha dei discepoli fra queste grandi culture e religioni, come un giorno chiamò Paolo.

Il governo indonesiano riconosce la libertà di educazione; alle scuole private, molte delle quali confessionali, richiede lo svolgimento dei programmi prestabiliti.

Una felice convivenza?

Mi permetta una citazione, per esemplificare. Il 22 maggio scorso, il vice presidente dell’Indonesia Jusuf Kalla (musulmano), invitato a chiudere il grande convegno dei rappresentanti delle religioni riconosciute dal governo, si è così espresso: “In avvenire questo convegno, che di solito si tiene in un hotel, a turno si faccia nei luoghi di culto di ogni religione, perché ciò aiuta a conoscersi meglio e a creare una maggiore comprensione reciproca. Accrescere l’intesa reciproca tra le varie religioni in Indonesia è fondamentale, perché la religione con grande facilità viene strumentalizzata per creare conflitti come a Poso e Ambon (Celebes). Sostenete la pace invece di seguire alcuni gruppetti di persone che incitano allo scontro”.

Un altro esempio. In Indonesia da decenni il messaggio natalizio viene composto insieme dal presidente del Consiglio delle Chiese protestanti e da quello della Conferenza episcopale indonesiana. Poi viene letto in tutte le chiese cattoliche e protestanti dell’Indonesia nella prima domenica dopo Natale…

Niente casi di feroce persecuzione contro i cristiani, come quelli registrati in questi giorni nell’Orissa, India?

Frange di estremisti esistono tanto tra gli indù come tra i musulmani. Ciò provoca momenti di tensione anche in Indonesia, ma il governo tiene sotto stretto controllo sia le azioni delle associazioni filo-terroristiche che la predicazione degli imam ritenuti fondamentalisti. L’Indonesia non è il Paradiso, ma un mondo complesso che si fa conoscere solo vivendoci.

Dopo 41 anni, si sente indonesiano?

Non posso leggere i miei 41 anni di missione se non dentro il cammino della Chiesa locale, programmata insieme tra laici, preti e vescovi e a sua volta inserita nel cammino della Chiesa dell’Asia.

Come descriverebbe il cammino compiuto dalla Chiesa asiatica?

Nel 1970 Paolo VI, quando sostò a Manila, inaugurò la Confederazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (Fabc). Dal Medio Oriente fino al Giappone, dalla Siberia all’Indonesia è tutta Asia. Scopo della Fabc era ed è quello di leggere i “segni dei tempi” e di tracciare il cammino della Chiesa fra le grandi culture e religioni dell’Asia.

Il Sinodo dei Vescovi dell’Asia celebrato a Roma nella primavera del 1998, in preparazione al terzo Millennio, ispirandosi anche agli orientamenti della Fabc arrivò ad indicare che il cammino e la missione della Chiesa dell’Asia si attueranno in un triplice dialogo: con le culture, con le religioni e con le povertà dell’Asia. Linea confermata nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Asia, che Giovanni Paolo II consegnò il 6-7 novembre 1999 a New Delhi (India) a conclusione del Sinodo dei Vescovi.

Da migrante di ritorno, come le pare lo stato del dialogo interreligioso in casa nostra?

Il cammino della storia dell’Europa e dell’Italia è in gestazione. In questi ultimi decenni stiamo passando dalla «religione dell’Italia» all’«Italia delle religioni» e dalla «cultura dell’Italia all’Italia delle culture». È l’inizio del pluralismo culturale e religioso.

Come definirebbe il pluralismo religioso?

Il pluralismo religioso non è affermare che tutte le religioni sono uguali, e non è neppure rispondere alla domanda quale sia la vera religione, ma è la disponibilità ad accogliere ad accettare la realtà che nel mondo vi sono diversi modi di vivere, diverse religioni, diverse convinzioni religiose e diverse culture.

Pensa che in Italia siamo preparati a questo scenario?

Oggi sentiamo disagio, paura. Percepiamo il pluralismo come un’inondazione devastante, come uno tsunami. Lo straniero è sempre visto come colui che ci viene a togliere qualcosa. Nei vangeli, tuttavia, gli stranieri non sono mai quelli che sottraggono qualcosa, ma quelli che arricchiscono. Dobbiamo accogliere questo avvenimento storico come una realtà positiva, provvidenziale.

Trova giusto richiedere condizioni di reciprocità tra “culture” molto diverse?

In Indonesia, coloro che richiedono la cittadinanza, compresi i missionari, sono chiamati a dare un esame sul “Panca Sila” (i cinque principi filosofici su cui si basa la Repubblica indonesiana) e sulle figure storiche che ne hanno gettato le fondamenta giuridiche.

Così, ritengo che sarebbe normale e giusto da parte nostra informare ed orientare coloro che desiderano diventare cittadini della Comunità Europea circa i loro diritti e doveri qui, in casa nostra.

Il pluralismo come opportunità per i cristiani?

Sì. Il pluralismo ci costringe a chiarire in noi stessi la nostra identità cristiana e a mettere meglio a fuoco alcune realtà: il regno di Dio, la Chiesa, la fede, la religione.

La Chiesa è missionaria non per far conoscere una religione, ma per annunciare il Vangelo. Essa non è il regno, ma soltanto “germe, inizio, segno” della presenza del regno nella storia. (LG 1.5)

La persona pluralista guarda con apprezzamento il prossimo nella sua identità, compresa la diversità culturale e religiosa. È lo Spirito Creatore di Dio che sta agendo, come sempre nel cammino torbido e tumultuoso della storia, per far emergere il Regno del Padre, che ama ogni singola persona incondizionatamente. Chi si chiude al pluralismo non avrà futuro, sbarra la strada alla pienezza della vita.

Non è una conversione da poco, perfino per un “missionario”…

Anche per la nostra Chiesa occidentale inizia un nuovo modo di annunciare il Vangelo attraverso il dialogo con le culture, le religioni e le povertà dell’Europa. Fortunati noi se ne diventeremo degli esperti. Gioiremo per l’arricchimento personale ricevuto e per un futuro più positivo per tutti.

Sarebbe auspicabile che le Conferenze Episcopali dell’Europa unitamente a coloro che sono chiamati al servizio politico nella Ue leggessero con chiarezza i “segni dei tempi” e gestissero con saggezza questo avvenimento storico. Coloro che sono al servizio della formazione nella Chiesa penso che sarebbero arricchiti dall’esperienza della Chiesa dell’Asia che da secoli vive il pluralismo con le grandi culture e religioni dell’Asia, senza mai far nessuno sconto sull’annunciare “Gesù Cristo come Unico Salvatore”.

Da La Libertà del 6 settembre 2008

Morto padre Otello Pancani, missionario in Indonesia

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