Molto spesso sembrano solo edifici. Altrettanto spesso c’è chi pensa che sia inutile destinare certe cifre per la loro ristrutturazione togliendole a qualcosa di diverso e “più utile”.
Ma l’errore che si fa è quello di non tenere presente quanto un edificio di culto, una chiesa, non solo sia una struttura fatta di pietre o mattoni, ma soprattutto sia un simbolo che rappresenta una comunità, un paese, un territorio. Ecco l’importanza che c’è dietro alla destinazione dell’8xmille alla Chiesa cattolica: il recupero delle origini e della storia – non solo del patrimonio artistico e culturale – che appartengono alle persone. Per capire meglio come vengono spesi i fondi che la CEI assegna ogni anno alle Diocesi italiane ci siamo avvalsi della consulenza dell’architetto Angelo Dallasta, direttore dell’Ufficio dei Beni culturali della Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla.
Direttore, con quale criterio viene redistribuito l’8xmille?
Ogni Diocesi riceve circa 490 mila euro da impiegare in interventi di consolidamento e ripristino degli impianti per gli edifici di culto. Anche la nostra Diocesi li ha avuti. A questi si aggiungono circa 13mila euro per il Museo, le biblioteche e l’archivio per il restauro di antiche pergamene. Ma non sono sufficienti se considerati a fronte di una spesa di 700mila euro. La prassi è che si individuino tre o quattro chiese su cui intervenire.
Ci parli di una di queste chiese allora…
Potrei avere l’imbarazzo della scelta: grazie all’8xmille siamo riusciti ad intervenire su tantissimi progetti e a rilanciare molti edifici. Sono fondi necessari e strategici. Ma al di là degli interventi più grandi, scelgo di descrivere quello fatto per la chiesa di Ramiseto.

Ci dica pure…
Per chi non lo conoscesse, Ramiseto è un paese del nostro bellissimo Appennino. La chiesa parrocchiale ha subìto diversi danni a causa del meteo avverso; in particolare il campanile è stato danneggiato per colpa di un fulmine. In montagna la chiesa e il proprio campanile sono simboli che ancora oggi esprimono un forte senso di appartenenza. Se pensiamo anche allo spopolamento del nostro Appennino, lasciare una comunità orfana del proprio fulcro sarebbe stata un po’ come darle il colpo di grazia. Per questo motivo si è deciso di intervenire in maniera urgente e di recuperare l’edificio.
In cosa è consistito l’intervento e quanto è stato stanziato?
Di fatto si è intervenuti sul consolidamento del campanile, sulla sua cella campanaria, sulla copertura della chiesa, danneggiata anch’essa, e sulla canonica. Si è restituita l’agibilità all’edificio e si è pensato bene di abbellire e rendere ancora più accogliente questa chiesa del Sei/Settecento che, come tutte le altre coeve della zona, è il centro da cui si è dipanata la costruzione del paese. L’importo dei lavori è stato di 195 mila euro, di cui 120mila finanziati con l’8xmille e 75mila raccolti grazie alla generosità dei fedeli e dei parrocchiani. Ciò a testimonianza di come la comunità tenga ai suoi luoghi più simbolici.
Missione compiuta?
Certamente. Nell’estate del 2023 abbiamo riaperto la chiesa con la Messa presieduta dal nostro Arcivescovo. C’era tutta la comunità montana in festa. Qui il territorio è molto sentito.
Senza 8xmille sarebbe stato possibile?
Categoricamente no. Le donazioni sono vitali. Soprattutto in situazioni come quella di Ramiseto in cui è difficile reperire certe risorse con le sole forze della comunità locale. E in montagna questo lo si avverte parecchio. E poi ancora, con i fondi ricevuti grazie alla generosità dei cittadini italiani abbiamo potuto intervenire sull’impiantistica di tante chiese o abbiamo potuto installare sistemi di sicurezza e protezione per un patrimonio che conta oltre centomila opere d’arte e che possiamo mantenere solo con l’8xmille.
Qual è la situazione generale?
Nella nostra diocesi sono 631 le chiese destinate al culto. Di queste oltre 450 sono direttamente seguite dall’Ufficio Beni culturali che ho l’onore e l’onere di presiedere. Scegliere di devolvere alla Chiesa cattolica l’8xmille non è solo un gesto di generosità, è anche una scelta di appartenenza a una comunità che cammina insieme e che mette le persone al centro.