Negro, nero, ti faccio nero… cosa ha detto il difensore dell’Inter Acerbi al giocatore del Napoli Juan Jesus? Da giorni non si parla di altro e per l’ennesima volta il dorato mondo del pallone non ha perso l’occasione per far parlare male di sé.
E siamo alle solite.
Prima l’accusa di razzismo del giocatore di colore del Napoli nei confronti del nerazzurro. Poi lo stesso giocatore che prova a derubricare il fattaccio come “cose da campo”. A seguire la difesa dell’interista che dice di non aver mai offeso l’avversario. Infine, ancora il calciatore dei partenopei che non ci sta e rincara la dose contro il nerazzurro a mezzo stampa e social.
Nel mezzo l’esclusione di Acerbi dai convocati della nazionale italiana impegnata in un paio di amichevoli.
Insomma, c’è tutto per il solito teatrino della polemica, con lo scottante tema del razzismo che periodicamente fa la sua comparsa sulla ribalta calcistica gettato in pasto ai tribunali dei social dove al grido libertà libertà ognuno può sbizzarrirsi a dire la sua anche su un argomento così delicato.
E via ai complottisti che dicono che la questione razzismo fa comodo a qualcuno; a bacchettoni che si scandalizzano dall’alto dei loro pulpiti; a quelli che dicono che in campo se ne sentono di peggio tra mamme che fanno il mestiere più vecchio del mondo, minacce di morte e se qualcuno ha giocato può aggiungere di tutto e di più.
Razzismo sugli spalti, razzismo in campo, razzismo fuori: problema annoso, mai veramente affrontato sul serio dalla società civile se oggi se ne parla ancora.
Che poi di civile in questo non c’è nulla. Soprattutto quando a mancare è il rispetto in ogni sua forma.
Di sicuro l’atavico “ciò che succede in campo deve stare in campo” non è più accettabile. Basta chiudere un occhio o topparsi totalmente le orecchie: non è più giustificabile la tesi del perdere la testa durante una partita. A maggior ragione se si è dei professionisti, sempre sotto la lente delle telecamere dentro e fuori il campo.
Altrimenti il calcio rischia di diventare sul serio una zona franca dove tutto è ammesso.
Ben venga il codice etico della nazionale di Spalletti con l’automatica esclusione dal ritiro di Coverciano di Francesco Acerbi, ma non basta. Forse sarebbe ora di stilare un codice etico anche tra amici, tra avventori dei bar… o più semplicemente sarebbe ora di riscoprire cosa sia davvero il rispetto.