Tra il 2005 e il 2020, in Europa, circa 5,3 milioni di aziende agricole sono state chiuse. Nello stesso periodo in Italia le imprese del settore si sono dimezzate. Sono molte le cause che hanno determinato la crisi in questo settore e che hanno portato da circa un mese gli agricoltori di tutta Europa a protestare.
MOTIVAZIONI DELLA PROTESTA
Scatenata da un problema di bilancio della Germania ‒ il governo tedesco per compensare un buco di 17 miliardi ha tagliato i sussidi al carburante ‒ la protesta si è allargata all’intero continente. Le motivazioni si declinano a seconda delle peculiarità dei singoli stati, ma sono molti i fattori comuni: guadagni sempre più ridotti a fronte di tassazioni elevate, rincaro del prezzo del carburante agricolo e delle materie prime, concorrenza di paesi extraeuropei che esportano prodotti con standard meno stringenti di quelli europei.
Nel mirino degli agricoltori è finita in particolare la PAC, la Politica agricola comune dell’Unione Europea, che risente dell’adesione al nuovo Green Deal europeo, il cui obiettivo è raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, riducendo contemporaneamente le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030.
GREEN DEAL CAPRO ESPIATORIO
Tanto ambizioso quanto ormai depotenziato, il Green deal è diventato spesso il capro espiatorio della politica e delle grandi associazioni di categoria per cavalcare le proteste, strumentalizzarle e trasformarle in consensi. La “rivolta dei trattori”, però, si fonda su ragioni molto più concrete e articolate.
Tra le misure contestate, l’obbligo di rotazione delle colture per consentire ai terreni di riposare, l’obbligo di ridurre l’uso di fertilizzanti di almeno il 20% e di destinare almeno il 4% dei terreni coltivabili a usi non produttivi, a tutela della biodiversità. Fattori che aggravano un quadro già compromesso e che ora rischiano di minare la competitività delle aziende agricole sul mercato.
A completare questo quadro di grande preoccupazione per gli agricoltori europei, l’intesa commerciale con i Paesi del Mercosur, che farebbe entrare in Europa grandi volumi di alimenti sudamericani più economici.
LA CONTESTAZIONE DEGLI AGRICOLTORI
Hanno fatto il giro del mondo immagini di Bruxelles invasa da circa 1.300 trattori da tutto il continente arrivati in Place du Luxembourg, nei pressi di una blindatissima sede del Parlamento europeo dove si svolgeva il vertice straordinario dei 27 leader della Ue.
Le ragioni degli agricoltori sono comprensibili e condivisibili, anche se non possiamo dimenticare che l’agricoltura è responsabile del 10,55 per cento delle emissioni di gas serra nell’Unione europea.
È possibile allora rendere l’agricoltura dell’Unione Europea più sostenibile? Ad esempio, abbandonando gradualmente le fonti energetiche fossili, risparmiando risorse idriche, non abusando dei pesticidi e smettendo di inseguire le logiche della grande distribuzione.
È evidente che il modello economico e produttivo europeo, e più in generale occidentale, ha fatto il suo tempo.
Al di là degli interessi delle singole lobby, va ripensato un intero sistema economico che risponda ai nuovi bisogni dei cittadini europei nel rispetto del pianeta.