Bazzicando i bar Sport presenti in tutta Italia quanto le chiese, e ascoltando crocchi di intenditori di calcio, dal pensionato vecchia gloria che ha giocato due partite nei pro a quello che non ha fatto carriera perché il ginocchio gli ha ceduto, passando per quello che ha fatto il corso allenatori con Arrigo Sacchi ma che ha allenato solo dilettanti e che di pro ha solo la lettura della Rosa, una delle parole più usate al bar è… VAR.
Entrata nel gergo sportivo e calcistico da non tanti anni, la VAR oi il VAR (dubbio semantico che persino la gloriosa Accademia della Crusca si è posto) sbarca sul pianeta calcio con l’intento di aiutare gli arbitri a migliorare la direzione di gara fugando ogni dubbio su situazioni di gioco poco chiare. L’intervento che sfugge all’occhio del direttore di gara non può sfuggire a quello del VAR.
Sebbene statisticamente parlando abbia di sicuro fatto il suo dovere, anche IL Var, Video Assistant Referee, nel frattempo ho consultato la pagina internet della Crusca per decidere che articolo usare, è finito nel tritacarne delle polemiche contribuendo ad avvelenare le ultime giornate del campionato di serie A. Cambiano i tempi, cambiano le tecnologie, ma non cambia la sostanza: se prima la moviola inchiodava le grandi del nostro campionato con l’aiutino di turno, oggi succede la stessa identica cosa nonostante la tecnologia sia cambiata e migliorata.
Poco importa se sei la squadra più forte, giochi meglio e meriti di vincere: anche i professionisti del bar diranno sempre che si vince grazie al VAR. Anche perché, vuoi mettere di cosa parlare se non ci fosse un po’ di complotto o di veleno ogni domenica!?
Da quel famoso rigore non dato a Ronaldo, il Fenomeno quello vero, in quel Juve-Inter del 1998, la teoria del complotto riempie i discorsi del lunedì al bar e tutti gli approfondimenti dei programmi sportivi.
Chissà cosa direbbe oggi il buon Carlo Sassi, il primo a usare la moviola alla Domenica Sportiva nel 1965, vedendo che nulla è cambiato da allora.
Prima o poi si arriverà a interrompere le partite per interpretare il VAR lasciando i giocatori fermi in campo e così addio bel gioco.
Ritornando alla Crusca cito: la questione del genere di VAR rimane comunque aperta. E in tempi di politically correct non mi stupirei se ci si mettesse a discutere anche di diritti di genere partendo dal VAR: tanto si sa che al bar passare dai discorsi sul calcio a quelli di politica è un po’ come fare colazione con cornetto e cappuccino.