Gita nei luoghi del beato Rolando Rivi

Alcune settimane fa, in preparazione al Natale, i nostri prof della scuola “Rolando Rivi” hanno organizzato un’uscita sulle tracce del beato Rolando a cui è intitolata la nostra scuola. I nostri prof hanno deciso di fare questa gita per festeggiare sia l’anniversario dell’apertura della scuola stessa, sia quello della beatificazione del ragazzo. La scuola, infatti, è nata quando Rolando è stato beatificato dieci anni fa e ha preso il nome proprio da lui. I luoghi che abbiamo visitato sono due: la Pieve di San Valentino e il seminario di Marola. San Valentino perché è il paese in cui è nato e cresciuto Rolando e Marola perché lì c’è il seminario dove ha studiato alcuni anni per diventare sacerdote. Appena abbiamo saputo questa notizia eravamo felici, perché abbiamo sempre sentito parlare di Rolando Rivi e non vedevamo l’ora di conoscerlo con tutti i nostri amici.

Quel giorno, dopo un breve viaggio un pullman, siamo arrivati alla Pieve di San Valentino di Castellarano. In quel luogo, ad aspettarci, c’era uno dei memores domini di nome Corrado che, in chiesa, ci avrebbe raccontato la vita del beato. Dopo averci presentato la chiesa nella quale ci trovavamo, ci ha raccontato che Rolando nacque nel 1931, in una famiglia molto grande. Viveva in una casa con anche i suoi zii e cugini. Da bambino combinava molte “marachelle” e sua nonna gli diceva sempre: “Tu diventi un santo o un vandalo”. Gli diceva questo perché Rolando era di cuore buono e generoso, però combinava spesso dei guai. Mentre Corrado raccontava l’infanzia di Rolando, alcuni di noi erano molto attenti, perché in un certo senso ci siamo rispecchiati in lui. Rolando era un ragazzino un po’ “monello”, che combinava guai e che era spesso al centro dell’attenzione. Queste caratteristiche ci hanno ricordato come eravamo noi da piccoli e questo ci ha aiutati a “sentire” Rolando” come uno di noi.

Addirittura alcuni di noi hanno pensato che Corrado avesse sbagliato persona e non ci stesse raccontando la vita di Rolando: come può un beato essere un combina guai? Più tardi ci si sono chiarite le idee. Corrado infatti ha proseguito il racconto dicendo che Rolando verso l’età di 10 anni capì che c’era qualcuno che univa tutte le persone del mondo e che questo “filo” che accomuna tutti è Dio creatore. Tutti proveniamo dalla stessa persona: Dio. Allora Rolando voleva conoscere questo Dio che ci ha creato, per rendergli omaggio. Rolando decise così di entrare in seminario. Ecco, qui abbiamo capito che Corrado non si stava sbagliando. Ogni tanto quando pensiamo a lui sorge una domanda: come è possibile che un ragazzino più piccolo di noi si sia chiesto una roba del genere? Ci ha stupito il comportamento di Rolando: combinava sempre guai, era un giocherellone, non tanto religioso, ma si chiedeva se ci fosse qualcuno di più importante di noi che ci ha creato. Una delle prime cose imparate sul beato è questa: chiederci nella vita se le cose che facciamo siano sensate e fidarci delle persone più importanti e grandi di noi.

Il racconto di Corrado è proseguito raccontando le ultime parti della vita di Rolando. Rolando vuole insegnare anche ai suoi amici l’amicizia con Dio e li vuole portare verso l’amicizia con Gesù. Questa sua testimonianza così forte inizia a procurargli dei guai e un giorno Rolando viene rapito da alcuni partigiani che lo portano a Monchio dove gli intimano: “O smetti di seguire Gesù o noi ti uccidiamo”. Rolando si inginocchia e viene ucciso con due colpi di pistola. Viene ucciso a 14 anni, nel 1945. Dalla vita di Rolando ci portiamo dietro i messaggi di cui abbiamo parlato, ma anche un messaggio ulteriore: cercare di vivere come Rolando, in modo generoso e autentico. Dopo il racconto abbiamo fatto visita alla piccola mostra della chiesa dove ci sono alcuni oggetti e informazioni sul beato.

Dopo la visita alla mostra siamo subito ripartiti verso il seminario di Marola: il seminario frequentato da Rolando. Dentro la chiesa del seminario don Domenico Reverberi, il nostro don, ci ha spiegato come era suddiviso il seminario ai tempi, ovvero in camerate da trenta persone e con ognuna un proprio simbolo. La camerata di Rolando era dedicata a Maria Immacolata. Ci ha poi proposto una riflessione sulla santità e molti di noi hanno preso appunti e hanno conservato nel loro cuore le parole del don. Inoltre, sempre in quella chiesa, è presente il maglione che indossava Rolando al momento del suo martirio. Il maglione presenta ancora in modo visibile due grossi fori dei proiettili con cui i partigiani lo hanno ucciso nel 1945. Molti di noi sono rimasti molto colpiti nel vedere quei due grossi fori.

È stata una bellissima esperienza che ci ha aiutato molto a ragionare su alcuni temi importanti. Ad esempio molti di noi hanno riflettuto sul tema del “dare la vita” per una persona o un sogno. Rolando ha scelto di stare al fianco di Gesù e di vivere per sempre con lui, anche a costo di morire. Questa è una cosa che facciamo un po’ fatica a comprendere, perché pensiamo che la vita sia molto preziosa e che vada vissuta al meglio. Allo stesso tempo sappiamo bene che se una persona vuole tanto bene ad un’altra è disposta a morire per lei. Questo gesto è per noi ancora confuso ma intuiamo che è molto prezioso e importante.

Filippo Orlandini
Francesco Capponi

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