San Mauro abate: la gioia di appartenere al Signore

Lunedì 15 gennaio l’arcivescovo Giacomo Morandi ha incontrato la comunità di Gaida per festeggiare San Mauro abate. Abbiamo ricevuto una cronaca della Messa dal gruppo per la Comunicazione della Unità pastorale “Beato Alberto Marvelli” (coordinato da Matteo Ferrari) che ha realizzato una diretta streaming dell’evento e le foto.

Animata dai musicisti della parrocchia di Villa Aiola, anche quest’anno la Festa di San Mauro Abate, celebrata nella chiesa di Gaida la sera di lunedì 15 gennaio, è stato un momento di pellegrinaggio. A concelebrare con l’Arcivescovo Giacomo Morandi erano l’amministratore parrocchiale dell’Unità Pastorale Alberto Marvelli don Giovanni Repetti, padre Didier Kouman e don Boniface Koyet Koua. Quella di San Mauro è una festa secolare a Gaida, vissuta come una tradizione dagli abitanti del paese.

L’Arcivescovo ha iniziato l’omelia commentando la liturgia del giorno come un fatto per certi aspetti drammatico: Saul è stato destituito perché non ha obbedito a un ordine del Signore, un ordine che vedeva lo sterminio degli Amaleciti, non solo degli uomini ma di tuto il bestiame. Dietro a queste forti espressioni però sussiste un messaggio spirituale, l’obbedienza, che troviamo nelle parole di Samuele: “obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti”. (Sam 15, 16-23).

Anche nella memoria di San Mauro, discepolo di San Benedetto, tramite le testimonianze risaliamo al vivere nella regola di San Benedetto: “ascolta o’ figlio la parola del Signore e inclina il tuo cuore”. Ed è proprio il cuore che il Signore vede e sa ascoltare.
L’altro pensiero – ha continuato monsignor Morandi – ci viene dal Vangelo: siete contenti che i discepoli di Gesù non digiunano? I farisei, che digiunavano almeno due volte a settimana, pongono questa domanda e Gesù, allora, disse loro: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro?” (Mc 2, 18-22.) ovvero: questo tempo che state vivendo non ha eguali nella storia della salvezza perché il Messia è qui e la prima conseguenza è la gioia, la gioia perché lo sposo è presente.

Siamo certi quindi che in questo senso San Mauro ha vissuto insieme a Benedetto la gioia di appartenere al Signore. Ed è proprio nel secondo insegnamento di questa parabola che il Signore ci vuole comunicare che la vita cristiana è una vita nuova, che cambia non soltanto un nostro aspetto, come il rattoppo di stoffa grezza, ma la sua interezza diventando nuove creature. E San Benedetto ha fatto proprio così; in un tempo in cui la società aveva modelli che non si ispiravano all’esperienza cristiana, egli invece di combattere ha mostrato la bellezza della vita cristiana, in modo tale che tante persone hanno intuito la bellezza e il fascino di questa vita.

Il cristianesimo – ha concluso il vescovo Giacomo – cresce per attrazione; ciascuno di noi si interroghi su qual’è la propria vita di fede così che la grazia di San Mauro ci aiuti a vivere in pienezza la nostra vita di comunità, e allora tanti sentiranno il fascino e la bellezza di essere realmente discepoli del Signore.

Matteo Ferrari

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