Sono sicuro che la sera dello scorso 16 dicembre al Concerto di Natale più di una persona abbia chiuso gli occhi per ritrovarsi, aiutato dalla musica e dalle parole, davanti al Bambino disteso sulla mangiatoia a Betlemme.
È stato il vicario generale monsignor Giovanni Rossi a dare il benvenuto ai tanti presenti seduti nella navata centrale della nostra Cattedrale, ricordando come siano passati 800 anni da quando san Francesco chiamò un uomo di nome Giovanni dicendogli: “Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”.
La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima.
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Lo stesso stupore si rinnova ogni anno nelle nostre case, mentre allestiamo, a fianco dell’albero di Natale, quell’avvenimento che ha cambiato così tanto, e continua a farlo, la storia dell’umanità.
I testi di Tommaso da Celano, lo storico biografo di san Francesco, e di Papa Francesco, letti da Paola Gassman, hanno fatto da corona al canto della mezzo soprano Daniela Pini, accompagnata da Giovanni Mareggini al flauto, da Giovanni Picciati al clarinetto, da Stefano Rava all’oboe, da Simonatta Bassino al violoncello e da Davide Burani all’arpa. Sono state eseguite musiche di Rutter, Adam, Haendel, Ceschina, Caccini, Mozart, Ortolani, concludendo con il classico Stille Nacht di Franz Xaver Gruber che ha strappato il lungo applauso segno dell’apprezzamento del tanto pubblico.
Il clima di contemplazione e di ascolto – ha commentato alla fine l’Arcivescovo monsignor Giacomo Morandi – che ci hanno appena regalato gli artisti per un segno così ammirabile come il presepe, ricorda, attraverso le parole di Tommaso da Celano, come il Signore sia entrato nella nostra storia in un modo che, come sottolinea spesso anche Papa Francesco, sconcerta i nostri schemi e il nostro modo di pensare. Un aspetto quasi scandaloso di un Dio che si fa piccolo per entrare nella vicenda umana. È bello che stasera attraverso la parola, la musica, il canto e le immagini sia passato questo messaggio. Non possono essere – ha concluso – solo le singole cose a comunicare la fede, ma l’unione di queste realtà mostra la bellezza di un messaggio che passa sì attraverso l’ascolto della Parola, ma anche con la musica, il canto e le immagini”.