A Reggio Emilia da alcune settimane circola un bell’avviso con invito a visitare una delle tante mostre di presepi di questo periodo, e specialmente in questo anno in cui si ricordano gli 800 anni della nascita del primo presepe a Greccio, in diocesi di Rieti. Per due giorni, però, è stato proposto anche uno spettacolo con un frate francescano che incuriosisce: non è più la solita visita! La novità attira, si sa già, e si cerca di conoscere meglio di che cosa si tratta. Chi c’è? Fra Marco Finco, che è un frate cappuccino, arriva da Milano ed è indubbiamente dotato di una bella voce, di una buona dose di simpatia e comunicabilità che fanno presa immediatamente sul pubblico che è presente. Tra musica, canti e racconti riesce tranquillamente ad ottenere l’attenzione silenziosa e interessata di grandi e piccoli. È abituato col Centro Culturale Rosetum: recita, canta e suona per passione con altri attori, clown, musicisti e, in questi giorni, proponendo in più luoghi uno spettacolo sulla bellezza dei presepi.
A Reggio racconta l’idea appassionata di un innamorato di Gesù Cristo, quale era san Francesco, di poter vedere coi suoi occhi che cosa successe la notte in cui nacque quel Bambino speciale. Intanto, interagendo coi presenti, fa scoprire il vero nome di Francesco che era Giovanni, detto Francesco, cosa che davvero conoscono in pochi.
Con un modo di fare tranquillo, ma nello stesso tempo vivace, e con l’aiuto di pochi attrezzi di scena – così si potrebbero chiamare: canne di bambù, sacchetti di sabbia, casette di legno, una riproduzione della roccia nella grotta di Greccio, una chitarra, musica su cd, canti suoi dal vivo… – narra il desiderio di Francesco, esploso in una notte, ma chissà quante volte pensato.
Il grido che fa commuovere: voglio un bue! Urla Francesco quella notte, svegliando tutti i frati che ascoltano il suo sogno e subito si adoperano per realizzarlo con affetto e buona volontà. Ed ecco chi pensa alla paglia e alla cometa e a tanto altro, mentre Francesco incarica l’amico Giovanni Velita di individuare il luogo adatto per riprodurre la Natività, luogo che sarà, una grotta, a Greccio.
Fra Marco, mentre racconta, esprime tutto l’andare e il venire delle persone più disparate per allestire quello che diventerà il primo presepe della storia, oltre al bue, un asinello, la mangiatoia, la paglia… e tanti doni che la gente portava per quella Santa Notte. Sembra di vedere un andirivieni di persone che vogliono partecipare perché nulla manchi al neonato Gesù come invece gli sarà mancato nella realtà. Fino al misterioso apparire di un piccolo Gesù in carne e ossa durante la Messa. Chissà che cosa sarà successo veramente!
Quando il sogno diventa realtà e si ha il cuore pieno di un desiderio così impellente di vivere con Chi ami, tutto è possibile.
Fa una tenerezza infinita pensare a quello che per più volte fra Marco ripete: il presepe è la storia di un’amicizia.
Prima Gesù con Francesco e Francesco con Gesù, poi tutti… perché il Grandissimo si è fatto piccolissimo e il piccolissimo (Francesco era anche fisicamente piccolo di statura) è diventato grandissimo. Difficile pensare questo uomo, così umile, tanto grande, ma è la verità. Francesco che vibrava al solo sentire il nome di Gesù e che teneramente pronunciava la parola Betlemme quasi belando e passandosi la lingua sulle labbra come se assaporasse un po’ di miele, con la sua semplicità ha conquistato i cuori di migliaia di persone in tutto il mondo.
Chi si umilia sarà esaltato, ripete il Vangelo. Per lui umiliarsi non sarà solo un atto volontaristico: chi ama, piano piano, diventa simile all’Amato.
In questa prospettiva, fra Marco, in poco più di quaranta minuti trasmette, e non solo con le parole, il fascino di un’amicizia esclusiva che non può che essere inclusiva perché se la volontà dell’Amato è che “tutti gli uomini siano salvi”, come è, Francesco avrà, ed ha, la stessa volontà.
Fabiana Guerra