Sintesi della nuova lettera dell’Arcivescovo alla Diocesi

“Discepoli ardenti” titolava in prima pagina La Libertà della settimana scorsa. Pur nella sintesi estrema a cui costringono le aperture giornalistiche, abbiamo cercato così di cogliere il succo della Convocazione ecclesiale del 23 settembre scorso e della Lettera pastorale “Non ardeva forse in noi il nostro cuore? (Lc 24,32). Discepoli sapienti e appassionati del Regno di Dio”, che è stata presentata in quell’occasione in Cattedrale e che i nostri abbonati all’edizione cartacea riceveranno insieme al numero del giornale diocesano in uscita il prossimo 4 ottobre.

Invitando a una lettura integrale del testo, tentiamo qui una sintesi della lettera scritta da monsignor Giacomo Morandi, più corposa rispetto a quella consegnataci nel settembre 2022, premesso che la visione d’insieme, anzi la stella polare come la chiama l’Arcivescovo, è sempre la comunione, come ben fissava, un anno fa, il primo documento “Un cuor solo e un’anima sola”.

La copertina della lettera pastorale consegnata ai fedeli il 23 settembre 2023
SAPIENZA DEL CUORE 

Della sapienza del cuore il vescovo Giacomo aveva parlato già per la festa della Natività di Maria, l’8 settembre, nel santuario della Madonna della Ghiara: è questa Sapienza, la capacità di amare con tutto se stessi, a cui il pastore fa riferimento nella nuova lettera alla Diocesi, in cui adotta la stessa icona dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35) che accompagna l’avvio della seconda fase del cammino sinodale della Chiesa italiana.

Si capisce dal tenore appassionato e paterno del testo il desiderio di monsignor Morandi che rimaniamo umili e aperti alle sorprese di un Dio che non sarà mai inquadrabile in un algoritmo, così come la Chiesa non deve ridursi a un ente erogatore di servizi “on demand”, come si dice oggi; il pastore ci vuole capaci di imparare dai poveri, sul modello di Blaise Pascal, “uno stile di essenzialità e abbandono alla Divina Provvidenza, di cui abbiamo bisogno”; con quella sana inquietudine che tiene sempre aperta la porta del cuore alle domande, perché di continuo si lascia interpellare dalla realtà e perfino dai “mondi che ci sono estranei e a volte pure ostili”.

Il pastore ci chiede di rinnovare la nostra fede, di pregare perché anche noi e le nostre comunità sentiamo ardere il nostro cuore e, lungo il pellegrinaggio della vita, promuoviamo la corresponsabilità e la sinodalità; uno stile, quello sinodale, che non cancella le differenze, ma riesce a farle convergere “su ciò che è essenziale per il Bene di tutti”.

La lettera contiene anche indicazioni puntuali, tra cui la prossima riattivazione del Consiglio Pastorale diocesano, sciolto ormai da diversi anni, l’istituzione di un gruppo di lavoro che valuti i contenuti e le modalità della nuova evangelizzazione nel nostro territorio e la proposta di una due giorni per i giovani che, come la GMG lusitana ha confermato, costituiscono una risorsa vitale per la Chiesa diocesana.

I DISCEPOLI DI EMMAUS

Ora torniamo all’icona dei discepoli di Emmaus: essi, commenta Morandi, sono l’emblema di una comunità delusa e affranta, bloccata nel necessario discernimento proprio da questa condizione di tristezza. L’esame di coscienza che il Vescovo ci propone è sia personale che comunitario: “Non siamo forse tentati – si chiede a un certo punto – di assecondare un pensiero e un sentimento di rassegnazione, sperando in un declino almeno dignitoso?”. L’alternativa alla tristezza è domandarci che cosa il Signore ci sta dicendo e immettere più creatività (e meno nostalgia per un tempo che non torna) tanto nei percorsi di iniziazione alla fede di bambini e giovani quanto nella formazione di adulti e anziani.

Affinché il discernimento si realizzi effettivamente, è fondamentale far sì che i pensieri più profondi emergano dal nostro cuore, anche perché – mette in guardia il pastore – fra le strategie del nemico c’è proprio quella di lasciarli giacere in una latenza che alimenta solo l’amarezza. Per questo, scrive, “uno dei ministeri più importanti che, come presbiteri e diaconi, siamo chiamati a compiere è proprio questo: ascoltare senza avere la pretesa di aver compreso e di avere soprattutto una risposta immediata”, ricordando che l’arte del discernimento degli spiriti passa sempre attraverso l’ascolto della Parola di Dio e non si può prescindere dall’azione dello Spirito Santo, l’unico protagonista dell’evangelizzazione.

VISIONE PASQUALE

Proprio dalla Parola di Dio, e dall’icona evangelica dei discepoli di Emmaus, monsignor Morandi trae il criterio principale del cristiano per le decisioni da assumere: “Se il Risorto lungo la via concentra tutta l’attenzione sulla Pasqua che era stata annunciata da Mosè e da tutti i Profeti – annota il pastore – significa che il discernimento è sempre intimamente connesso con questo evento!

Ciò comporta, per esemplificare, che nel momento in cui siamo chiamati a scegliere o prendere una decisione rilevante, la domanda che ci deve guidare e orientare è se questa eventuale risoluzione ci avvicina o, al contrario, ci allontana dalla Pasqua di Cristo”.

E la Pasqua implica sempre una consegna e un essere consegnati, rinnegare la “filautìa”, ossia l’amore sbagliato di sé, per prendere la croce e seguire Cristo. “La prima morte che siamo chiamati a vivere – spiega monsignor Morandi – è quella dell’individualismo e dell’autoreferenzialità che contaminano e ammorbano anche le realtà più belle e significative della nostra vita. Promuovere e sostenere un progetto nella logica della Pasqua significa portarlo avanti senza la pretesa che si affermi a tutti i costi o con modalità aggressive che nulla hanno a che vedere con il Vangelo”.

“Il nostro itinerario sapienziale – aggiunge – dovrà essere orientato, pertanto, a discernere che cosa dobbiamo rimuovere perché possa risplendere la bellezza della nostra vita ecclesiale. Quali situazioni richiedono una purificazione, quali incrostazioni impediscono di manifestare appieno la vita nuova?”.

Al culmine dell’itinerario, come mostra ancora l’episodio dei discepoli di Emmaus, c’è il riconoscere Gesù nel gesto della frazione del pane. “Partecipare all’Eucaristia – scrive ancora l’Arcivescovo – implica pertanto la morte di quella mentalità individualista che ci fa ripiegare sui nostri progetti, problemi e speranze, per assumere, al contrario, uno sguardo che si apre sull’Altro”.

Dal percorso sapienziale e di discernimento delineato nella lettera, provengono alcune ricadute personali e pastorali: rimanere in un atteggiamento di stupore e meraviglia; ricorrere di frequente a un salutare bagno di umiltà; dare il primato alla conversione personale, come purificazione del cuore; conservare, durante il percorso, una sana inquietudine.

INDICAZIONI PASTORALI

Il documento offre infine una serie di indicazioni pastorali per la Chiesa reggiano-guastallese alla luce della Sapienza, ricalcate sulle linee guida che la CEI ha elaborato dopo la prima fase del cammino sinodale dedicata all’ascolto e alla narrazione.

Oltre alla prossima riattivazione del Consiglio Pastorale diocesano e alla convocazione di una due giorni per i giovani, di cui abbiamo già detto, il vescovo Giacomo propone che per l’inizio dell’anno pastorale si svolga un ritiro spirituale in ogni vicariato e che anche in Avvento e Quaresima siano organizzati dei ritiri per ogni unità pastorale; i testi sapienziali dell’Antico Testamento sono consigliati sia per gli incontri biblici sia per i ritiri mensili dei presbiteri.

Ancora, monsignor Morandi chiede che il modello della “Conversazione nello Spirito” diventi una consuetudine nelle differenti riunioni degli organismi parrocchiali e diocesani e desidera affrontare, soprattutto in sede di Consiglio Presbiterale, il tema della qualità della vita dei preti.
In direzione di un rinnovato annuncio cristiano nelle nostre terre, nel paragrafo intitolato “La Missione” l’Arcivescovo annuncia l’intenzione di costituire un gruppo di persone che, “in ascolto dello Spirito Santo e della Parola di Dio, avviino un discernimento su contenuti e modalità di attuazione di questa nuova evangelizzazione e missione”.

Non manca, sempre nel solco delle linee guida della Chiesa italiana, un’attenzione speciale per il cambiamento e la semplificazione delle strutture, già anticipata dalla nomina di don Enrico Ghinolfi a vicario episcopale per la valorizzazione e l’utilizzo del patrimonio immobiliare, a cominciare da un censimento, nei vicariati e nelle unità pastorali, per “verificare con franchezza lo stato di queste strutture e la rilevanza pastorale delle attività promosse”.
Nella consapevolezza, che si acquisisce sempre alla scuola dei Sapienti d’Israele, che non esistono ricette immediate per problemi che, per essere affrontati efficacemente, vanno anzitutto accolti, ascoltati e osservati “non con l’animo del giudice, ma del fratello e della sorella”.

“Non ardeva forse in noi il nostro cuore?”. Lettera del Vescovo alla Diocesi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *