Nella Convocazione per l’inizio d’anno presentati gli Orientamenti pastorali
Prima che un acquazzone si rovesci su piazza Prampolini, nel pomeriggio di sabato 23 settembre c’è il tempo perché il momento dell’accoglienza si svolga all’asciutto: il vescovo Giacomo saluta i convenuti per l’inizio dell’anno pastorale davanti alla Cattedrale con un sorriso, una battuta, una stretta di mano.
È il momento diocesano che, dal 2022, sta diventando consuetudine: la presentazione degli Orientamenti per la Chiesa reggiano-guastallese, seguita dalla celebrazione eucaristica concelebrata, insieme al pastore, dai suoi vicari, dai presbiteri e dai diaconi; quest’anno è presente anche don Gabriele Burani, rientrato dalla missione in Amazzonia.
ITINERARIO SAPIENZALE
Introdotta dalla lettura del brano evangelico di riferimento (Lc 24,13-35), l’illustrazione della nuova lettera alla Diocesi è fatta da monsignor Giacomo Morandi con il trasporto e la chiarezza teologica che abbiamo imparato a conoscere. Le prospettive in cui la nostra Chiesa si muove sono quelle dell’evangelizzazione e della comunione.
E per il 2023-2024 l’Arcivescovo, in sintonia con la CEI, propone un itinerario sapienziale per scoprire come “comprendere ciò che il Signore desidera da noi”. C’è una sapienza antica – possiamo attingervi dagli specifici libri dell’Antico Testamento – e c’è una sapienza inquieta, dice Morandi: quando si prendono decisioni, occorre anzitutto porsi davanti a Dio e chiederci se il nostro è un cuore purificato.
Il sapiente è l’uomo che ha gustato quanto è buono il Signore e quanto l’essere discepoli riempia tutta la vita. Avviare la fase sapienziale vuol dire che iniziamo un cammino di conversione personale, che non possiamo eludere.
E la prima conversione, sottolinea il pastore, è quella dall’autoreferenzialità. L’itinerario proposto dunque deve svolgersi imparando dai sapienti di Israele ma non può prescindere dalla scuola del Risorto, per acquisire – come i discepoli di Emmaus, tentati di fuggire davanti al sepolcro vuoto – la sapienza del cuore.
Come a quei viandanti, può capitare anche noi la contraddizione di aver assimilato i contenuti della fede e, nonostante questa conoscenza, essere tristi. Per tornare a farci ardere il cuore non c’è che la Parola di Dio, perché tutto nella vita converge sulla Pasqua, e il dono dell’Eucarestia, dove avviene il “riconoscimento” del Risorto. Per quanto riguarda le ricadute pastorali di questa impostazione filosofico-teologica si rimanda alla sintesi della lettera alla Diocesi pubblicata sul numero de La Libertà del 27 settembre.
LA MESSA
Sono le 17.30 quando ha inizio la Messa, con la fedele animazione del Coro diocesano e le riprese del Centro Comunicazioni sociali (la registrazione video integrale della Convocazione ecclesiale è disponibile sul canale YouTube diocesano La Libertà Tv).
Prima della benedizione, monsignor Morandi consegna la sua lettera ai rappresentanti di unità pastorali, associazioni e istituti religiosi. Tra una settimana, i nostri abbonati all’edizione cartacea ne riceveranno copia insieme al giornale diocesano.
Le letture della XXV domenica del Tempo Ordinario, commenta il vescovo Giacomo, ci mostrano la bontà di Dio, che largamente perdona e la sua logica, assai diversa da quella umana, supera di gran lunga i nostri metri decisionali e operativi. “Niente può fermare la misericordia di Dio, che fa nuove tutte le cose”, dice il presule. E la riprova della distanza tra vie divine e umane si ha nel testo evangelico degli operai per la vigna che il padrone chiama a orari diversi e retribuisce in uguale misura (Mt 20,1-16).
Una parabola letterariamente semplice, ma difficile da “deglutire”, dice Morandi. Forse perché in quello scambio tra il padrone della vigna e gli “ultimi” (“Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”; “Perché nessuno ci ha presi a giornata”) c’è un velato rimprovero alla comunità cristiana. Ecco che “bisogna andare a cercare”, con “insistente compassione”, i fratelli e le sorelle che non vengono a messa.
A darci da fare è anche la scelta “economica” di Dio: “Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”, come se dimenticassimo che essere operai della prima ora è una “grazia immensa”. Dobbiamo essere contenti che fino all’ultimo momento – com’è accaduto al ladrone pentito sulla croce – la grazia di Dio trovi un varco per raggiungere che le ha resistito per una vita intera. Per dirla con François Charles Mauriac: Dio è una buona tentazione e alla fine molti uomini le soccombono.