La vita cristiana? Anzitutto gioia

La vita cristiana è prima di tutto un’esperienza di gioia. Lo ha detto monsignor Giacomo Morandi nella Basilica della Ghiara la sera di mercoledì 31 maggio, festa della Visitazione della Beata Vergine Maria, concludendo con la recita del Rosario, nei misteri della gioia, il mese dedicato alla Madonna. L’esperienza della gioia – ha commentato l’Arcivescovo – è intimamente legata alla fede, sebbene non sia sempre così evidente, perché quando parliamo della vita cristiana la tentazione è subito quella di associarla a temi come il dolore e la croce. Ma la gioia è fondamentale e non è un caso che quando Gesù inizia il suo ministero pubblico, nel primo grande discorso che troviamo nel vangelo di Matteo, ripeta ben otto volte “beati voi”, “felici voi”. Il Signore vuole che la comunità dei discepoli si apra alla gioia profonda legata non tanto a ciò che essi sono, ma innanzitutto a ciò che Dio è per loro, all’economia della salvezza divina. 

Questa espressione – ha spiegato il pastore – vuole dirci che ciò che è accaduto e ciò che accade è frutto di un disegno sapiente. Quando sfogliamo le pagine scritte dagli evangelisti ci accorgiamo come essi siano sempre pronti a rilevare che ciò che si verifica era stato profetizzato, poiché Dio è fedele. 

Il cristiano è nella gioia – ha poi proseguito monsignor Morandi nella sua riflessione spirituale – dal momento che sente quanto è prezioso agli occhi di Dio; “Che cos’è l’uomo perché te ne curi, il figlio dell’uomo perché te ne dia pensiero?”: già nel Salmo ottavo l’orante esprime tutto il suo stupore nel percepire che l’uomo – così fragile e contrassegnato dalla caducità e dal limite – è però oggetto della cura e della premura di Dio. Ed è per questo che scrivendo ai Galati san Paolo afferma che il frutto dello Spirito è amore e gioia. 

“Credo che questo – ha detto Morandi – sia oggi il grande dono che noi possiamo fare in un tempo in cui forse saremo tentati di assecondare sentimenti di avvilimento e di rassegnazione”, riferendosi alla gioia che non è data dall’assenza di prove ma proviene dalla certezza della presenza dell’Emmanuele. Certo, essere degli evangelizzatori della gioia può apparire al credente un compito arduo: sembra quasi che egli non possa permettersi il lusso dell’avvilimento o della mormorazione; possiamo anzi dire che queste tentazioni sono soltanto una parentesi, una breve vacanza, all’interno di una vita che invece si sviluppa e cresce costantemente nella gioia. 

Come riconosce ancora Paolo scrivendo ai Corinzi, noi siamo pronti a confortare, pur essendo in mezzo alle tribolazioni, affinché coloro che soffrono possano sperimentare la consolazione spirituale. È quello che chiediamo innanzitutto per la nostra Chiesa: che sappia cantare la gioia del Magnificat, pronta a rendere ragione della speranza che è in lei.

Monsignor Morandi si è poi soffermato sul carattere missionario della festa della Visitazione, in cui si ricorda la Santa Vergine che raggiunge la cugina più anziana per assisterla negli ultimi mesi prima del parto: in fondo questo portare Cristo ancora nel grembo – ha commentato – è il primo esodo di Gesù, la prima evangelizzazione. Anche Papa Francesco, nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, ci invita a riscoprire la gioia dell’evangelizzazione, vincendo quell’atteggiamento passivo che il Pontefice definisce “la psicologia della tomba”. Rifuggendo la prospettiva del rimpianto e della rassegnazione, ognuno di noi – ha concluso il pastore – lasci calare questa domanda nel proprio cuore: “Che cosa mi stai chiedendo, Signore?”. Un interrogativo che tutta la Chiesa, nella prospettiva della testimonianza, è chiamata a porsi. Come avverrà, in modo particolare, nella due giorni pastorale del 9 e 10 giugno al Sacro Cuore.

Edoardo Tincani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *