Sconfitta o fallimento

Siamo a fine stagione, i campionati stanno più o meno finendo tutti e dal campo arrivano i primi verdetti dai dilettanti ai professionisti.

E quando è il campo a decidere, certi risultati appaiono come sentenze inappellabili, a volte crudeli e ingiuste.

La grande differenza tra il pianeta dei dilettanti e il mondo dei prof sta tutta nel peso economico che la posizione in classifica porta con sé, ma ciò che vale dappertutto è quello che provano i giocatori e non solo all’indomani di questo o quel risultato.

Le emozioni in questo caso non hanno categoria ma accumunano tutti coloro che ogni domenica dell’anno giocano a calcio dai campi infangati della terza categoria o quelli iper-curati della serie A.

A mettere tutti sulla stessa barca è la passione, questa enorme forza che muove milioni e milioni di appassionati tra praticanti e non.

Capita così che trovi professionisti costretti a giustificarsi davanti ai propri tifosi per un’annata storta (vedi tutto il Milan radunato sotto la curva a colloquio coi propri supporter) a quelli che chiedono scusa promettendo riscatto (come i giocatori doriani dopo la retrocessione della Samp in serie B) per arrivare ai “drammi” dei campi minori dalla serie D in giù dove spesso tifosi, dirigenti e giocatori sono le stesse persone.

Succede che all’ultima giornata, in vantaggio di due punti, si butta via un campionato intero vedendo sfumare la promozione alla categoria superiore sprofondando in uno psicodramma che impedisce pure di giocarsi i playoff con la testa leggera. Oppure c’è chi retrocede allo spareggio playout o chi lo ha fatto subendo gol all’ultimo minuto nella partita decisiva.

La beffa in questi casi è sempre dietro l’angolo e inevitabile si presenta alle porte come ospite indesiderato lasciando sul campo incredulità e delusione.

Che sia la finale di un Mondiale o l’addio a sogni di Promozione, le lacrime dei ragazzi in campo sono sempre le stesse. E anche questo rientra nella bellezza dello sport: alla fine ad emergere sono sempre le persone oltre alle doti che servono per giocare. In quella disperazione c’è tutta la passione di chi si dà totalmente a questo sport.

Inevitabile dopo ogni sconfitta inizia il rito della ricerca spasmodica delle colpe con i bar di ogni paese che si trasformano in tribunali con il banco degli imputati pieno tra giocatori, dirigenti anche se il vero colpevole per questa giustizia sommaria è sempre uno, il mister. Succede così in serie A, vuoi che non succeda in Prima Categoria?

Se a calcio si giocasse al bar ogni lunedì mattina, probabilmente avremmo tutti vinto uno scudetto o qualche Champions League.  Ma anche il calcio da bar fa parte del gioco e ben venga se serve ad alimentare la passione per la propria squadra.

Ma la vera domanda del post-partita è se un mancato obiettivo sia un fallimento o semplicemente una sconfitta che fa parte del percorso.

Tra delusione, frustrazione, scoramento e rabbia verrebbe da dire che dopo un campionato passato in testa, perderlo all’ultima giornata, è un fallimento. Gettare al vento un’occasione così ghiotta con due risultati su tre a disposizione è da karakiri. E quello che spesso rimane è la prestazione scialba, gli episodi tutti a sfavore e le scelte dell’allenatore.

Ma si sa che giocare le partite dopo è sempre facile.

A mente fredda, per chi è nello sport e di sport ne mastica, non può parlare di fallimento. Non esiste fallimento nello sport. Esiste la sconfitta. Che fa parte dello sport così come fa parte della vita.

Anzi è parte integrante dello sport.

Perdere fa male. Gli sguardi persi nel vuoto di giocatori e staff dopo il triplice fischio dell’arbitro la dicono molto più lunga delle lingue lunghe tra le tribune o per le vie del paese.

Il silenzio che urla in certi spogliatoi dopo certe cocenti batoste descrive molto bene il dramma interiore che si prova dopo una partita finita male.

Lo sport è fatto di essere umani e perciò fallibile e forse anche per questo nella sua crudeltà rimane bello perché fatto di emozioni e sentimenti.Dove c’è passione c’è sicuramente qualcosa di bello, vivo e positivo.

E certe sconfitte, come si suole dire di certe cadute, servono per imparare e rialzarsi.

Lasciamo i fallimenti alle cose più importanti della vita e magari pensiamo che anche una sconfitta possa servire ad alimentare il fuoco della passione.

P.s. La sfinge continua ad essere onfire (chi ha orecchi per intendere, intenda…)

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