Giovedì 20 aprile, al Centro pastorale di Baragalla, si è tenuta la conferenza sulla sinodalità “La partecipazione nella Chiesa: un’altra prospettiva. La sinodalità nella teologia e nella prassi della Chiesa Ortodossa” tenuta dal presbitero ortodosso Aleksej Dikarev.
Seguendo il titolo della conferenza, padre Aleksej ha suddiviso il suo intervento in due momenti: il primo, più di carattere teologico, ha presentato la visione ortodossa della sinodalità e il dibattito teologico sottostante, il secondo, più di carattere pratico, ha presentato la prassi sinodale ortodossa.
Padre Alekesj ha iniziato la sua riflessione dalla traduzione che le Chiese ortodosse paleoslave fanno del predicato “Chiesa cattolica” presente nel credo. Esse lo traducono con il termine “sobornjy” il cui significato è duplice: la Chiesa cattedrale e il Concilio. “Questa particolarità mette in evidenza la coscienza della Chiesa Ortodossa per la quale la sinodalità fa parte della natura stessa della Chiesa. L’ortodossia definisce la Chiesa come sinodale o conciliare”.
Questa particolarità della traduzione del credo ha suscitato un forte dibattito nei secoli XVIII e XIX particolare tra la corrente degli “slavofili” e l’ecclesiologia eucaristica. Mentre per i primi la Chiesa è unità nell’amore, per la seconda la Chiesa è unità nella diversità a modello della Trinità e la manifestazione di questo avviene nell’Eucarestia.
Nell’Eucarestia la Chiesa, celebrando il mistero del Corpo di Cristo, celebra la sua unità come corpo mistico e lo fa per mezzo della partecipazione di tutti i suoi membri organizzati gerarchicamente a partire dal vescovo il quale rende visibile la presenza di Gesù. Il modello Trinitario, l’unità nella diversità, va applicato a tutti i livelli della vita della Chiesa: diocesano, regionale e universale.
A livello diocesano, come per l’ortodossia è impossibile celebrare l’Eucarestia senza il popolo, così anche il governo della Chiesa locale non può avvenire senza il popolo. Il vescovo governa la Diocesi con l’aiuto del clero e dei laici che si esprime nelle assemblee diocesane che devono essere convocate almeno una volta l’anno. Tra una convocazione e l’altra la Diocesi viene guidata dal consiglio diocesano che consiste di almeno quattro presbiteri, due dei quali nominati dal vescovo e altri due dall’assemblea diocesana.
Il secondo livello è quello regionale poiché, sebbene ogni Chiesa locale abbia la pienezza dell’ecclesialità, essa non è auto-sufficiente. Il livello regionale è un insieme di Chiese locali di una regione, provincia o paese e possono essere metropolie, arcivescovadi o patriarcati. Le aggregazioni delle Diocesi si sono formate lungo la storia soprattutto per motivi canonistici.
Il Canone apostolico 34 afferma che: “I vescovi di ciascuna nazione devono riconoscere colui che è il primo tra di loro e considerarlo loro capo e non fare nulla di importante senza il suo consenso…”. Vengono così descritte le due dimensioni fondamentali: sinodalità e primato. Queste due realtà inseparabili devono interagire tra di loro per salvaguardare il principio unità nella diversità: il primato garantisce l’unità e la sinodalità permette la diversità, se questa unità nella diversità si mantiene si realizza la vita della Chiesa sul modello della Trinità.
Per l’ecclesiologia ortodossa l’espressione suprema della sinodalità è il Concilio Ecumenico, tuttavia, dopo lo scisma del 1054, in Oriente la chiesa non ha mai convocato un concilio panortodosso fino al 2016 con il Concilio di Creta, che purtroppo, è stata però un’occasione mancata per l’assenza di quattro Chiese autocefale. Per padre Alekesj tra le difficoltà nella convocazione di un Concilio da parte delle Chiese ortodosse c’è proprio l’ecclesiologia eucaristica la quale, riscoprendo la Chiesa locale, ha portato a sottovalutare l’universalità della Chiesa chiudendo le Chiese autocefale in loro stesse.
“Nessun Concilio Ecumenico può dettare le decisioni alle Chiese autocefale finché queste non approvano le decisioni del Concilio, ma nella storia dei Concili vediamo che i vescovi partecipanti rappresentavano le loro Chiese per cui non c’era bisogno di approvare i Concili a livello locale. I concili ecumenici erano ben consapevoli della loro autorevolezza”. Si vede così il nodo irrisolto dell’ortodossia che è il rapporto tra sinodalità e primato a livello universale e questo porta a un indebolimento dei rapporti tra le Chiesa autocefale tanto che, a seguito dell’autocefalia concessa all’Ucraina nel 2018, la Chiesa ortodossa vive in una situazione di scisma interno.
Il Concilio di Creta e la vicenda Ucraina mostrano così la mancanza di unità tra le Chiesa autocefale che non permette di realizzare la sinodalità a livello universale isolando le Chiese in loro stesse. Padre Alekesj ha concluso il suo intervento con una riflessione che può valere anche per noi cattolici: “A ogni livello si può realizzare la sinodalità come unità nella diversità, ciò che manca spesso è la prassi di questa sinodalità”.
Alessandro Zaniboni
Segreteria teologica