Rolando Rivi, La forza di farsi riconoscere

Preceduta dalla recita del Rosario dei martiri come preghiera per la pace, la memoria del beato Rolando Rivi è stata rinnovata nella Messa che l’arcivescovo Giacomo Morandi ha presieduto la sera di martedì 18 aprile nella Basilica cittadina della Madonna della Ghiara, alla presenza di una reliquia del seminarista martire beatificato a Modena ormai dieci anni fa.

È stato ricordato il 78° anniversario della sua nascita al cielo: era venerdì 13 aprile 1945 quando il quattordicenne, inseparabile dall’abito talare, fu ucciso da un manipolo di partigiani comunisti accecati dall’ideologia, in odio alla sua fede cristiana, dopo essere stato trascinato in un bosco, a Piane di Monchio (Modena), dove tutto era pronto per il suo supplizio; il commissario politico del gruppo sparò due colpi di pistola contro il ragazzo, mentre questi in ginocchio pregava per i genitori invocando la misericordia del Signore. Appartenere a Cristo era la sua più grande aspirazione, perciò ripeteva come un motto: “Io sono di Gesù”.

Commentando il vangelo del giorno (Gv 3,7-15), monsignor Morandi si è soffermato sulla figura di Nicodemo, che la prima volta cercò il Signore di notte, per la paura di essere riconosciuto come un discepolo o un simpatizzante di Gesù, mentre poi scorrendo le pagine del racconto scopriamo che arrivò a prendere pubblicamente le sue difese e, una volta che il Maestro morì sulla croce, ebbe il coraggio di chiedere la sepoltura del suo corpo.
Leggendo il primo dialogo con Gesù si scopre come la Sua parola trovi Nicodemo impreparato, il che – ha detto il pastore – è una costante del vangelo di Giovanni.

A suonare equivoco è l’invito del Signore a “rinascere dall’alto”, che Nicodemo interpreta come “nascere di nuovo”. “Rinascere dall’alto è possibile grazie all’acqua e allo Spirito Santo”, ha chiarito il presule, per cui occorre ragionare non in termini umani ma spirituali, “secondo il pensiero e il cuore di Dio”. Ed è la croce il luogo in cui l’uomo sperimenta la potenza e la sapienza di Dio.

A questo punto l’Arcivescovo ha riflettuto sulla parte finale della risposta che Gesù diede a Nicodemo, quando disse che “bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.
“Qui – ha detto Morandi – celebriamo l’innalzamento del beato Rolando Rivi, nella debolezza di un ragazzo entusiasta, zelante, che con la sua semplicità ha mostrato la forza trasfigurante della croce”, sottolineando che in quella sua espressione “Io sono di Gesù” è condensata tutta la fede della Chiesa.

Il giovanissimo seminarista reggiano ha mostrato con la sua vita la potenza del nome di Gesù. “Il martire a un certo punto non parla più, non è più mosso dal desiderio di convincere i suoi detrattori e carnefici, ma semplicemente – ha detto ancora monsignor Morandi – fa vedere il Vangelo. Questa è la sua forza. E comprendiamo che Rolando Rivi è sulla scia dei grandi costruttori del regno dei cieli”.

In particolare, oltre a vivere fino alla fine la sua professione di fede, il beato ci insegna a resistere al desiderio di vendetta (la “sindrome dei figli del tuono” Giacomo e Giovanni i quali, diretti a Gerusalemme con Gesù, si chiedevano se non fosse il caso di invocare un fuoco dall’alto per bruciare il villaggio samaritano) con la capacità di perdono.
“Il martire – ha affermato il presule – è una spina nel nostro fianco, che ci fa uscire dalla nostra pavidità, dal tentativo di ridurre l’esperienza cristiana a qualcosa di semplicemente intimo, senza necessità di una manifestazione. Ma questa manifestazione non può che essere sulla via del Maestro. Essere assimilati a Cristo è una grazia”.

“Rolando – ha concluso l’Arcivescovo – muore in un bosco, lontano dai grandi circuiti, seppellito in una storia che sembra passata; in realtà il chicco di grano se muore per amore produce frutto e noi oggi vediamo come il Signore lo ha innalzato”, pertanto, in questi tempi così tragici in cui la furia devastatrice della guerra investe con una nuova, tremenda ondata l’Europa, “abbiamo bisogno di Rolando e di mettere nelle nostre relazioni la forza che viene dall’adesione a Cristo”.

Al termine della celebrazione, animata dai canti del Coro “Dulcis Christe”, il Comitato Amici di Rolando Rivi ha donato all’arcivescovo Morandi la prima copia del libro di Franco Nembrini “I Santi di Dante”, con l’intervento che l’autore ha tenuto nella Pieve di San Valentino nell’autunno scorso.
A tutti i partecipanti è stato anche distribuito il nuovo santino con la preghiera per la vita nascente e l’immagine di Maria calice di Cristo che porta Gesù nel grembo “con ineffabile amore”.

Monsignor Giacomo Morandi ha concluso l’omelia chiedendo che, grazie alla mediazione di Rolando e sull’esempio del cammino intrapreso da Nicodemo, non abbiamo paura di essere riconosciuti discepoli di Gesù, a cui apparteniamo.

Edoardo Tincani

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