Aggiogare i buoi per poi attaccarli al carro o all’aratro era compito del bifolco, che li accudiva tutti i giorni e loro ne riconoscevano la voce. Ma prima ancora lo stesso bifolco li doveva abituare ad uscire e rientrare nella stalla senza creare problemi, portare il giogo, tirare entrambi con lo stesso impegno e la stessa forza, attività che in gergo veniva chiamata: abituarli perché tirassero pari. Allo stesso modo venivano addestrati al giogo anche le mucche che, oltretutto, ogni anno partorivano un vitello e producevano latte per la famiglia.
Così come i bovini, venivano addestrati al tiro i cavalli, i muli e gli asinelli; questi ultimi, in genere, venivano preferiti da piccoli nuclei familiari con modeste estensioni di terreno da lavorare, con altrettante modeste quantità di prodotti da trasportare. Ma, oltre al bifolco, c’era chi si era specializzato in questa attività di addestramento facendone un secondo mestiere, spesso insieme a quella del contadino, in particolare quando questa attività non garantiva un reddito sufficiente per tutta la famiglia. E non erano pochi nel mondo agricolo, specialmente nel campo delle grandi aziende, coloro che preferivano acquistare animali già addestrati, sapendo peraltro di doverli pagare molto di più del loro normale valore di mercato.
Pur essendo abituati al tiro, per questi animali c’era un ulteriore problema: la strada.
È vero che a quel tempo il transito di mezzi motorizzati era limitatissimo, ma nel momento in cui fosse stato incrociato un autoveicolo, gli animali si potevano imbizzarrire e allora era necessario, per le prime uscite, stare loro a fianco per mantenerli tranquilli.
Anche per alcuni lavori in campagna gli animali dovevano essere guidati come i buoi durante l’aratura o il cavallo che trainava le prime macchine da falciare. I cavalli dei contadini e dei birrocciai erano massicci e forti di muscolatura mentre quelli dei rivenditori (arvendròl): ortolani (ortolan), venditori di stoffe (marsér) eccetera erano più leggeri e agili e spesso andavano al trotto, come quelli che trainavano i calessi.
Questi ultimi appartenevano generalmente a famiglie benestanti, al padrone, al fattore o al negoziante di bestiame.
Non di rado Francesco, nell’andare a scuola o nel ritornare, aveva modo di incontrare barrocciai e rivenditori ed allora lui e i suoi amici andavano loro attorno facendo un gran clamore, ma subito il conducente sollevava la frusta ed al primo schiocco il cavallo accelerava il passo lasciandosi alle spalle i ragazzi che mugugnavano per la delusione. Ed allora Francesco si ricordava dell’asinello che aveva a casa: non destava la sua ammirazione come alla vista di un cavallo.
Era più piccolo, meno elegante nel portamento, ma ugualmente si era affezionato a lui perché era mansueto e si lasciava accarezzare il suo pelo ruvido e scuro. Gli piaceva in particolare aiutare gli adulti quando si dovevano predisporre i finimenti per prepararlo al tiro e quando tutto era pronto saltava sul carretto con le ruote di legno e, con le redini in mano, come fosse un fantino, via per le carrarecce di campagna.
Appena però gli era possibile Francesco correva lungo il viottolo fino alla strada comunale per vedere passare i cavalli dei rivenditori e dei birrocciai, con i loro finimenti ornati con fiocchi e fiocchetti colorati e borchie di rame o di alluminio. E c’erano cavalli il cui arrivo era preannunciato a distanza dallo scampanellare grossi sonagli che portavano appesi al collare e Francesco sapeva distinguere a chi appartenevano prima ancora di vederli.
Gli animali trainavano i mezzi di trasporto e l’uomo comune si spostava spesso a piedi oppure, molto più raramente, in groppa a un animale. I più abbienti disponevano di calessi corredati di finiture che rispecchiavano il ceto sociale del proprietario così come i cavalli che li trainavano, dotati di finimenti ornati di fiocchi colorati e di lucide sonagliere.
Essendo per gran parte del giorno impegnati al trasporto, cavalli, asinelli e bovini rilasciavano per strada i loro escrementi e per una loro rapida rimozione tutti i comuni destinavano uno o più dei loro stradini al servizio di pulizia delle strade stesse che, essendo spesso ghiaiate, rendevano l’operazione fosse abbastanza difficoltosa.
L’avvento della meccanizzazione, che elevò finalmente il tenore di vita di tutti, cancellò questo mondo, facendo scomparire l’atmosfera di tranquillità e di silenzio che lo caratterizzava e che consentiva più facilmente l’incontro tra le persone.
Il ritmo della vita divenne rapidamente più frenetico per tutti, di conseguenza si fecero meno frequenti le opportunità di dialogo anche con i vicini, restringendo sempre più il recinto intorno ai singoli.
Con la buona volontà di tutti, si dovrebbero ricercare il modo e la voglia di fare ancora comunità e, pur disponendo delle nuove tecnologie di comunicazione, ritrovare il gusto dello scambio di due parole in presenza.
Giuliano Lusetti