Leggere don Milani è il miglior modo per conoscerlo e comprendere il suo impegno totalizzante per migliorare la Chiesa, la scuola, la società civile. Queste 140 lettere – curate da Michele Gesualdi – dal 1950 al Testamento spirituale, sono pagine “così ricche e importanti per capire don Lorenzo, la sua opera e le ragioni delle sue scelte” che ancora oggi offrono uno stimolo alle coscienze di ognuno nel pretendere e lottare per un mondo più giusto ed equo. Con le sue posizioni ferme, nette e coerenti, il linguaggio tagliente e preciso, la logica stringente, il priore di Barbiana attirava facilmente grandi consensi o grandi dissensi, con schieramenti preconcetti che hanno spesso offuscato la sua vera dimensione. I suoi scritti, a cent’anni dalla nascita, sono testimonianza viva e conferma di una straordinaria esperienza umana, religiosa e educativa. Questa raccolta vuol offrire la sinossi delle sue lettere più famose e incisive tra cui quella a Pipetta, ai cappellani militari e ai giudici, a Nadia o ai ragazzi di Piadena.
Don Lorenzo Milani, Lettere. A cura di Michele Gesualdi. Prefazione del Cardinale Matteo Maria Zuppi (Edizioni San Paolo 2023), 365 pagine, 20 euro.
DON LORENZO MILANI è stato un personaggio storico che con le sue idee e il suo impegno ha inciso nella storia del nostro Paese. Un uomo, un sacerdote, un maestro che ha lasciato traccia profonda nella storia della Chiesa, della società civile e della scuola. Nato da una benestante famiglia fiorentina, dopo vent’anni trascorsi nel privilegio del suo stato sociale e culturale, si è convertito e fatto prete nel 1947. Ha intrapreso nella Chiesa un cammino nuovo e aperto alla società schierandosi senza mezze misure dalla parte dei più deboli, proprio come indica il Vangelo. Intuisce che la vera povertà degli esclusi non sta solo nella mancanza di ricchezza economica, ma nella mancanza di conoscenza, soprattutto della parola e del suo dominio. Da sacerdote diventa maestro e avvia esperienze scolastiche innovative rivolte agli operai e ai figli dei mezzadri di montagna. Prima con la scuola popolare di San Donato a Calenzano (dal 1947), poi con quella a tempo pieno a Barbiana (dove arriva nel 1954) spende il suo apostolato a fare scuola per offrire ai poveri gli strumenti per emanciparsi: il sapere e la cultura. Ha segnato la scuola italiana, mettendone sotto accusa il carattere selettivo in Lettera a una professoressa (1967) e paragonandola a “un ospedale che respinge i malati e cura i sani”. Netto anche il segno che ha lasciato nelle vicende politiche italiane: a lui si deve il dibattito che ha portato alla legge sul diritto all’obiezione di coscienza, con il dibattito scaturito dalle due lettere ai cappellani militari e ai giudici, in cui affronta anche temi attuali come il pacifismo, l’uguaglianza e la salvaguardia della dignità di ogni essere umano