Voglia di vita

La notizia

È sabato 8 febbraio. La sera prima eravamo stati da Dario a vedere i duetti di Sanremo. In realtà più che vedere, eravamo a commentare (Arisa e Grignani per fare un esempio, sembravano perfetti per la nostra sagra). Sembrava tutto ok. La mattina il suo fidanzato mi scrive alle 8:55. Mi dice che hanno sospeso le varie chemioterapie/radioterapie, che non c’è rimasto molto da fare. “Si lavora sul dolore” scrive “per fargli vivere al meglio le ultime settimane”. Mi è crollato tutto addosso quella mattina. Rimarrà scolpita nella memoria come l’11 settembre, cioè come quelle cose di cui anche a distanza di anni ricordi esattamente cosa facevi e come ti sentivi.

C’erano state avvisaglie, quelle sì.
Mi scriveva più spesso “ti voglio bene”, che la fase della malattia iniziava ad essere più acuta. Però tu non ci vuoi credere che le cose stiano per finire, provi ad allontanare questa ipotesi, forse come senso di difesa primordiale con il solo obiettivo di allontanare il dolore e la sofferenza. Capiteranno ad altri, non a quelli vicino a me, continuavo a dirmi.

Mi raccontavo bugie, perché in fondo non ho mai avuto a che fare con il dolore profondo, quello che ti lacera. Sono stato sempre piuttosto fortunato. E invece arriva all’improvviso come un fiume carsico. E tu non capisci, rileggi il messaggio, di nuovo con quella sorta di autodifesa che ha la sola funzione di allontanare il dolore. E invece è proprio così. Gli rimangono alcune settimane: questa frase continuava a rimbalzarmi in testa.
E continua tuttora, ad essere sincero. Come è possibile che succeda a un ragazzo di 36 anni, uno dei miei migliori amici, a cui sono legatissimo dal 2016? Come si può vivere con il tempo che sta per scadere, a 36 anni? Sì lo so, nel mondo succede tutti i secondi, in questi giorni ci sarebbe molto da dire sulla ennesima strage sulle coste di Cutro dove a morire sono stati anche bambini. Lo so. Però c’è un tema di prossimità, è inutile negarlo. Un conto è saperlo, un conto è provarlo.

L’elaborazione

Nei giorni successivi vado da Dario, con una promessa: di non fare quelle facce funeree, di non arrivare con gli occhi lucidi, di non fare quei discorsi pieni di retorica tipo “sei forte” oppure “sei un guerriero”. Ci sono riuscito. Abbiamo parlato di qualsiasi cosa, come fosse una serata normale.
Ho usato anche un po’ di black humor (sapevo che potevo permettermelo). La madre si è trasferita a Milano e non si capacita di come suo figlio che di fisico ok, è così e così, però di testa è fortissimo, abbia qualche settimana. Per lei sarebbe più facile vederlo in terapia intensiva dopo un incidente, non vedere uno che scherza e lavora come nulla fosse. Ma la capisco. Questa cosa fa andare anche me in totale confusione. La serata si conclude quasi come nulla fosse. Sono le 11 di sera. Esco e appena chiusa la porta di casa crollo. Dovevo scaricare tutta la tensione.

Poi succede quello che non ti aspetti. Torno da Dario a intervalli regolari e inizia a dirmi: “Stè (con l’accento, è pur sempre un pugliese), ho trovato il modo di trasformare il dolore in energia positiva, creativa”. Mi ha raccontato che assieme alla sua banca (Dario è il mio consulente finanziario) è riuscito a mettere su in una settimana due borse di studio dal valore di centinaia di migliaia di euro. Centinaia, avete capito bene.

Ha smosso mezza banca, mettendola in collegamento con l’Italian Sarcoma Group (che è l’associazione di riferimento di oncologi per lo studio e la sperimentazione di nuove cure sui sarcomi) e lavorando sul 5 per mille. La questione dei sarcomi è che sono tumori rari. Ed essendo rari ci sono pochi casi e quindi poche statistiche e quindi pochi fondi. È un circolo infernale se ci pensate, perché così si fanno pochi progressi.

Allora Dario (che ha fatto parte di diverse cure sperimentali) ha cercato di invertire la rotta. “Stè, che devo fare, stare a struggermi nel letto perché tra poco me ne andrò? Ma manco per idea. Questa cosa di trasformare il dolore in energia positiva/creativa mi sta dando una forza pazzesca. Io non sono il tumore, mi ha detto, sono idee e progetti”. Mi è tornata alla mente la prima copertina di Wired Italia, con Rita Levi Montalcini che diceva: io sono la mente, il corpo faccia quello che vuole.

Questa sua voglia di vita, questa carica emotiva è forse uno dei messaggi cristiani più belli e forti che abbia mai ricevuto. E badate bene che Dario è un radicale, ha fatto l’assistente di Marco Pannella, conosce benissimo Marco Cappato e non ci metterebbe niente ad andare in Svizzera per farla finita con lui e l’associazione Luca Coscioni. Invece è qui per lasciare qualcosa. Aiutare la scienza di modo che la prossima persona possa contare su più cure e quindi più anni di vita (o magari addirittura guarire).
Il dolore e le lacrime dei primi giorni han fatto spazio ad una forma di gioia (ribaltamento incredibile), alla fierezza di avere un amico così.

Non me ne vogliano gli altri, ma avete capito che Dario è straordinario nel senso letterale del termine: sopra, oltre l’ordinario. Sopra la media. Grato di averlo incontrato per caso (sarà stato veramente un caso?) quel 19 aprile 2016 a Roma.
Camus scriveva che creare è vivere due volte. Dario sta vivendo la sua seconda vita e non necessariamente finirà quel giorno.

Il vostro aiuto

Questa vicenda cade a fagiolo come si suol dire, visto che siamo in tempi di dichiarazione dei redditi e di scelta sui destinatari del dono del 5 per mille. Avete già capito dove voglio andare a parere. Uso le parole di Dario per descrivere cosa sono i sarcomi.
Il sarcoma è più cattivo di altri tumori almeno per tre motivi: 1) Colpisce giovani-adulti nel pieno della loro energia e del loro momento creativo, stroncando le speranze e i progetti dei più determinati. 2) È raro e quindi troppo spesso orfano di farmaci. 3) Quando la malattia cresce le masse occludono nervi, compromettono muscoli e organi vitali, provocando dolori che non pensavi neanche potessero esistere, e che hanno più a che fare con la mistica che con il corpo.
Dona il 5 x 1000 a Italian Sarcoma Group indicando il codice fiscale 91226030376

Stefano Iotti

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