Sanremo, vizi e virtù di un Paese

Cala il sipario sulla 73a edizione del Festival di Sanremo con il trionfo annunciato di Marco Mengoni primo classificato in una top five tutta al maschile, alla faccia delle quote rosa.

Un successo meritato per il cantante laziale che ha superato l’agguerrita schiera di nuove leve della musica italiana: dietro alla sua “Due vite”, si piazza Lazza con la sua “Cenere”; terza piazza per Mr Rain, vera sorpresa di questo festival con la canzone “Super eroi”; quarto posto per Ultimo con “Alba” seguito da Tananai con “Tango”.

Ma tutte le canzoni dell’Amadeus quater sicuramente sfonderanno alla radio nelle prossime settimane celebrando tra conferme e debutti tanti giovani cantanti.
E se la musica è stata l’indiscussa protagonista, a condire l’intera kermesse festivaliera non sono mancati eccessi, polemiche, scivoloni e commenti come ogni anno accade.
Nella settimana santa più attesa dagli italiani (gli ascolti auditel sono da record) non si è parlato d’altro che di Sanremo, come se il Paese intero si fosse fermato concentrandosi interamente sul teatro Ariston.

Mai come quest’anno l’italianità è stata così rimarcata, non solo dall’inno di Mameli che ha risuonato la prima e l’ultima sera, ma anche grazie al nostro presidente della Repubblica che ha presenziato nella serata di inizio in ossequio alla nostra Costituzione che quest’anno compie 75 anni, ricorrenza omaggiata dalle parole di Roberto Benigni. 73 uno, 75 l’altra… serve altro per decretare che Sanremo fa parte della storia d’Italia?
Peccato però che di gente illuminata come i nostri padri costituenti ce ne sia rimasta davvero poca se oggi nel nostro Paese le donne sono ancora costrette a ritagliarsi spazi a notte fonda per lanciare messaggi, costringendo noi, a nostra volta, a sorbirci queste lezioncine al femminile.

Se Ferragni ed Egonu non hanno fatto breccia in chi scrive coi loro monologhi, sicuramente lo ha fatto Francesca Fagnani, di professione giornalista, che ha dato voce ai tanti ragazzi detenuti nelle carceri minorili, denunciando il vizio tutto italiano di dimenticare chi ha avuto dei guai con la giustizia. Scopo della detenzione è anche quello di ri-educare e poter dare una seconda possibilità a chi ha compiuto degli errori. Ma si sa che in Italia è più facile che ad avere più di una possibilità sia Fedez nel dire e fare cose imbarazzanti, che un ragazzo uscito di prigione dopo aver scontato il proprio debito con la giustizia.

Così come a tinte tutte tricolori è il dover sempre fare affidamento sul nostro passato come se avessimo paura di dimenticarci chi siamo.
Nulla di grave, per carità, anzi, ma vedere che Sanremo poggia su pilastri come Morandi (per fortuna che c’era), Al Bano, Ranieri, Paoli, Vanoni, Di Capri e i Pooh fa capire come il nostro sia un Paese che la fama la cerca e la trova nelle sue vecchie glorie, tuttavia ancora in grado di far emozionare e tenere incollate allo schermo milioni di persone.
Non stupiamoci quindi se nel nostro Paese sono più gli anziani che i bambini. Certamente era più romantico sognare, amare e concepire sulle note di Paoli che su quelle di Rosa Chemical o di Ariete in gara quest’anno.

A questi totem della canzone italiana perdoniamo tranquillamente il fatto di non essere più performanti come negli anni ruggenti: basta che ci siano, perché la loro presenza è rassicurante e fa da contraltare ai capricci dei cantanti di oggi più bravi a tirare calci alle rose di Sanremo che a cantare.
Siamo un popolo fondamentalmente nostalgico che ha bisogno del Gianni Morandi di turno a ricordarci che ci sono cose buone e giuste che si possono fare, come la gara a suon di selfie per accaparrarsi più follower su Instagram o dare una mano a pulire il palco dell’Ariston con la scopa in mano. Il bravo (ed eterno) ragazzo piace sempre a mamme e figlie, di generazione in generazione.
E così, mentre la classe politica si divide interrogandosi se questo Sanremo era più di sinistra che di destra la pasqua canora si è celebrata con la vittoria di Mengoni proclamata alle 2.45 della domenica.

A proposito di politica, chi ha cantato fuori gara è stato Silvio Berlusconi: l’ex presidente chansonnier l’ha sparata grossa sul presidente ucraino dicendo che lui da premier non lo avrebbe mai incontrato.
Del resto l’articolo 21 della Costituzione più bella del mondo permette a chiunque di esprimere il proprio pensiero con la parola e con ogni mezzo di diffusione… provate voi a trovare un articolo più sanremese di questo.

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