Pastorale di prossimità con i «team»

Aprendo Sinodi e “processi” Papa Francesco ha lanciato un messaggio che più chiaro non si può: la Chiesa deve camminare in avanti, insieme, in uscita. La nostra Diocesi mastica questo pensiero da almeno tre anni e grazie al magistero di Evangelii gaudium, all’accompagnamento del Centro Studi Missione Emmaus e alla regia del vicario episcopale per gli uffici pastorali don Pietro Adani, ha avviato una sperimentazione che sta trasformando la modalità di relazionarsi al territorio. In particolare, dopo avere riunito nella Casa di Curia i dipendenti e i collaboratori stabili dei servizi diocesani, sacerdoti, diaconi e laici che condividono momenti di preghiera e incontri formativi periodici, nell’anno pastorale in corso si è reso più evidente quel modello che è stato presentato come il rovesciamento della piramide: non più la logica direttiva “forte”, che dal centro Diocesi fa piovere documenti, progetti scritti a tavolino e sussidi magari non richiesti sulle parrocchie, ma l’avvio “debole” – perché consapevole dei limiti di tempo e risorse – di un processo che partendo dall’ascolto delle unità pastorali porti a un reciproco apprendimento e a un accompagnamento, per abitare con uno sguardo nuovo quei contesti sociali che, lo vediamo, mutano a velocità spinte.

Il cambio di mentalità pastorale ha portato alla costituzione di inediti luoghi e spazi di confronto, come la segreteria di coordinamento pastorale, di cui abbiamo già parlato, o la cabina di regia, un organismo decisionale sul piano strategico e del vaglio fra le diverse richieste che investono la Diocesi. Gli strumenti più operativi su cui ci soffermiamo oggi sono i team della Casa di Curia, trasversali ai tradizionali uffici pastorali per come siamo stati abituati a pensarli (cioè suddivisi per settori). Ne sono stati costituiti due, uno sulla “ministerialità” e l’altro sul “fare comunità”, previsti di durata triennale e tenuti a battesimo il 2 dicembre scorso nell’incontro d’Avvento dei presbiteri con il vescovo Giacomo a Marola.

Entrambi i team hanno già preso contatto con alcune zone pastorali della diocesi, in particolar modo in questa fase con il vicariato della montagna, per presentarsi e iniziare un percorso di discernimento comune. Ma vediamo di saperne di più sui team e sullo spirito che li muove verso il territorio, non in maniera estemporanea ma seguendo un “sogno” di Chiesa in uscita da condividere e perseguire senza ansie da prestazione, anzi casomai sapendo rallentare il passo.

Accompagnare la ministerialità

Il team “ministerialità” intende offrire sostegno a chi è avviato – o può esserlo – a un servizio nella propria unità pastorale, dando spazio e strumenti utili a comprendere come impegnarsi, nella consapevolezza della dimensione evangelizzatrice di cui ciascuno è portatore. Il “ministero” altro non è che una forma di responsabilità di una specifica dimensione della vita ecclesiale che la persona, adeguatamente formata e sostenuta da parroci e collaboratori, sceglie di assumere per un tempo determinato, accettando di essere un punto di riferimento per la sua comunità e per il dialogo con la Diocesi.

Siamo in piena sintonia con l’anima del cammino sinodale e in particolare, per chi ha vissuto anche la convocazione ecclesiale del 22 gennaio scorso al Sacro Cuore, questo team si colloca nel solco del terzo cantiere di Betania, quello dell’ospitalità e della casa, chiamato ad “approfondire l’effettiva qualità delle relazioni comunitarie e la tensione dinamica tra una ricca esperienza di fraternità e una spinta alla missione che la conduce fuori”.
Il team “ministerialità” – a oggi composto dal portavoce Alessandro Raso e da Antonella Tosi, don Stefano Borghi, Chiara Burani, don Alessandro Ravazzini e Marco Bernini – attiva perciò percorsi di valorizzazione, formazione e accompagnamento di alcuni “ministeri di fatto”, aiutando le comunità a riconoscere il senso della corresponsabilità.

Tra i suoi compiti specifici rientrano riconoscere nelle unità pastorali i ministeri istituiti e le ministerialità presenti e in divenire, far maturare la consapevolezza del senso del ministero e accompagnare allo svolgimento dei servizi desiderati, il tutto nel rispetto delle valutazioni già in essere, in loco, circa le figure più necessarie tempo per tempo. Quanto alla formazione in questo ambito, viene ritenuto opportuno usufruire delle proposte delle scuole di teologia operanti in diocesi, ricomprendendo nel pacchetto lo scambio con le terre di missione, dove i ministeri laicali sono numerosi, e un focus sulle dinamiche gestionali e psicologiche che si incontrano nelle comunità più strutturate.

Promuovere processi di comunità

Il team “fare comunità” si può iscrivere nello spirito sinodale del secondo cantiere di Betania, quello della diaconia e della formazione spirituale. L’équipe – al momento formata dal portavoce Emanuele Simonazzi e da Lucia Ianett, Elisa Cavandoli, don Paolo Crotti, Francesco Iori, Matteo Gandini e don Luigi Rossi – affianca quelle unità pastorali che desiderano mettersi in gioco nella costruzione di un percorso comunitario insieme alla realtà locale. L’idea-guida è accompagnare un percorso partendo da un piccolo gruppo di persone che percepiscano il desiderio di attivare cambiamenti e conversioni personali e comunitari. Tre i passi proposti. Il primo consiste nel discernimento comunitario, per condividere un sogno di comunità e nel contempo descrivere il presente percepito, ossia la situazione di partenza, lasciando emergere eventuali blocchi o vincoli rispetto al cambiamento desiderato, così come i doni e le esperienze già conformi al sentire comune.

Il secondo passo riguarda l’elaborazione del sogno: qui l’utilizzo di immagini e metafore relative al processo di cambiamento permetterà di definire e chiarire gli uni agli altri la natura del cambiamento. Terzo passo saranno le piccole sperimentazioni da porre in atto e poi da verificare, così da realizzare pienamente un processo di apprendimento.

Sinergie

Destinatari dei team possono essere Consigli parrocchiali o di unità pastorale, gruppi o commissioni parrocchiali su ambiti particolari che vogliono interrogarsi sul cambiamento o essere accompagnati in un discernimento, comunità sacerdotali o di unità pastorale, ma nel “fare comunità” possono certamente ricadere anche associazioni cattoliche e istituti di vita religiosa. I due team sono chiamati a un coordinamento costante, in relazione con i vari soggetti della Casa di Curia e con tutti i servizi diocesani. I primi incontri di presentazione nei vicariati sono cominciati nel novembre scorso; in seguito, il team “fare comunità” ha avviato una collaborazione con il vicariato della Montagna, mentre il team “ministerialità” ha scelto di concentrarsi per ora su tre figure di coordinatori – per la catechesi, per l’ambito caritativo e per gli educatori – ma dall’incontro di Marola con i sacerdoti sono venute sollecitazioni anche per il tema della “consolazione”, degli educatori stabili di oratorio e dell’amministrazione.

Quanto al sogno, l’azione pastorale in cui i team sono coinvolti è quella di una Chiesa capace di vivere la fraternità come stile, pertanto di tessere relazioni, di sciogliere nodi, di far percepire la corresponsabilità nei cammini di evangelizzazione.

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