Pelé, il più grande di tutti

Forse questa sera, in tutto il mondo, il pallone si sarà fermato qualche secondo in ossequio al più grande calciatore di tutti i tempi.

Giusto un istante per salutare chi del calcio ne ha fatto un’arte, anche se lui non sarebbe stato d’accordo che il gioco si interrompesse perché laddove c’è un pallone ci sono gioia, sorrisi e buon umore, ingredienti alla base per fare del calcio una festa.

Senza scomodare gli amanti delle statistiche e dei paragoni con i grandi giocatori del presente e del passato, si può dire davvero che Edson Arantes do Nascimento, o meglio conosciuto come Pelé, sia stato il più grande calciatore della storia del calcio.

Al netto dei numeri, dei trofei vinti e della sua carriera, il merito più grande di Pelé è aver fatto del calcio il gioco più bello e popolare di tutti. 

Se per disputare una partita bastano un pallone, due porte improvvisate e qualche giocatore, sono istinto, abilità, astuzia, agilità e passione a fare di una partita di calcio un qualcosa di indescrivibile e impossibile da spiegare soprattutto a chi non ha mai giocato. 

La storia di Pelé  che partendo da una favela in Brasile diventa campione del mondo per ben tre volte è il sogno che chiunque gioca a calcio vorrebbe realizzare.  

Il calcio bailado o la jinga, il calcio di strada tutto estro, fantasia e divertimento hanno fatto del brasiliano una vera e propria leggenda vivente. Non esiste intervista in cui il grande campione non sorrida parlando di questo sport, rappresentando un’intera popolazione, che ha dell’allegria e del ritmo il tratto somatico più riconsocibile.

I racconti delle sue gesta sono diventati l’epica del pallone, soprattutto se pensiamo che la prima coppa del mondo l’ha vinta a 16 anni da titolare facendo della mitica numero 10 gialla del Brasile un’icona per ogni fan di questo sport. 

Con Pelé  è come se ad andarsene fosse uno di noi nonostante siano rimasti in pochi ad averlo visto giocare dal vivo. Eppure in ogni discussione, in ogni commento lui saltava sempre fuori.

Chiunque ami questo sport è cresciuto coltivando il mito del grande fuoriclasse brasiliano.

Inutile dire che da oggi ci sentiremo tutti un po’ più “orfani” e che per colmare questo vuoto ci affanneremo a cercare il suo degno erede, dimenticando che Pelé lo potremo ritrovare in ogni partita di calcio, soprattutto quelle giocate dai bambini che incarnano meglio di tutti lo spirito del gioco.

Alla fine il vero segreto di questi mostri del calcio è non aver mai zittito il bambino che alberga in loro senza dimenticare il calcio delle origini fatto in strada e fatto in povertà, quando il pallone era l’unico “lusso” che non sempre ci si poteva permettere.

O’Rei se ne è andato appena dopo la conclusione del Mondiale in Qatar come se avesse aspettato di vedere se davvero il suo testimone lo potesse raccogliere Leo Messi, uno che come il brasiliano  fa delle cose difficili le giocate più semplici e che è sicuramente il prossimo ad entrare nella leggenda.

Pronto ad accogliere il mito  brasiliano nell’Olimpo del calcio c’è l’altro argentino, l’unico che abbia messo in discussione la supremazia di Pelé: el diez Diego Maradona.

E mentre diamo fiato a tutti questi discorsi tra paragoni, gol e vittorie, non vorrei mai essere nei panni di chi ora lassù dovrà derimere la questione se è meglio Pelé o Maradona. 

Di sicuro vedendo questi due grandi campioni palleggiare o addirittura giocare vedranno uno spettacolo allo stato puro. 

Quasi da fare invidia a noi quaggiù, che ci consoleremo pensando a Pelé ogni volta che vedremo una giocata strabiliante, un gol da cineteca o un dribbling funambolico.

Ben consapevoli che come lui non ci sarà più nessuno.

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