Piange Cristiano Ronaldo. Piange come un bimbo imboccando il tunnel degli spogliatoi. Piange non solo per l’eliminazione dal Mondiale ma perchè sa che la sua era si è conclusa. E piange da solo. Il re è solo.
Sembra un paradosso che l’uomo con più follower al mondo sia un uomo solo. Forse per scelta, forse perchè il re non deve mai avere bisogno di nessuno attorno. Il regno di CR7 tramonta con la foto della solitudine del suo sovrano che ha rescisso il contratto e sbattuto la porta salutando il Manchester United, vivendo da separato in casa nella nazionale portoghese dove si è ritrovato riserva. Sicuramente si aspettava di finire in gloria. Ma non è andata così.
Ha invocato un po’ di rispetto il re. Ha sperato fino all’ultimo che da subentrato gli capitasse la palla giusta per ribaltare il quarto di finale contro il Marocco. Ma anche per i migliori arriva un punto in cui ci si deve fermare e capire che è finita. Il re non ha abdicato, ci ha provato con tutte le sue forze, ma come la storia insegna il destino non fa sconti a nessuno.
E come il destino, anche il pallone non fa sconti e non guarda in faccia a nessuno, rimanendo oggi la cosa più democratica che ci possa essere.
Oltre al portoghese saluta il Mondiale anche il campione brasiliano Neymar, anche lui in lacrime dopo l’eliminazione del suo Brasile contro la Croazia.
Spietato il pallone, ingrato verso chi lo ha sempre esaltato, coccolato, accarezzato. Eppure così realista nel far vedere il “re nudo”. Con le lacrime di questi campioni si ritorna coi piedi per terra, perchè il pianto, così come il pallone, è uguale per tutti, da che si alza ogni mattina alle 5 per andare a lavorare ai campioni della pedata.
La realtà non è solo fatta di tifosi adulanti, contratti milionari e gol. La realtà è fatta anche di brutte cose. La vita è fatta anche di dolori e non dobbiamo dimenticarlo. Anche se sei re.
Chissà se Ronaldo e Neymar baratterebbero metà della loro ricchezza pur di poter disputare la finale del Mondiale. Chissà se tutto lo sfarzo che li avvolge riuscirà a consolarli per questo smacco così bruciante.
Con questa eliminazione affiora tutta la fragilità e l’umanità di questi campioni che alla fine sono solo uomini che ce l’hanno messa tutta per inseguire e realizzare un sogno.
Sogno che invece continua per la nazionale del Marocco, la prima squadra africana ad approdare alla semifinale di un Mondiale. Una squadra concreta, dagli alti valori morali: sacrificio, umiltà, senso del gruppo che l’hanno porata meritatamente a giocarsi l’accesso in finale.
Anche questa è la realtà: dove non arriva l’opulenza, il talento, la ricchezza, arriva il culto del lavoro, la “fame” di farcela ad ogni costo. Dove non arriva lo spettacolo arriva il catenaccio e il contropiede: il Marocco sembrava il Milan di Rocco, libero staccato dietro e contropiede. Perchè la realtà è fatta di concretezza e non di spettacolo.
Marocco che in semifinale se la vedrà con la blasonata Francia: una partita nella partita dai risvolti non solo sportivi ma anche sociali e politici. Perchè il calcio si mescola alla realtà del quotidiano.
Francia che si qualifica ai danni dell’Inghilterra, ringraziando il capitano inglese che ha fallito un rigore calciandolo alle stelle. Risultato 2 a 1 per i francesi. Ancora un maledetto rigore. Ancora la realtà spietata e inesorabile del pallone.
A completare il quartetto delle semifinaliste la Croazia dal centrocampo delle meraviglie vittoriosa ai rigori contro il Brasile che se la vedrà con l’Argentina a sua volta vittoriosa ai rigori contro l’Olanda.
Volutamente non voglio parlare dei fatti di Argentina Olanda. Se ne parla già troppo e il politically correct sta già soffiando sull’argomento.
Tanto so già che alla fine a far tornare i conti sarà sempre lui, il pallone. Che non guarda in faccia a nessuno, nemmeno ai re.