Edoardo Tincani in libreria con «L’anticamera del cielo»

L’invito alla presentazione del nuovo libro di Edoardo Tincani, «L’anticamera del cielo» (Corsiero), che avrà luogo martedì 29 novembre alle ore 18 a Palazzo Scaruffi, in via Crispi 3 a Reggio Emilia, nella sala del primo piano, dove l’autore dialogherà con Lara Ferrari e Clementina Santi.

Con la raccolta di racconti L’anticamera del cielo (Corsiero editore, novembre 2022, 126 pagine, 18 euro, preacquisto scontato in redazione per gli abbonati a La Libertà) Edoardo Tincani esordisce nella narrativa. Molte di queste storie nascono dall’esperienza del giornalista che non riesce ad appagarsi della cronaca e cerca di andare oltre, sia nella dimensione della narrazione sia nella ricerca di significato. Si tratta di tredici racconti eterogenei, il cui stile è giocoforza diversificato, passando dalle tinte noir a quelle dell’introspezione psicologica, in primo piano i legami personali, le sorprese degli affetti e la ricerca della spiritualità.

Edoardo Tincani, autore di “L’anticamera del cielo”

«Sembra di poter dire» scrive Clementina Santi nella prefazione, «che i confini, proprio in quanto limiti, vadano comunque molto stretti a Edoardo Tincani e proprio nei luoghi di confine sono ambientati i racconti più profondi, dove la terra e il cielo si toccano e si confondono l’uno nell’altra e i vivi possono continuare a parlare con i morti, in una dimensione pascoliana e cristiana insieme, che mi pare sia molto cara all’autore. Accade in una piccola cappella solitaria in montagna che porta ancora i segni del terremoto, in cui il tempo sembra essersi fermato e un’anziana signora viene ogni giorno per continuare il dialogo con il defunto marito (Pensieri di una vedova). Accade anche in L’anticamera del cielo, il racconto che non a caso dà il titolo al libro: un paesaggio di memoria dantesca popolato da un’“assemblea di anime” che possono scendere sulla Terra e stare ancora un po’ con i vivi, prima di salire per sempre nell’aldilà, e parlare con loro e consolarli. Accade, infine, nel racconto Amori di un astronomo, un áition come La chioma di Berenice, in cui ogni sera e ogni notte si ripete un dialogo d’amore tra la Terra e le galassie, tra un astronomo e la sua stella, una giovane stella “che poteva avere poco di più di tre milioni di anni” e che porta il nome di una donna che gli aveva fatto toccare un universo sconosciuto, dove aveva capito fin da subito “che gli sarebbe piaciuto vivere per sempre”.»

una bici al mare
Un’immagine evocativa del racconto «Una bici in più», da cui è tratto il brano qui pubblicato; nel racconto due ragazzini si trovano coinvolti in un’avventura che li sconvolge, tra divertimento e mistero.

Il libro “L’anticamera del cielo” è stato presentato martedì 29 novembre alle 18 a Palazzo Scaruffi, nella sala al primo piano di via Crispi 3 a Reggio Emilia. Con l’autore hanno dialogato Clementina Santi, prefatrice, e la giornalista de Il Resto del Carlino Lara Ferrari.

Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo di seguito un estratto dal racconto Una bici in più.

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«L’anticamera del cielo», storie sospese tra Terra e aldilà

Giorno quattro: Pollo ha appena finito la colazione quando sente il campanello della bici di Leo. Eccolo in sella, con scarpe da trekking e uno zaino più ingombrante dell’altro giorno in spalla. «Preparati Pollo, dobbiamo completare la missione!»: il saluto del compare gli ruba in un soffio la prospettiva di un’altra giornata placida e inconcludente. «Quale missione?» fa in tempo a chiedere. «Torniamo da Cetera!» risponde Leo, stridulo. Da questo momento, Cetera è il soprannome ufficiale del vecchio brontolone che biascica parole, ancora ignaro di essere oggetto dell’indagine di due ragazzini. Senza fare tappa alla cava abbandonata e seguendo una strada più diretta, l’obiettivo di Leo e Pollo è raggiungere il mare per l’ora di pranzo, quindi rinfrescarsi con un bagno, mangiare qualcosa dal cestino della pensione Stellamare e poi forse fare conoscenza di Cetera, se è in buona, oppure intrufolarsi nella sua capanna per vedere cosa contiene.

Oggi Leo ha portato un po’ più d’attrezzatura e doppia razione di acqua, così che la calura non bruci anzitempo le energie. Transitando per sentieri riarsi e per qualche campo recintato, la coppia brevetta una rotta più lineare per raggiungere il monte sulla Baia dei Ladri. Stavolta riescono a lasciare le bici quasi alla base e a camminare, mani a terra, a un’altitudine mezzana, ta-gliando l’ostico promontorio sul lato sinistro.
In compenso, dopo avere raggiunto il mare, scoprono di essere molto più distanti dalla capanna di Cetera, che nemmeno si intravede; optano per anticipare il pranzo, in modo da togliersi peso di dosso, e poi per proseguire a nuoto per circumnavigare la serie interminabile di fiordi rocciosi che li separano dal loro uomo, portando con sé gli zaini, con dentro i vestiti, le scarpe e il telefono di Pollo avvolto in un triplo strato di cellophane e nastro isolante. Il mare oggi è più liscio e la sua trasparenza permette di evitare impatti con gli scogli sommersi che costellano il litorale, vere insidie per le barche, di cui infatti non si vede l’ombra, ma anche per le gambe dei nuotatori, vista la grande quantità di ricci che li popolano.
Quando ormai pensano di essersi sbagliati, la visione della capanna si materializza davanti a loro. Il vecchio è in piedi con una padella in mano e prende con le dita dei pesciolini fritti che apparentemente si è cucinato. Sono le tre del pomeriggio e Cetera sta mangiando, vestito come il giorno prima ma in pace con sé stesso. Pollo e Leo sono determinati ad avvicinarsi il più possibile, e ancora una volta scelgono la via del mare rispetto alle rocce appuntite. Tenendosi a un sasso semi-emerso che pure, con lo sciabordio delle onde, gli grattugia il fondo schiena, Pollo estrae il cellulare dal suo involucro e si dà a un reportage fotografico che lo fa sentire una vera spia in missione, più che un volgare paparazzo. La capanna ha dimensioni ridotte, potrà al massimo contenere una branda e un fornelletto, alimentato chissà come, e per i suoi bisogni probabilmente Cetera si serve direttamente del mare, pensa Pollo con un moto di disgusto.

Nel frattempo, quel pazzo di Leo, apnea dopo apnea, è arrivato a pochi metri dal pontile. Dai movimenti a scatti della testa si capisce che sta cercando un approdo a riva. Scompare per due minuti buoni dalla vista di Pollo, che ha già fotografato l’ambiente, e quando riappare, zoppicando per il morso di qualche creatura di mare, Leo è in piedi sulla passerella sbilenca che porta all’abitazione di Cetera. Pochi metri e il ragazzo si affaccia alla finestra bassa della catapecchia, proprio quando dall’altra parte il vecchio rientra dopo aver svuotato in mare gli avanzi della sua frittura. Gli occhi di Cetera sono percorsi da un lampo nervoso e nello stesso istante in cui scaglia la padella verso l’intruso, l’uomo si lancia al suo inseguimento liberando urla e ingiurie.

Leo, schivata per un soffio la padella, riguadagna correndo la fine del pontile e si butta tra l’acqua e le rocce, scorticandosi un gomito per la fretta. Pollo, che si era avvicinato per soccorrere l’amico nuotando con un braccio solo, con lo zoom del telefono riesce a catturare il volto terrorizzato di Leo in fuga e poi quello di Cetera. Il vecchio ora si è accorto anche di lui e si mette a roteare le braccia verso il cielo: la bocca storta proferisce malignità e frasi incomprensibili, gli occhi sono rossi e non è la fotocamera a renderli così. Ansimando per lo spavento e la fatica di nuotare in quelle condizioni, Leo e Pollo si ritirano nella cala a fianco per riprendere fiato e normalizzare il battito del cuore, non prima di essersi assicurati che Cetera non li abbia seguiti. Per loro fortuna, l’uomo è rimasto dov’era e ancora se ne odono le strida, in una litania già udita due sere prima, fatta di maledizioni “eccetera”.

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