Il Mondiale, quando arriva, arriva!

Fin da quando ero bambino l’arrivo del campionato mondiale di calcio è sempre stato anticipato da quell’attesa e da quell’atmosfera paragonabile forse solo al Natale.

Per i calciofili della mia generazione il Mondiale è da sempre l’appuntamento più importante per un calciatore, un mister, che in questo torneo trovano il coronamento di una carriera. 

Chi ha sbranato le puntate di Holly e Benji come il sottoscritto non può non avere in mente il sogno dei due protagonisti: raggiungere e vincere il Mondiale di calcio.

LA MAGIA DEL CALCIO

Magia del pallone e di quella passione che si scatena ogni volta che una rete si gonfia. 

E dopo dieci mondiali all’attivo, considerando quello del 1982 anche se avevo solo un anno, alla vigilia dell’undicesimo (l’età è scandita non solo dagli anni che passano ma anche dalle edizioni dei Mondiali “giocati”), quest’anno non ho quel senso di farfalle nello stomaco che si rinnova ogni quattro anni alla vigilia delle partite, come se i campionati del mondo fossero il natale del calcio.

Prime volte

Sarà che è la prima edizione del Mondiale cui assisto senza le braghe corte ma con addosso il piumino; sarà che non gioca l’Italia; sarà che il puzzo di business che gira attorno a Qatar 2022 ha inquinato il profumo del sogno del bambino che alberga in me, ma tutta la magia delle Notti Magiche per la prima volta non la sento.

Questa non solo è la prima competizione che si gioca di inverno, ma è anche la prima che si disputa interamente in un’unica città, Doha.

La prima in cui si giocano le partite in stadi con l’aria condizionata; la prima che si gioca in un Paese del Medio Oriente.

E poi è l’ultimo mondiale a 32 squadre. Dal prossimo, infatti, si passa a 48, così forse anche l’Italia ce la fa a partecipare.

Curiosità e statistiche a parte, i presupposti ci sarebbero tutti per seguire le gesta di Neymar, Messi, Mbappé e compagnia bella.

Ma lo stesso bambino che trepidava per Roby Baggio nel 90; che si disperava per lui nel 94 e 98; che nel 2002 malediceva Trapattoni per averlo lasciato a casa e che nel 2006 alzava la coppa con Cannavaro insieme a tutti gli amici radunati a casa, quest’anno sembra bloccato, un po’ come quando scopri chi è Babbo Natale.

CALCIO E AFFARI

Quello qatariota è un Mondiale organizzato in un paese in cui i diritti umani non esistono; in cui centinaia di lavoratori sono morti nella costruzione di stadi avveniristici che saranno smantellati a fine campionato.

Il Qatar è popolato da duecentomila anime con un PIL da quattrocento miliardi di dollari.

Un po’ come se la popolazione di Reggio avesse uno stato tutto suo da far arrossire le super potenze occidentali.

E dagli scandali che si rincorrono a mezzo stampa, molto probabilmente questo campionato è stato comprato dai petroldollari del piccolo emirato che detiene il secondo giacimento di gas del mondo e oggi dopo la guerra russo-ucraina si presenta come il partner privilegiato per fare affari. Della serie io ti do il gas e tu… mi dai la palla. E si sa che di solito, chi porta il pallone decide chi gioca e come si gioca.

Quando lo sport cede il passo al business, ogni romanticismo e ogni principio viene sovrastato dal dio denaro. Tutto può essere comprato nel nome del principio “the show must go on“. E per gli emeri qatarini non esiste limite di prezzo.

Babbo natale Messi

A questo punto per cercare un po’ di trepidazione non mi rimane altro che aspettare la finale, 18 dicembre, così da farmi trasportare dallo spirito del Natale, preceduto dalla musichetta del camion della Coca Cola che annuncia l’arrivo delle feste.

Del resto il business è arrivato anche lì.

E allora, un po’ disilluso, spero che Messi mi regali magie ed emozioni come un Babbo Natale arrivato in anticipo.

Palla al centro, tutto pronto, manca solo il fischio d’inizio.

Ah, ho deciso, tiferò Argentina.

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