Grégoire Ahongbonon, l’amore non ha catene

Chiostri di San Pietro gremiti per l’incontro tra la missionaria Enrica Salsi, il dottor Gian Maria Galeazzi e il filantropo beninese che ha aiutato oltre 70 mila persone

È stato emozionante, vero, profondo e ha toccato il cuore di tutti. Grégoire Ahongbonon, un omino tanto piccolo di statura quanto immenso dentro, ha saputo raccontare la propria storia e ciò che egli stesso e i suoi collaboratori stanno facendo per coloro che soffrono.

“I malati di mente non devono farvi paura – spiega Grégoire – perché in ognuno di essi c’è Gesù sofferente. I malati chiedono solo che sia data loro fiducia, di essere amati e di essere liberati da quelle catene che li porteranno alla morte”. Quelle catene, martedì sera, Grégoire ce le aveva davvero e le ha mostrate a tutti al termine del suo toccante intervento, per poi gettarle a terra con forza, compiendo un gesto che ha scosso il folto pubblico che ha gremito i Chiostri di San Pietro.

“Ho portato queste catene anche di fronte alla Commissione per i diritti dell’uomo a Bruxelles e ho visto gente piangere di fronte alle stesse, dopo avermi ascoltato, ma una volta usciti da quella porta, ognuno è tornato alla vita di sempre. Spero che voi non facciate così”.
Il titolo dell’incontro con Grégoire Ahongbonon, organizzato dal Poliambulatorio 3C Salute, dal Consorzio Oscar Romero e dalla Cooperativa Sociale l’Ovile, con il patrocinio del Comune di Reggio Emilia, era “Sofferenza psichica e catene, un legame da spezzare” e ha visto protagonista anche Enrica Salsi del Centro missionario diocesano della nostra diocesi, che ha raccontato la sua storia di vita in tanti anni di missione in Madagascar.


Da sinistra, Anna Ferragni, Enrica Salsi, Grégoire Ahongbonon, Maurizio Gozzi, Gian Maria Galeazzi

All’evento è intervenuto anche il professor Gian Maria Galeazzi, ordinario di psichiatria dell’Università di Modena e Reggio Emilia e direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Ausl locale, che ha fatto da moderatore del dibattito, oltre all’ing. Maurizio Gozzi, Amministratore Delegato del Poliambulatorio 3C Salute e membro della Cooperativa l’Ovile, che ha introdotto gli ospiti, spiegando da dov’è nata l’idea di incontrare Grégoire, la profondità del suo operato e il significato che può avere questa esperienza per stimolare anche i nostri contesti di cura.

“In Africa i malati mentali vengono emarginati e considerati persone possedute dal diavolo – ha spiegato il filantropo beninese – Molti di essi vengono scacciati con lancio di pietre per strada e i loro stessi familiari li incatenano agli alberi o bloccano mani e piedi con dei buchi nei tronchi d’albero in modo che sconfiggano il demonio con la sofferenza. Nel ’71 ho lasciato il Benin per trasferirmi a Bouaké, in Costa d’Avorio: aggiustavo gomme, poi aprii un’agenzia di taxi e a 23 anni ne avevo già acquistati quattro. Ero ricco, ma quella ricchezza mi fece allontanare da Dio e dalla Chiesa, ai quali sono sempre stato legato – ha raccontato Grégoire – Poi arrivò la crisi verso la fine degli anni ‘70 e persi tutto, arrivando sull’orlo del suicidio: i tanti amici che avevo prima sparirono e rimasero solo mia moglie e i miei due figli.

Nel 1982 incontrai un sacerdote missionario che stava organizzando un viaggio a Gerusalemme che mi chiese di andare con lui. Mi pagò il viaggio ed io, giunto in Terra Santa, sentii una frase che mi cambiò la vita: “La Chiesa non è solo dei preti, ma di tutti i battezzati e ogni cristiano costruisce la Chiesa portando la propria pietra”. Ma qual era la mia pietra da portare? Al nostro rientro, visitammo un ospedale psichiatrico in Costa d’Avorio dove i malati vivevano in condizioni igieniche pessime: erano reietti e abbandonati da tutti. Io e la mia famiglia decidemmo di dedicare la nostra vita ad aiutare quelle persone, malgrado io stesso vivessi in una situazione simile alla loro, ed iniziai ad occuparmene, senza essere né medico né infermiere, ma solo un gommista.

In Africa se stai male ti portano all’ospedale, ma se non hai soldi non ti curano, così come se non hai un familiare visto che di infermieri non ce ne sono e quando un paziente entra in ospedale deve essere accudito da qualcuno. In quel momento capii davvero perché Gesù si è identificato nei poveri e nei malati e proprio da quel momento i miei affari iniziarono a rifiorire di nuovo, ma questa volta, coi soldi che guadagnavo, non compravo più delle auto, ma medicine e attrezzature per le persone che aiutavo.

Iniziammo a dare una mano a tutti: alle persone che camminavano nude per strada, ai lebbrosi, ai carcerati, ai malati mentali costretti in catene dai loro stessi familiari perché, a dir loro, erano posseduti dal maligno. Amando ognuno di essi in modo sincero, abbiamo permesso ad alcuni di morire serenamente, ma tanti altri sono guariti e si sono uniti a noi, tant’è che poco dopo fondammo un gruppo di preghiera e i numeri continuarono a crescere.

Qualche anno più tardi alcuni funzionari del Ministero della salute locale vollero vedere coi loro occhi e constatando il successo della nostra esperienza dissero: “Bisogna che questa attività sia diffusa in tutti gli ospedali del Paese, perché di fronte a tanti abbandonati noi non sappiamo davvero cosa fare”.

A quel punto cogliemmo l’occasione e chiedemmo allo Stato un appezzamento di terra limitrofo all’ospedale e iniziammo a costruire: il nostro gruppo di preghiera, divenuto poi un gruppo di carità per i malati bisognosi di cure, si trasformò nell’Associazione Saint Camille de Lellis di Bouaké e oggi abbiamo punti di accoglienza in Costa d’Avorio, Benin, Togo e ora anche Burkina Faso, ai quali abbiamo affiancato centri per il reinserimento professionale, nei quali insegniamo alle persone tante differenti attività, affinché i malati di mente, che hanno bisogno di credere in loro stessi, possano rendersi utili; nella maggior parte dei casi sono le persone stesse, che, una volta che si sono ristabilite, si formano e diventano operatori dei centri”.

Grégoire è stato insignito di numerosi premi e riconoscimenti sia in Europa sia negli Stati Uniti. La sua testimonianza ha superato i confini degli Stati africani e i centri di psichiatria occidentali sono stati sfidati e si sono interrogati sulle storie di rinascita umana che continuano a contraddistinguere l’opera della Saint Camille.

In Italia è nata l’Associazione Jobel è un’Organizzazione di volontariato, costituita nel 2000 a San Vito al Torre (Ud), da una quindicina di soci guidati dal presidente Don Paolo Luigi Zuttion che, per più di un decennio, fu missionario presso la città di Bouaké in Costa d’Avorio. Ad oggi Grégoire e i suoi collaboratori hanno aiutato oltre 100 mila persone e hanno aperto centri di accoglienza e di inserimento professionale in vari paesi dell’Africa, nella speranza permettere a tante persone di spezzare finalmente quelle catene.

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