Il 2021 ha visto un aumento del ricorso alla pena di morte da parte di un limitato numero di Paesi.
Nella sua attività di monitoraggio, Amnesty International ha registrato un incremento del 20% nel numero di esecuzioni a livello globale, le quali sono passate da almeno 483 nel 2020 ad almeno 579 nel 2021. Ugualmente è aumentato, del 40%, il numero delle condanne a morte: dalle almeno 1.477 del 2020 alle almeno 2.052 del 2021.
Queste statistiche non includono le migliaia di esecuzioni e sentenze capitali che Amnesty International ritiene abbiano avuto luogo in Cina, il paese che più di ogni altro esegue condanne a morte. Inoltre, la segretezza dei dati in Corea del Nord e in Vietnam, oltre al limitato accesso alle informazioni in vari altri stati, ha continuato a impedire una ricostruzione attendibile delle tendenze globali.
L’aumento delle esecuzioni è da imputare in primo luogo all’incremento nei corrispondenti dati per l’ Iran, dove si è passati da almeno 246 esecuzioni nel 2020 ad almeno 314 nel 2021, con un aumento percentuale del 28%. Il dato è il più alto registrato nel paese dal 2017. La parte più consistente di queste esecuzioni (42%) è costituita da esecuzioni di condannati a morte per reati di droga (132 in totale). Anche l’Arabia Saudita ha più che raddoppiato il dato del 2020 (da 27 a 65).
Si rileva un numero significativamente più alto di condanne a morte rispetto al 2020 in vari Paesi, fra cui Bangladesh, India e Pakistan. Ancora una volta la pena di morte è tornata a essere per lo stato un’arma da brandire per reprimere i propri contestatori e le minoranze.
Un incremento allarmante nell’uso della pena capitale come effetto della legge marziale è stato rilevato in Myanmar, dove le autorità militari hanno trasferito ai tribunali militari speciali od ordinari la competenza a processare civili, prevedendo procedimenti sommari e senza riconoscere il diritto all’appello. Circa 90 persone sono state arbitrariamente condannate a morte, molte di loro in assenza di un difensore, lasciando intendere che si sia trattato di un modo per colpire oppositori politici e dissidenti.
In Egitto si è continuato a infliggere estensivamente la pena di morte, anche sulla base di dichiarazioni estorte sotto tortura, e a fare ricorso a esecuzioni di massa. In Iran, le condanne a morte sono state imposte soprattutto contro membri di minoranze etniche, ricorrendo a imputazioni vaghe come quella di “inimicizia contro Dio”.
Almeno il 19% (61) delle esecuzioni registrate sono avvenute a carico di membri dell’etnia beluci. In Arabia Saudita nove persone sono state messe a morte per reati di terrorismo.
Nonostante questi passi indietro, gli sviluppi positivi verificatisi durante l’anno comprovano che il trend globale va verso l’abolizione di questa crudele punizione. Sebbene sia aumentato, il numero delle esecuzioni– escluse le migliaia di persone che si ritiene siano state messe a morte in Cina e al netto delle informazioni ridotte o insufficienti provenienti da altri Paesi –, rimane fra i più bassi mai registrati, risultando il secondo valore più basso dopo il 2010.
Per il secondo anno consecutivo, il numero dei paesi che hanno eseguito sentenze capitali sono 18; è il più basso registrato da Amnesty International, confermando ancora una volta che a ricorrere alle esecuzioni è solo una minoranza di paesi.
Amnesty International ha registrato, nel 2021, 579 esecuzioni: un numero in aumento del 20% rispetto al corrispondente valore del 2020 (483). Fra le 579 persone messe a morte nel 2021 vi sono 24 donne, il 4% del totale. Una in Arabia Saudita, 8 in Egitto, 14 in Iran, una negli Stati Uniti d’America.
Esecuzioni eseguite nel 2021. Arabia Saudita, 65; Bangladesh, 5; Bielorussia, 1; Botswana, 3; Cina, dato sconosciuto; Corea del Nord, dato sconosciuto; Egitto, 83; Emirati Arabi Uniti, 1; Giappone, 3; Iran, 314, Iraq, 17; Oman, dato non disponibile; Siria, 24; Stati Uniti d’America, 11; Somalia, 21; Sudan del Sud, 9; Vietnam, dato non disponibile; Yemen, 14.
Tre paesi – Iran (almeno 314), Egitto (almeno 83) e Arabia Saudita (65) – sono responsabili dell’80% di tutte le esecuzioni accertate.
L’incremento nel numero globale delle esecuzioni è da imputarsi principalmente a due paesi: l’Iran, che ha aumentato del 28% il numero di esecuzioni (erano almeno 246 nel 2020); l’Arabia Saudita, che ha più che raddoppiato il totale del 2020 (da 27 a 65). Altri incrementi considerevoli si sono verificati in Somalia (da almeno 11 nel 2020 ad almeno 21 nel 2021), nel Sudan del Sud (da almeno 2 nel 2020 ad almeno 9 nel 2021) e in Yemen (da almeno 5 nel 2020 ad almeno 14 nel 2021).