Dio ci ha creati per farci partecipi della sua misericordia, che vince ogni tenebra e colma le nostre giornate di un’ultima positività, anche nelle circostanze più difficili.
Tra i doni di questo amore, con cui il Signore ci accompagna nel cammino della vita, di singolare bellezza è l’indulgenza plenaria che va sotto il nome di “Perdono di Assisi”.
Questa grazia, che cancella ogni conseguenza dei nostri errori, delle nostre fragilità, dei nostri peccati, si può ottenere tutti i giorni, visitando la chiesa della Porziuncola ad Assisi, oppure, dal mezzogiorno del 1 agosto alla mezzanotte del 2 agosto, presso una chiesa francescana, o altra chiesa, secondo quanto previsto.
L’indulgenza si può applicare anche in suffragio di un defunto, esprimendo così il profondo legame che, nella fede, ci unisce a coloro che ci hanno preceduto in vita.
Quest’anno la festa del Perdono di Assisi verrà celebrata in modo speciale presso l’antica Abbazia di Marola (via del Seminario 12, Carpineti), su iniziativa del Comitato Amici di Rolando Rivi.
L’appuntamento per tutti è lunedì 1 agosto. Alle ore 17 inizieranno le confessioni, accompagnate dalla recita del santo Rosario. Alle ore 18.30 verrà celebrata la santa Messa, con al termine le preghiere per ottenere l’indulgenza: il Credo, per confermare la nostra identità cristiana; il Padre nostro, per confermare la nostra dignità di figli di Dio; le preghiere secondo le intenzioni di Papa Francesco, per affermare la nostra appartenenza alla Chiesa.
Per ottenere l’indulgenza, oltre al sacramento della Riconciliazione, la partecipazione alla santa Messa con la Comunione eucaristica e le preghiere indicate, si richiede infine una disposizione d’animo che escluda “ogni affetto al peccato anche veniale”.
L’invito a questo dono di misericordia, chiesto e ottenuto da san Francesco, è dunque un invito alla conversione del cuore, nella piena familiarità col Cristo Redentore. Al termine della celebrazione, alle ore 19.30, per chi lo desidera, è possibile fermarsi a cenare insieme presso il Centro di spiritualità di Marola.
Per la CENA è necessario PRENOTARE (i posti sono limitati) inviando una mail a prenotazioni@pievesanvalentino.it indicando nome e cognome delle persone che partecipano. Il costo della cena è di 20 euro a persona (10 euro per i bambini di età inferiore agli 11 anni).
Il Perdono di Assisi
Questa singolare manifestazione dell’amore di Dio fu ottenuta da san Francesco nell’anno 1216. Dopo una notte trascorsa in penitenza e in preghiera nella chiesetta della Porziuncola, al Santo Poverello apparvero, in una luce sfolgorante e in un coro di angeli, il Cristo Risorto e, alla sua destra, la Vergine Maria.
Il Signore chiese a Francesco quale dono desiderasse per la salvezza delle anime e il Santo rispose: “Benché io sia misero peccatore, ti prego che, a quanti pentiti e confessati verranno a visitare questa chiesa, tu conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.
“Quello che tu chiedi – rispose Gesù – è grande, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”.
San Francesco si recò subito da Papa Onorio III, in quei giorni in visita a Perugia, raccontò quanto accaduto e chiese l’indulgenza con queste parole: “Santo Padre , voglio, se ciò piace alla vostra santità, che quanti verranno a questa chiesa (la Porziuncola ndr) confessati, pentiti e, come conviene, assolti da un sacerdote, siano liberati dalla colpa e dalla pena, in cielo e in terra, dal giorno del Battesimo al giorno e all’ora dell’entrata in questa chiesa”.
La risposta di Papa Onorio III fu positiva e, dal momento che l’indulgenza era gratuita e legata solo al pentimento e confessione dei peccati, questa grazia fu ben presto definita come “l’indulgenza dei poveri”.
Tornato ad Assisi, Francesco, tra lacrime di gioia, annunciò al popolo dei fedeli, convenuto alla Porziuncola, di aver ottenuto quanto desiderava e commentò il fatto con queste parole “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso”.
Il dono più grande
Il Signore ci salva per la sua misericordia, non per quello che siamo o per le nostre capacità. Ci salva nonostante tutte le nostre fragilità, errori, fughe, distrazioni, divisioni, donandoci un perdono al quale, secondo il calcolo dei nostri meriti, non avremmo diritto.
Instancabilmente ci accoglie e ci riporta nella pace con Lui e con noi stessi, infondendoci una nuova gioia di vivere. Davanti a noi si apre così ogni giorno la possibilità di un nuovo inizio, liberi da schiavitù interiori ed esteriori. Tutta la nostra negatività è come se non fosse mai esistita, mentre si riaccende l’ipotesi positiva che dà gusto al presente e ci spalanca al futuro.
Non si può immaginare un dono più grande, più dolce, più umano e divino nello stesso tempo. Più umano perché la carezza di questo amore senza condizioni e senza limiti è ciò che il nostro cuore desidera per colmare l’attesa della vita; più divino, perché solo la potenza infinita di Dio rende possibile una misericordia che non si arrende mai, che sempre torna a spalancarsi dopo qualsiasi rifiuto o tradimento, che chiede e attende a ogni passo una corrispondenza di amore anche dai figli più ribelli o smemorati. Con una sola domanda: “Mi ami tu?”. L’unica domanda da cui può fiorire un’umanità nuova.
Questa misericordia non è un’idea astratta, un’illusione o un’ideologia, ma, nella storia, ha un volto preciso e il nome di un uomo: Gesù Cristo.
Sono io il vostro perdono
San Melitone di Sardi, padre apologeta del secondo secolo, vescovo e martire, nella sua “Omelia sulla Pasqua”, ci fa comprendere, con parole intense, come partecipare alla grazia della riconciliazione, sia un’occasione di incontro vivo con Cristo nella sua Chiesa.
“Il Signore pur essendo Dio – scrive Melitone – si fece uomo e soffrì per chi soffre, fu prigioniero per il prigioniero, condannato per il colpevole e, sepolto per chi è sepolto, risuscitò dai morti e gridò questa grande parola: Chi è colui che mi condannerà? Si avvicini a me (Is 50, 8). Io, dice, sono Cristo che ho distrutto la morte, che ho vinto il nemico, che ho messo sotto i piedi l’inferno, che ho imbrigliato il forte e ho elevato l’uomo alle sublimità del cielo; io, dice, sono il Cristo.
Venite, dunque, o genti tutte, oppresse dai peccati e ricevete il perdono. Sono io, infatti, il vostro perdono, io la Pasqua della redenzione, io l’Agnello immolato per voi, io il vostro lavacro, io la vostra vita, io la vostra risurrezione, io la vostra luce, io la vostra salvezza, io il vostro re. Io vi porto in alto nei cieli. Io vi risusciterò e vi farò vedere il Padre che è nei cieli. Io vi innalzerò con la mia destra”.
In compagnia di Rolando
Nell’Abbazia di Marola è custodita e venerata la maglia del martirio del Beato Rolando Rivi, il giovane seminarista che si è lasciato toccare dalla misericordia di Cristo e ha dato la vita per Lui. Rolando, con le sue parole “Io sono di Gesù” ci guida alla gioia semplice e vera di essere voluti, amati, perdonati. Con il suo desiderio di essere sacerdote e missionario ci testimonia che il dono ricevuto è per essere portato a ogni uomo. “Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
La maglia del martirio, indossata dal ragazzo nel momento dell’abbraccio supremo con il suo Signore, è fonte di grazia e icona di misericordia. Era stata fatta a mano dalla mamma Albertina, lavorando la lana, tosata dalle pecore dal papà Roberto. Rolando la portava sotto la veste talare.
Per oltraggio alla Chiesa di Cristo, i partigiani comunisti, dopo aver frustato e insultato il ragazzo, gli strapparono di dosso l’abito da seminarista, lo presero a calci e l’appesero, come trofeo, a un chiodo del casolare di Piane di Monchio (Modena) presso il quale il giovane era stato tenuto prigioniero. Poi trascinarono Rolando in un bosco, dove avevano scavato la fossa per lui.
Così il ragazzo, come agnello innocente, si avviò al martirio indossando quella maglia. La lana fu bagnata dal sangue versato per Gesù. Il sangue stesso di Cristo che, attraverso i testimoni della fede, continua a illuminare la storia, per la salvezza di ogni uomo, portando l’irriducibile positività dell’abbraccio di misericordia che il Signore ci dona dalla croce. “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce” (1Pt 2,24).
Così Rolando ci accompagna, nella comunione dei Santi, in questo passo di purificazione e di conversione.
Emilio Bonicelli
emilio.bonicelli@gmail.com