L’Unione Giuristi Cattolici di Reggio Emilia organizza un convegno sulle tematiche del fine vita, che si terrà martedì 31 maggio alle ore 15 presso il Museo Diocesano.
L’evento, realizzato in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati, l’Unione Medici Cattolici e le Camere Penali di Reggio Emilia, sarà trasmesso in diretta sul canale Youtube La Libertà Tv all’indirizzo
Il convegno si pone in ideale linea di continuità con il precedente dello scorso ottobre, che aveva in parte anticipato i punti caldi del dibattito odierno.
La materia appare infatti, in questi ultimi anni, in continua, per non dire forsennata, evoluzione. Molteplici sono i tentativi di promuovere “aperture”, che, senza negare l’obiettiva complessità della materia, possiamo però definire ispirate più spesso ad una visione individualistica dell’uomo e della vita e, altrettanto spesso, sbilanciate sul profilo di una “autodeterminazione astratta” (sono parole della Corte costituzionale), non ben consapevole delle conseguenze concrete che affrettati scivolamenti in avanti possono determinare.
Un breve excursus.
Il Parlamento è dapprima intervenuto con la legge sulle DAT n. 219/2017, con la quale è stato riconosciuto il diritto di rifiutare o interrompere qualsiasi trattamento sanitario, anche se necessario alla propria sopravvivenza, comprendendo espressamente nella nozione di “trattamento” anche l’idratazione e la nutrizione artificiale.
Successivamente, con l’ordinanza 207/2018, che sollecitava il Parlamento ad un intervento in materia, poi confermata dalla sentenza n. 242/2019, emessa in considerazione dell’inerzia parlamentare, la Corte costituzionale ha ammesso la non punibilità dell’aiuto al suicidio, fissando tuttavia gli stringenti requisiti (proposito suicidiario autonomamente e liberamente formatosi, da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente), al solo ricorrere dei quali può raggiungersi l’effetto scriminante del reato.
La condotta ammessa dalla Corte costituzionale rappresenta di certo un ulteriore “scivolamento” nel senso sopra detto (DJ Fabo, che Cappato aiutò a realizzare l’intento autosoppressivo, aveva espressamente rifiutato la sedazione profonda della L. 219/2017); tuttavia, pur obiettivamente estendendo le ipotesi di legittimità dell’eutanasia, la Consulta ha, al tempo stesso, operato positivamente, ricostruendo in termini costituzionalmente orientati la materia.
Ha chiarito, in particolare, che le norme che impediscono di aiutare qualcuno a togliersi la vita non trovano fondamento in una concezione statalista e moralista ereditata dall’epoca fascista, bensì nella tutela piena della persona umana, specie quando si trovi in situazione di debolezza e fragilità.
Il Parlamento, dopo la protratta inerzia che aveva lasciato il pallino in mano ai Giudici, ha cominciato ad elaborare una proposta di legge, idonea a specificare e tradurre in disciplina organica il dettato della Corte costituzionale. Il disegno di legge, approvato alla Camera lo scorso marzo, dovrebbe dipanarsi nel letterale rispetto dei principi e degli stringenti requisiti previsti dalla Corte costituzionale. Come era prevedibile, sta invece divenendo l’occasione per tentare di allargare le maglie di ammissibilità dell’eutanasia, anche se il quadro costruito dalla giurisprudenza costituzionale, a difesa delle norme che difendono l’indisponibilità della vita, è ora ben chiaro e solido.
In tale direzione, l’iniziativa referendaria per il riconoscimento dell’impunità delle condotte di omicidio del consenziente, aveva il chiaro intendimento di forzare ulteriormente la mano e mettere pressione sul legislatore, sempre in senso “aperturista”. Escludere la punibilità dell’omicidio del consenziente avrebbe rappresentato infatti un ulteriore step rispetto alla stessa questione dell’aiuto al suicidio. Si prevede una condotta di ben maggiore intensità: non solo fornire un supporto a chi desiderasse autonomamente portare a termine il proposito, ma procedere alla diretta soppressione, sulla base del mero consenso del richiedente.
Con la sentenza di inammissibilità del referendum nr. 50/2022, la Corte costituzionale ha ribadito, senza tentennamenti, il proprio recente insegnamento. Le norme sono poste a tutela – soprattutto, ma non solo – del debole; esse rappresentano la tutela minima di un valore costituzionale non negoziabile, la vita, tutela che non può mai essere eliminata.
Così conclude la Consulta: “Vietando ai terzi di farsi esecutori delle altrui richieste di morte, pur validamente espresse, l’incriminazione dell’omicidio del consenziente assolve, in effetti, allo scopo, di perdurante attualità, di proteggere il diritto alla vita, soprattutto – ma occorre aggiungere: non soltanto – delle persone più deboli e vulnerabili, in confronto a scelte estreme e irreparabili, collegate a situazioni, magari solo momentanee, di difficoltà e sofferenza, o anche soltanto non sufficientemente meditate”.
La pronuncia assume notevole importanza, non solo per la bocciatura del quesito referendario, quanto per i motivi del diniego, che non si limitano a rilevare profili d’inammissibilità formale, ma entrano nella sostanza della questione e che impattano, o almeno dovrebbero impattare, sulla stessa discussione parlamentare.
Non ha fatto mancare la propria voce neppure l’Ordine dei medici, che, dopo aver modificato le proprie norme deontologiche, aggiornandole al dettato della Corte costituzionale del 2019, nell’audizione alla Camera dell’Ottobre 2020 già aveva posto “cinque questioni essenziali” di cui il disegno legislativo doveva tenere conto, fra cui la garanzia dell’accesso generalizzato alle cure palliative e l’obiezione di coscienza.
Nel frattempo, nel settembre 2020, la Congregazione per la Dottrina della Fede è intervenuta nel dibattito con la redazione della Nota “Samaritanus bonus”, presentata pubblicamente proprio dal nostro Arcivescovo monsignor Giacomo Morandi, allora Segretario della Congregazione. In essa, si chiarisce che la cura della vita, da parte del medico, “non è riducibile alla capacità di guarire l’ammalato, essendo il suo orizzonte antropologico e morale più ampio: anche quando la guarigione è impossibile o improbabile, l’accompagnamento medico-infermieristico (cura delle funzioni fisiologiche essenziali del corpo), psicologico e spirituale, è un dovere ineludibile, poiché l’opposto costituirebbe un disumano abbandono del malato”.
Le questioni sul piatto sono quindi plurime e complesse.
L’UGCI Reggio Emilia vuole offrire un’occasione di riflessione e dibattito, con l’aiuto di illustri relatori. Torneranno a offrire il loro contributo sulle questioni giuridiche il presidente emerito della Corte costituzionale, professor Cesare Mirabelli, ed il professor Carmelo Leotta, associato di Diritto Penale all’Università Europea di Roma e difensore del “Comitato per il no all’omicidio del consenziente” nel giudizio costituzionale, che ha portato alla pronuncia nr. 50/2022.
A tali interventi si aggiunge il profilo medico, con l’autorevole intervento del professor dottor Pierantonio Muzzetto, presidente dell’Ordine dei Medici di Parma e coordinatore della Consulta Deontologica Nazionale della Federazione dei Medici, nonché voce degli stessi nell’audizione parlamentare.
Avremo poi il privilegio di poter concludere i lavori con l’intervento di S.E. monsignor Giacomo Morandi, il quale illustrerà i principi della Samaritanus bonus, la cui redazione lo ha visto primario protagonista.
I posti in presenza sono limitati, perché riservati con priorità alla formazione degli avvocati; ci si può in ogni caso prenotare inviando una mail all’indirizzo ugci.re@gmail.com, da cui si riceverà conferma rispetto all’eventuale possibilità di partecipazione.
Matteo Fortelli
vice presidente UGCI Reggio Emilia