Volti rivolti

Il Salmo della seconda domenica di Quaresima cita: Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto”. Il tuo volto, Signore, io cerco. E ancora nel Vangelo ritorna l’attenzione al volto, un volto che cambia d’aspetto, che si trasfigura e trasfigura chi lo osserva.

Forse nessuno più di Modigliani, nella storia dell’arte del Novecento, ha fatto del volto e del viso, degli sguardi e soprattutto degli occhi la sua cifra stilistica più riconosciuta e riconoscibile. Le sue opere più note, infatti, sono i ritratti, specialmente di donne e della sua compagna Jeanne Hébuterne.
Un aspetto interessante del suo processo creativo è che tutti i suoi modelli dissero che, nonostante i brevi tempi di posa a cui l’artista li sottoponeva, essere ritratti da lui era come “farsi spogliare l’anima”.

Uno sguardo, quello dell’artista così come dei soggetti ritratti, che sa, quindi, penetrare in profondità e sfiorare il mistero che ciascuno si porta dentro, spogliandolo di ogni maschera per raggiungere l’essenza, l’anima.
Molto spesso, nei volti di Modigliani, gli occhi sono dipinti senza pupille; segno certamente di un richiamo al primitivismo artistico e alle maschere africane ma soprattutto segno di un grande rispetto nel superare la soglia che queste due cavità rappresentano verso l’esplorazione dell’interiorità umana.

Superare questo confine è un gesto da compiere con estrema sensibilità e delicatezza ma che se viene compiuto porta alla comprensione dell’altro e alla definizione grafica della pupilla, segno di questo accesso al mondo dell’altro.

I ritratti realizzati dall’artista (e in special modo quello di “Fillette en bleu”, 1918, un particolare nell’immagine) sono, per mio gusto e lettura personale, volti trasfigurati e trasfiguranti: trasfigurati da un mistero, da un altrove alto e profondo, silenzioso e loquace, impalpabile e rasserenante, delicato e forte.
Allo stesso tempo sono anche trasfiguranti per chi li osserva: il magnetismo degli occhi della bambina in blu è disarmante, affascinante, attraente tanto da trasportare l’osservatore anch’egli in quello stesso altrove. Sembra quasi di sentire le parole di Lucio Battisti quando canta: “quest’opera sensibile: il tuo volto che si manifesta ed è oltre l’ordine della natura”.

La bambina guarda lo spettatore ma anche molto più in là, mostrando un volto rivolto al centro, all’essenza, al cuore di chi guarda. Un volto che è bello guardare e da cui è piacevole farsi interrogare.
I suoi occhi sembrano portare un messaggio di amore, di pace, di salvezza, di fiducia, di gloria; un messaggio che, nel senso buono del termine, rende muti e invita semplicemente ad ascoltare nell’attesa che il mistero si disveli e che una voce possa elevare il suo sussurro.

La scrittrice belga Amélie Nothomb scrisse: “al mondo non c’è niente di più incomprensibile dei volti, o meglio, di certi volti: un insieme di tratti e di sguardi che d’improvviso diventano la sola realtà, l’enigma più importante dell’universo, che si guarda con sete e con fame, come se vi fosse inciso un messaggio supremo”.
Lo stesso messaggio che forse portava con sé Gesù quando il suo volto cambiò d’aspetto, divenendo la sola realtà possibile per ogni uomo di fede.

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