Festa della Madonna di Lourdes

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Autenticità e affidamento: queste due parole sono state il motivo conduttore dell’omelia pronunciata la sera di venerdì 11 febbraio – festa della Madonna di Lourdes – da don Giovanni Valentini, classe 1984, sacerdote dal 2011, che da un anno presta il suo ministero nei reparti covid dell’Ospedale di Guastalla.

Come è consolidata tradizione, nella chiesa parrocchiale cittadina di Sant’Agostino si è rinnovata ancora una volta la forte devozione mariana dei reggiani. La celebrazione eucaristica, presieduta da don Valentin i e concelebrata dal parroco don Luca Grassi, da don Umberto Iotti e da don Gianni Manfredini, è stata partecipata da numerosi fedeli, in particolare da volontari di associazione che assistono gli ammalati. La solennità lourdiana quest’anno ha coinciso con la XXX giornata mondiale del malato.

Don Giovanni Valentini ha esordito riflettendo sulla difficoltà ad incontrare nei reparti le persone con tutti i dispositivi di protezione; sicuramente sono un limite, rendono un po’ tutti uguali e non si vedono che gli occhi dietro lo schermo protettivo.

“Nonostante tutto, spesso l’incontro è significativo perché autentico: nei dialoghi difficilmente emerge la banalità. Lo stato di salute, le preoccupazioni per il futuro, per la famiglia con cui a volte si perdono un po’ i contatti: emerge chiaramente ciò che le persone hanno nel cuore”. Tornandoci di giorno in giorno, ha evidenziato il celebrante, si ha la possibilità di riprendere il dialogo e condividere il cammino. Le persone si mostrano per quelle che sono, anche se in un momento difficile: non ci sono maschere o trucco che a volte coprono più di una mascherina.

Commentando il brano evangelico che racconta l’incontro tra Sant’Elisabetta e Maria, don Giovanni ha rilevato che vi traspare tale autenticità: l’incontro è vero, profondo, tocca nel grembo e contribuisce a generare la vita perché segna e rimane, non scivola via: “credo che possa essere uno stimolo per vivere in modo più autentico le nostre relazioni”.

Il celebrante si è poi soffermato sull’affidamento, facendo riferimento alla sua esperienza in ospedale; un ammalato che non stava molto bene gli ha confidato di avere speranza “perché anche se piccola vedeva la luce in fondo al tunnel”. Il giorno dopo lo stesso paziente, un po’ peggiorato, gli ha chiesto “C’è ancora la luce in fondo al tunnel? Io non la vedo, ma se lo dici tu mi fido e vado avanti”. Don Valentini ha riconosciuto che la domanda lo ha messo un po’ con le spalle al muro; era chiaro, però, il desiderio di affidarsi, di appoggiarsi a qualcuno, di non sentirsi solo nella fatica della propria sofferenza.

Il celebrante ha sottolineato come il “Magnificat” intonato dalla Vergine sia stato un grande atto di affidamento al Signore e indica come l’affidarsi renda possibili le grandi cose di Dio nella vita di ciascuno.

Don Giovanni ha concluso l’omelia con questa raccomandazione: “Disarmiamo la nostra superbia e il sentirci forti di noi stessi, perché proprio al contrario dalle nostre fragilità e dalla nostra umiltà il Signore di rialza. Affidiamoci a Lui senza nascondergli la nostra debolezza”.

Come consuetudine al termine della celebrazione eucaristica i fedeli hanno intonato nel buio della chiesa, illuminata solo dalla luce delle candele, il canto dell’”Ave Maria” di Lourdes.

g.a.rossi

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