Sabato 22 gennaio alle ore 17.30 al Museo Diocesano di Reggio Emilia si è tenuta la conferenza “Michelangelo: dalla Pietà Vaticana alla Pietà Rondanini”. Con la moderazione della dottoressa Sofia Colli, si è cercato di approfondire una delle figure centrali del panorama artistico italiano e mondiale. La conferenza si è aperta con il saluto del vescovo Massimo. Nel suo intervento monsignor Camisasca ha affermato che non si finisce mai di introdursi nel mistero dell’arte di questi grandi maestri.
L’Amministratore apostolico di Reggio Emilia-Guastalla ha continuato il suo intervento delineando un profilo di questo grande artista nella pittura, nella scultura, ma anche nella poesia, anche se meno conosciuta. Uomo che è stato grande anche per il suo rapporto con Dio e con gli uomini. Rapporto che, ha precisato Camisasca, è stato vissuto in tutta la sua drammaticità. Un uomo consapevole della sua infinita grandezza ma anche della sua infinita piccolezza.
Monsignor Camisasca ha poi proposto una riflessione, divisa in due punti, sulle due pietà di Michelangelo. Per prima cosa, ha fatto notare che, da una parte la pietà della basilica di San Pietro, risplendente in ogni particolare, ci dà una rappresentazione di ciò che sembra infinitamente perfetto. Un’opera infinita nella sua finitudine. D’altra parte la pietà Rondanini ci appare come un’opera infinita nella sua infinitudine. Il presule ha rilevato che il confronto col mistero dell’infinito diventa una nuova scoperta del rapporto con lo spazio del corpo.
Nel secondo punto della sua riflessione monsignor Camisasca ha proseguito notando che tutta l’opera di Michelangelo è racchiusa nella pietà, nella necessità cioè di essere sorretti da una madre. In particolare poi, secondo Camisasca, la postura delle due opere fa pensare a qualcosa che è maturato nell’artista; la postura retta della pietà Rondanini, ha detto, può farci pensare quasi all’anticipo della resurrezione.
Monsignor Camisasca ha poi concluso la sua riflessione con un augurio di arricchimento culturale e spirituale per tutti i presenti e con la speranza che tutti possiamo coltivare amore per quelle “orme di Dio”, per dirla con Manzoni, che nella loro grandezza ci parlano del Salvatore così profondamente.
Leonardo Mammi