In San Francesco il 4 dicembre alle 21 evento su BISAGNO

Sono trascorsi cent’anni dalla nascita di Aldo Gastaldi (Genova Granarolo, 17 settembre 1921 – Desenzano del Garda, 21 maggio 1945), Servo di Dio e “primo partigiano d’Italia”, come viene ricordato per la sua statura umana e cristiana che è stata d’esempio per molti durante la lotta di liberazione.

Ora un incontro e un film documentario ci restituiscono viva la sua storia, che merita di essere conosciuta nella nostra terra così insanguinata dal secondo conflitto mondiale e dalla lunga catena di delitti che hanno segnato l’immediato dopoguerra.

L’appuntamento è per sabato 4 dicembre alle ore 21 nella chiesa di San Francesco, in piazza Martiri del 7 Luglio a Reggio Emilia, con ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili nel rispetto delle norme anti-Covid. L’evento, che gode del patrocinio della Diocesi e del Comune di Reggio Emilia, sarà articolato in due parti: la proiezione del film-documentario “Bisagno”, di poco più di un’ora; a seguire un breve dibattito con le voci del regista Marco Gandolfo, di Aldo Gastaldi nipote omonimo di “Bisagno” e del vescovo Massimo Camisasca.

Il trailer del film https://www.youtube.com/watch?v=mqt9RicltrA

Primo di cinque fratelli, nato da Paolo Gastaldi, grande invalido di guerra, e Maria Lunetti, Aldo crebbe in un ambiente sano e semplice, preferendo la solitudine della montagna e l’attività fisica all’aria aperta al chiasso dei comuni luoghi d’incontro cittadini. Intraprese e compì gli studi tecnici all’Istituto “Galilei” e dopo il diploma si iscrisse alla facoltà di Economia e Commercio, finché un decreto governativo ordinò agli universitari della classe 1921 di partire per il fronte.
Sottotenente del XV Reggimento Genio, a pochi giorni dall’armistizio il Servo di Dio salì in montagna e nell’arco di pochi mesi, con il nome di “Bisagno”, diede vita alla formazione che prenderà il nome di Divisione Cichero e divenne il comandante più amato della resistenza in Liguria.

Non possono non colpire la fede cristiana di questo giovane e la sua coerenza evangelica: egli infatti interpreta il proprio ruolo di comandante non come potere, ma come servizio; è il primo ad esporsi ai pericoli e l’ultimo a mangiare; riserva a se stesso i turni di guardia più pesanti. Non solo, ma la sua Divisione adotta un “codice morale” che sancisce severe norme comportamentali, cui tutti, primo il comandante, si debbono attenere: non bestemmiare, non molestare le donne, non requisire senza pagare il dovuto alla gente delle vallate, condividere con gli altri qualunque cosa si riceva…
Con questi atteggiamenti, profondamente radicati nella sua persona, Gastaldi si conquista l’amore e la stima dei suoi uomini e delle popolazioni contadine, senza il cui sostegno la lotta partigiana sarebbe stata impossibile. Cattolico, apartitico, con un carisma straordinario, Bisagno si oppose con decisione ad ogni tentativo di politicizzazione della resistenza.

A partire dalla documentazione raccolta dalla famiglia e dalle interviste a coloro che l’hanno conosciuto, Marco Gandolfo ha realizzato un film-documentario in cui l’itinerario umano e spirituale di Aldo Gastaldi si intreccia alle complesse dinamiche politico-ideologiche che hanno accompagnato le vicende resistenziali, restituendo lo sguardo di un uomo capace di interrogare anche il presente.

“Giacomo Gastaldi aveva 13 anni quando giunse la notizia della morte di suo fratello maggiore”, racconta il regista. “Per decenni ha raccolto documenti, fotografie e testimonianze per far luce sulla vita di Aldo durante i mesi della lotta di liberazione. Nel 2009 il nipote di ‘Bisagno’ mi ha proposto di esaminare il materiale raccolto da suo padre Giacomo, mi sono messo al lavoro estendendo poi le ricerche ad altri archivi storici. Ho deciso fin da subito di costruire il film rinunciando ad un narratore esterno per dare voce a documenti e testimoni, alle lettere scritte da ‘Bisagno’ e al racconto di chi ha combattuto insieme a lui. È stato un lavoro complesso, ma ne è valsa la pena. Insieme al nipote abbiamo incontrato gli ultimi partigiani ancora in vita e siamo entrati nelle case dei contadini, dove la foto di ‘Bisagno’ si affianca a quelle dei parenti più cari. Un ascolto paziente di chi «la Resistenza se l’è cucita addosso con le sofferenze», per poi vedersela sottrarre dalla storia ufficiale”.

Inesorabilmente, Bisagno visse momenti drammatici in montagna per il suo aperto contrasto all’infiltrazione partitica tra le file partigiane.
Scrisse in una lettera ai suoi uomini: “Noi non abbiamo un partito, noi non lottiamo per avere domani un careghìn (una poltrona). Vogliamo bene alle nostre case, vogliamo bene al nostro suolo… …Domani quando lo straniero sarà uscito dai confini parleremo d’altro. Io mi impegnerò più che mai al fine di rimediare radicalmente ad ogni screzio. Badate che come è giusto impedire l’inganno degli uomini fatto da un partito è pur giusto che non si faccia dell’antipartito. Dobbiamo agire con la massima giustizia e liberi da prevenzioni”.

Bisagno, medaglia d’oro al Valor Militare, morirà a 23 anni.
L’incontro di sabato sera in San Francesco ci permetterà di conoscerlo meglio e di scoprire analogie con il nostro beato Rolando Rivi e, più in generale, con il loro comune Maestro.

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